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venerdì, Set 27

La Casa Bianca ha provato a insabbiare la chiamata in Ucraina di Trump


Alcuni funzionari avrebbero spostato la trascrizione della chiamata da un archivio tradizionale a un sistema usato per documenti “sensibili” e segreti: intanto Trump ha apertamente minacciato il whistleblower

Donald Trump (foto: Drew Angerer/Getty Images)

La Casa Bianca avrebbe provato a nascondere la chiamata in cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump chiede al suo omologo ucraino Volodymir Zelensky di indagare sull’ex vicepresidente e candidato alla Casa Bianca Joe Biden e suo figlio. Questa richiesta, che molti considerano alla base di un tentativo di screditare un avversario politico in vista delle elezioni presidenziali del 2020, è il motivo per cui nei giorni scorsi i democratici hanno deciso di avviare una procedura di impeachment nei confronti di Trump.

La notizia è emersa nelle ultime ore dopo che la commissione intelligence della Camera ha pubblicato il documento col quale un whistleblower – un agente della Cia, si scrive in queste ore – ha denunciato la telefonata la scorsa estate, già alla fine di luglio.

Cosa c’è scritto nel documento

Nella denuncia si legge che dieci persone in tutto hanno ascoltato la chiamata, come da prassi, e il whistleblower è stata l’unica persona che non lavora alla Casa Bianca a riceverne una trascrizione verbatim, cioè parola per parola: Nei giorni seguenti alla conversazione tra i due presidenti questo documento è stato messo in un sistema utilizzato per conservare materiali segreti o estremamente sensibili, anziché in quello che viene utilizzato di solito per archiviare le telefonate presidenziali.

Nei giorni seguenti ho appreso da molti dipendenti del governo e dell’intelligence che alcuni alti funzionari della Casa Bianca erano intervenuti per ‘blindare’ ogni traccia della telefonata, specialmente la trascrizione parola per parola che era stata prodotta come da prassi”, ha scritto il whistleblower. “Queste azioni mi hanno portato a pensare che quei funzionari fossero a conoscenza della gravità della telefonata”.

Il whistleblower aggiunge poi altri elementi che suggeriscono che Trump abbia effettivamente fatto pressioni su Zelensky, dall’ordine del presidente di congelare i fondi destinati all’Ucraina senza un apparente motivo, ai frequenti viaggi di Rudolph Giuliani in Europa.

I sospetti sul direttore dell’intelligence

Il contenuto della denuncia del whistleblower doveva essere di dominio pubblico già da tempo, poiché il report è stato presentato il 12 agosto e la legge americana prevede che in casi come questi l’intelligence debba informare con effetto immediato il Congresso.

Il fatto che sia stato tenuto nascosto così a lungo ha alimentato sospetti anche su Joseph Maguire, il direttore nazionale dell’antiterrorismo, che è stato per questo convocato e interrogato dai rappresentanti della commissione ieri, 26 settembre. Maguire ha cercato di giustificarsi dicendo che le conversazioni tra il presidente e altri leader stranieri non vengono divulgate perché il presidente ha diritto di mantenerle riservate. Per questo, aveva deciso di rivolgersi alla Casa Bianca e all’Fbi.

I membri della commissione non sono però stati soddisfatti delle risposte. Innanzitutto, sia la Casa Bianca che l’Fbi sono coinvolti nella vicenda, poiché Trump avrebbe chiesto a Zelensky di lavorare all’indagine con il procuratore generale William Barr. Inoltre, come spiega Vox, questo diritto che il presidente ha di mantenere riservati i documenti viene meno quando si è in presenza di un atto criminale.

Trump pretende di sapere chi è il whistleblower che l’ha denunciato, e in un evento che si è tenuto ieri a New York lo ha accusato di essere una spia. Si è poi lamentato del trattamento benevolo che la stampa e l’opinione pubblica gli hanno riservato, dicendo che ai vecchi tempi quelli come lui erano “trattati in modo diverso”: un’affermazione che molti hanno equiparato a una minaccia quasi esplicita.

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