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Una vittoria per il giornalismo

Con la liberazione si è letteralmente salvata la vita di Julian Assange. Qualche giorno fa, ospite del Wired Next Fest di Milano, Stella Assange, moglie del fondatore di WikiLeaks, aveva ricordato ancora una volta quanto la salute mentale e fisica del marito fosse progressivamente deteriorata in carcere, esponendolo a una fragilità estrema. La liberazione di Assange è una vittoria, che pone fine a una battaglia durata 14 anni e cha ha coinvolto la sua famiglia, tutte le maggiori organizzazioni per i diritti umani al mondo e per le libertà di informazione e le più importanti testate giornalistiche. L’estradizione di Assange negli Stati Uniti una sua condanna per spionaggio – che lo avrebbe potuto portare in carcere per oltre 175 anni – avrebbe significato una sconfitta senza precedenti per la libertà di stampa e del giornalismo, confermando nella giurisprudenza l’equazione tra giornalismo basato sul whistleblowing e spionaggio. Creando un precedente più che pericoloso.

Oggi chiunque abbia a cuore la libertà di stampa non può che festeggiare, soprattutto perché oggi viene sancita la fine di un’odissea legale kafkiana ed estremamente politica che ha visto un giornalista marcire in un carcere di una capitale europea per oltre cinque anni e solo per aver compiuto degli atti di giornalismo. Il caso legale ha però coinvolto tre democrazione: gli Usa, il Regno Unito e la Svezia, in barba a qualsiasi rispetto dei diritti di un uomo – come ribadito, di nuovo, in più occasioni dalle Nazioni Unite, che ne hanno chiesto il rilascio più volte – e della libertà di informazione.

L’alto prezzo da pagare

Il caso Assange è un caso che, semplicemente, non sarebbe mai dovuto iniziare, ma che è vergognosamente continuato per 14 anni, concludendosi probabilmente solo a un passo dalla conclusione più tragica possibile. In questo senso, oggi, si vince in qualche modo la battaglia centrale per la libertà di internet – o quanto meno quella che ha generato tutte le altre negli ultimi 15 anni – ma i costi e le conseguenze di questa vittoria sono comunque altissimi e particolarmente amari. Nonostante le pressioni della società civile, l’amministrazione Biden ha optato per non far cadere le accuse, scelta che avrebbe disconosciuto tutto l’impianto accusatorio e scongiurato gli scenari più foschi. E scongiurato che il giornalismo potesse finire accostato allo spionaggio in qualsiasi modo.



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