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sabato, Nov 09

La caduta del muro di Berlino, a 30 anni ecco miti e leggende


Per il trentennale di un momento storico, facciamo un viaggio nelle bufale e nel folklore durante e dopo la Guerra fredda

30 anni fa cadeva il muro di Berlino. La demolizione del muro, in realtà costituito da più barriere parallele ai lati della cosiddetta striscia della morte, sarebbe cominciata ufficialmente il 13 giugno 1990, ma è il 9 novembre 1989 che fu raggiunto il punto di non ritorno.

Quell’autunno l’intera cortina di ferro stava cedendo, e diventava complicato impedire il flusso migratorio dalla Germania dell’Est. La Repubblica democratica tedesca cambiò le sue norme, in modo da facilitare e accelerare la richiesta e il rilascio dei permessi di passaggio attraverso il Muro, anche per emigrazione. A questo punto però le cose precipitarono. La sera del 9 novembre furono annunciati questi cambiamenti in conferenza stampa: a una fatale domanda del giornalista dell’Ansa Riccardo Ehrman il portavoce del partito Günter Schabowski rispose che sarebbero stati immediati. Il portavoce però aveva ricevuto scarne informazioni sui dettagli, e le nuove procedure avrebbero dovuto cominciare dal giorno successivo. In base alle sue parole alla conferenza stampa, e viste le ultime notizie sulle migrazioni attraverso la cortina, i cittadini pensarono che fosse immediatamente possibile attraversare il muro dai varchi senza conseguenze. Sopraffatte dalle persone che avevano sentito la notizia in radio e pretendevano di attraversare, le guardie alla fine consentirono il passaggio immediato, spesso senza nemmeno controllare i documenti.

Il muro di Berlino è un simbolo potente, e non è un caso che quest’anno il regista Ilya Khrzhanovsky volesse (parzialmente) ricostruirlo come installazione artistica temporanea. Le autorità berlinesi hanno alla fine negato il permesso, non per il valore artistico ma per l’approssimazione del progetto. Oggi, oltre a qualche porzione ancora in piedi, rimangono i miti e le leggende che negli anni sono nati alla sua ombra.

Sarkozy was there

L’8 novembre 2009, vigilia del ventennale della caduta, il presidente francese Nicolas Sarkozy scrisse su facebook di quando il 9 novembre 1989 era andato ad assistere alla caduta del muro di Berlino. Allegava una sua foto di fronte al muro. Secondo il racconto, diversi membri del suo partito, Rassemblement pour la République, erano arrivati là informati di quello che stava per accadere. A Check-point Charlie, uno dei principali posti di blocco, il futuro presidente aveva personalmente dato il suo contributo con un piccone.

La storia di Sarkozy, però, non poteva essere vera. Nonostante il supporto dei sodali, in breve fu chiaro che Sarkozy era andato a Berlino solo una settimana dopo. Infatti, anche se la cortina scricchiolava, fu la conferenza stampa del 9 novembre a far precipitare gli eventi. In ogni caso, nessuno tentò di demolire fisicamente il muro fino al giorno successivo. Nulla di tutto questo portò a una correzione o scusa da parte del presidente. In compenso nacque un gustoso meme, Sarkozy was there, dove il marito di Carla Bruni diventava protagonista della Storia a colpi di photoshop.

Chi ha fatto cadere il muro?  Reagan o Springsteen?

Sono molte le persone a cui hanno intestato, o si sono intestate, la caduta del muro di Berlino. Il mito più famoso in questo senso è quello di Ronald Reagan: senza il suo discorso del 1987 la Germania sarebbe rimasta divisa a lungo. E non è un caso che un altro repubblicano, George W. Bush, abbia istituito nel 2005 il World Freedom day, che il 9 novembre ricorda la caduta del muro e il ruolo che ebbe in questo evento il santino del partito. Gli storici sono di un’opinione molto diversa. Il discorso pronunciato a Berlino, che conteneva la frase “Mr Gorbaciov abbatta questo muro!” diventò famoso solo in retrospettiva. Gorbaciov stesso disse “non eravamo impressionati, sapevamo che Reagan prima era stato un attore”. L’amministrazione Reagan ebbe davvero intense relazioni diplomatiche con Gorbaciov, responsabile della Perestrojka, ma dire che ha messo fine alla Guerra fredda con un discorso è una costruzione mitologica.

Ma Reagan è in buona compagnia. Oltre a Papa Giovanni Paolo II e David Hasselhoff, nella lista di coloro che hanno messo fine alla Guerra fredda c’è anche la musica rock, e in particolare Bruce Springsteen. Nel luglio del 1988 The Boss si esibì a Berlino Est, e la leggenda vuole che le sue parole sul “giorno in cui le barriere cadranno” avrebbe aperto le prime crepe nel muro. Una bella storia, ma le crepe c’erano già.

I falsi diari di Hitler

Il muro di Berlino, o meglio la separazione della Germania nel dopoguerra, è anche un ingrediente nella storia dei famosi diari di Hitler, un falso storico che nei primi anni Ottanta evidenziava alcuni problemi irrisolti del giornalismo. Un falsario aveva convinto un giornalista tedesco (morbosamente appassionato di cimeli nazisti) di avere decine di diari di Adolf Hitler. Il commercio di questi oggetti, veri o falsi che fossero, era molto diffuso lungo il muro: acquisiti per poco a est, potevano essere illegalmente contrabbandati e venduti a ovest.

Il giornalista a propria volta aveva convinto i suoi editor ad acquistare, a carissimo prezzo, i cimeli in vista di uno scoop mondiale. Il falsario aveva dovuto inventarsi una storia vagamente plausibile dietro quei diari, e prendere tempo per la consegna visto che non li aveva ancora realizzati tutti. Doveva anche giustificare il prezzo a cui se sarebbe separato. Identificò così un incidente aereo del 1945 che poteva dare un’ombra di storicità al ritrovamento dei diari. E, come aveva già fatto per giustificare il possesso di altri oggetti, si inventò un fratello generale nella Germania Est. Era lui che deteneva i diari, e che doveva contrabbandarli uno per uno, con grande rischio. In realtà il falsario, Konrad Kujau, li produceva a Stoccarda, dove aveva il suo negozio.

Io sono un bombolone

Almeno un altro presidente ha legato il suo nome al muro di Berlino: John Fitzgerald Kennedy. Il suo discorso del 1963 a Berlino ovest, vicino al muro costruito due anni prima, è stato davvero memorabile, ma negli anni ha partorito una leggenda metropolitana. “Io sono un berlinese”, la battuta che è passata alla storia, sarebbe stata in realtà una tremende gaffe. Berliner vuol dire sia berlinese che bombolone, il presidente avrebbe però sbagliato a usare l’articolo trasformando il suo messaggio in “sono un bombolone”. Nata forse come battuta, la leggenda è esplosa molti anni dopo, presa per vera persino dal numinoso New York Times. È solo una delle molte leggende metropolitane legate alla traduzione.

Murus Berlinensis

La Germania è la patria della pseudomedicina omeopatica. Christian Friedrich Samuel Hahnemann, inventore della pratica, è nato infatti in Sassonia e in Germania l’omeopatia ha goduto a lungo di un trattamento di favore. Ma in che modo il muro di Berlino può avere a che fare con questa stregoneria? La legge dei simili invocata da Hahnemann e afferma che una sostanza che causa i sintomi di una malattia può, estremamente diluita, essere un rimedio contro la stessa malattia. Alcuni moderni omeopati hanno fatto del loro meglio per rendere ancor più ridicoli questi principi, in particolare per quanto riguarda la sostanza scelta per la diluizione. Tra la cacca di cane (Excrementum caninum) e i buchi neri (Lux foraminis nigris, basta mettere una fiala davanti al telescopio) c’è anche Murus Berlinensis, cioè frammenti del muro opportunamente diluiti. Come per molti altri rimedi omeopatici, le indicazioni terapeutiche sono lisergiche: il rimedio sarebbe efficace per una quantità di stati, dall’oppressione (anche politica), all’abuso (anche sessuale) alla narcolessia. 

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