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venerdì, Dic 24

Joan Didion è stata l’icona di un giornalismo assoluto e personalissimo



Da Wired.it :

Joan Didion è morta il 23 dicembre nella sua casa di Manhattan, per complicazioni legate al Parkinson: aveva 87 anni. In attività dalla fine degli anni Cinquanta (nel 1956 vinse il Prix de Paris indetto da Vogue America), è stata giornalista, romanziera, sceneggiatrice: una scrittrice prolifica a tutto tondo, con uno stile affilato e precisissimo, ma soprattutto un modo rigoroso e peculiare di osservare la realtà, scandagliarla nei suoi aspetti più minimi per dare conto di un tessuto più ampio, generale, sociale. 

Spesso collocata tra i canonizzatori del New journalism, quel genere di scrittura giornalistica che tra gli anni Sessanta e Settanta si faceva letteraria, estensiva e molto soggettiva, Didion in realtà ha sempre portato avanti un tratto suo personalissimo: “Se una situazione mi turba, allora scrivo un pezzo per capire cos’è che mi turba”, ha dichiarato. È stata autrice di alcuni romanzi, ma soprattutto di numerosissimi saggi narrativi (collezionati in raccolte come Verso Betlemme, The White Album, Nel paese del Re pescatore) che hanno esplorato l’America in lungo e in largo, cercando di trovare un equilibrio tra l’ordine e il caos, tra tendenze ataviche e nuove spinte giovanili, tra splendore e asperità. Aveva uno sguardo caustico ma mai rabbioso sui fatti che raccontava, un’osservazione “acida” – letteralmente-  che arrivava all’essenzialità delle cose e un interesse spasmodico per le località, le persone e le memorie travagliate.

Nata a Sacramento nel 1934, fu da sempre attratta soprattutto dai racconti de quella terra così vasta e contraddittoria, così soleggiata e piena di ombre che è la California. Eppure il suo sguardo si applicò a tutta l’estensione degli Stati Uniti, da Washington a Miami, passando ovviamente da New York, sua città d’elezione (“Amiamo New York perché corrisponde al nostro livello di energia“). In modo insolito per gli scrittori americani, il suo cuore era diviso tra le due sponde dell’Atlantico, tra sceneggiature hollywoodiane e lunghi pezzi per la New York Review of Books. Scrisse di un’enormità di argomenti, dai Doors ai migranti cubani a Miami, dalle porcellane di Nancy Reagan alla setta di Charles Manson, dalle ingerenze degli Stati Uniti in Salvador al famoso caso dei Central Park Five, per non parlare dei suoi pezzi contro l’odiatissima cultura hippie: “Il mio unico vantaggio come reporter è che ho un fisico così minuto, un temperamento così discreto, sono nevroticamente così inarticolata“, ha scritto, “che le persone tendono a dimenticare che la mia presenza va contro i loro interessi”.

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Didion è stata sposata con John Gregory Dunne, giornalista del Time, con cui collaborò alla scrittura di diverse sceneggiature a partire da quella di un romanzo di lei, Prendila così, che divenne un film nel 1972. In seguito firmarono diversi altri film, tra cui la nuova versione di È nata una stella (A Star Is Born) del 1976, quello con Barbra Streisand e Kris Kristofferson, e poi ancora Qualcosa di personale del 1996 con Michelle Pfeiffer e Robert Redford. Nel 2003 Dunne morì di un attacco di cuore e la loro figlia adottiva, Quintana, soffrì di una gravissima polmonite che la portò alla morte due anni dopo. Dall’attraversamento di questi lutti la scrittrice uscì scrivendo L’anno del pensiero magico, forse la sua opera più lucida e suggestiva, una catartica e cerebrale elaborazione del lutto tutta basata sul potere della parola e dei ricordi: “Siamo esseri umani imperfetti, consapevoli della mortalità anche se la respingiamo… così connessi che quando piangiamo le nostre perdite piangiamo, nel bene e nel male, anche noi stessi, ciò che eravamo, ciò che non siamo più, ciò che non saremo più“.

L’anno del pensiero magico è divenuto anche una pièce teatrale con Vanessa Redgrave e nel frattempo Joan Didion veniva scoperta da una nuova generazione di lettori e lettrici, affascinati da questa icona minuta e risoluta, algida ma allo stesso tempo caldissima, veterana e ancora contemporanea: nel 2015 la casa di moda Céline la scelse per una sua campagna pubblicitaria, nel 2017 è uscito un documentario Netflix su di lei, The Center Will Not Hold, curato dal nipote Griffin Dunne. Ora Didion non c’è più, portandosi dietro il suo segreto, quello sguardo serissimo e profondo, quelle immagini precise, cristalline, senza scampo, ma soprattutto il senso di tutte le cose che s’intrecciano e diventano grammatica costitutiva del mondo: “A posteriori quando iniziamo sappiamo come scrivere”, disse una volta: “Quello che impariamo mentre lo facciamo è perché scriviamo”.





[Fonte Wired.it]