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venerdì, Lug 19

La casa di carta 3 fa le cose in grande e trasforma i criminali in paladini


Dal 19 luglio su Netflix, la serie che aveva raccontato la rapina del secolo propone un altro colpo, ancora più clamoroso. Il Professore e gli altri tornano in azione – NO SPOILER

(in questa recensione non ci sono spoiler sulla terza stagione)

La casa di carta avrebbe dovuto concludersi con l’epilogo a cui abbiamo già assistito, ma l’imprevedibile successo internazionale (è la serie più vista tra quelle non in lingua inglese su Netflix) ha decretato l’immancabile (e benvenuto) rinnovo, una terza stagione disponibile dal 19 luglio sulla piattaforma digitale. Heist movie in versione seriale da 22 capitoli e due parti, La casa de papel (questo il titolo originale) è la cronaca del furto del secolo, la rapina alla Zecca di Stato spagnola ordita da un genio – l’ostico e asociale Professore – in combutta con una squadra di ladri ribattezzati coi nomi delle città di tutto il mondo.

Dopo una rocambolesca avventura densa di imprevisti, segnata da nuove alleanze e voltafaccia clamorosi, la banda delle tute rosse (e delle maschere di Salvador Dalì) alla fine la spuntava, scappando con un bottino esorbitante, alcune perdite significative (in termini di vite) e un futuro di lusso e inedia.

Con l’acquisizione da parte di Netflix e la conseguente popolarità, La casa di carta ha rimediato anche una terza parte che ci mostra i membri della banda dopo due anni di vita paradisiaca. Infatti, li ritroviamo intenti a crogiolarsi nella pace e nella ricchezza – unico cruccio ricordarsi di spalmare la crema solare – in uno stato di vacanza perenne. I nuovi episodi seguono lo schema narrativo precedente che voleva fonte di tutti i guai della banda Tokio, la ribelle e impulsiva amante del giovane e ingenuo Rio. A scanso di spoiler, basti sapere che l’idillio dei ladri è destinato a interrompersi bruscamente, con il Professore costretto a mettere a punto una strategia per salvare uno dei membri in difficoltà che contempla – guarda un po’ – una nuova rapina, ancora più audace della prima.

L’andamento narrativo della stagione non lesina – come in precedenza – sui flashback che esplorano relazioni (come quella dei fratelli Sergio e Andrés, aka Professore e Berlino) e rivelano la genesi degli audaci e folli piani criminali del leader e dei suoi accoliti. È l’occasione per rivedere uno dei personaggi prediletti dal pubblico, quel Berlino belloccio, affascinante (nonostante la crudeltà), pazzo e malato che aveva scelto di rimanere nella banca sotto assedio alla fine della scorsa stagione. Alla dipartita di alcuni elementi corrisponde l’entrata delle new entry; alcuni sono volti conosciuti come Monica, l’ostaggio che si era innamorata di Denver e che ha adottato il nomignolo di Stoccolma (come la sindrome che spinge le vittime a infatuarsi dei propri rapitori) e Raquel, la poliziotta incaricata di catturare i ladri diventata l’amante del Professore e ribattezzata Lisbona. Tra i personaggi inediti spiccano invece l’astuto amico di Sergio, Palermo, poi Bogotà e Marsiglia.

Un po’ Ocean’s Eleven un po’ Le iene, La casa di carta sarebbe solo un’altra produzione incentrata su criminali e crimini se non fosse per il registro curiosamente da telenovela che distingue la narrazione: spesso e volentieri i rapporti tra i personaggi – le gelosie, gli attriti, le passioni – prendono i sopravvento sulla trama principale, quella che fa la cronaca dell’evoluzione della rapina. Anche la recitazione di alcuni interpreti – basti pensare agli exploit emotivi e declamatori dell’altrimenti pacato Professore impersonato da Alvaro Morte – evoca frequentemente quella enfatica delle soap. Tuttavia questi elementi popolari sortiscono un effetto positivo: La casa di carta a tratti non è solo divertente, è addirittura esilarante. Questa terza stagione ha in più anche il fattore Netflix: sotto l’egida della piattaforma lo show  on demand può contare su un pubblico estremamente più vasto e soprattutto su un budget molto più nutrito, cosa che si evince sin dalle prime scene ambientate tra location mozzafiato e momenti spettacolari (il passaggio dei zeppelin su Madrid).

Un’altra marcia in più la serie ce l’ha grazie a uno spunto interessante: dopo aver notato come nella realtà alcune manifestanti di cortei di tutti il mondo abbiano adottato le maschere di Dalì come simbolo di ribellione (una sorta di maschera di Fawkes 2.0), gli autori hanno trasformato il Professore e gli altri in paladini della libertà: quelli che vediamo negli episodi inediti non sono più una manciata di disperati – Tokio, Rio, Berlino, Nairobi, Denver, Mosca, Helsinki e Oslo – disposti a qualsiasi cosa per diventare miliardari, sono un gruppo di individui che ha tutto ed è disposto a perderlo per un ideale. Ispirati dalla realtà, il Professore e gli altri diventano portavoce della Resistenza: alle banche che speculano sui risparmi della gente comune, ai governi che non rispettano le regole da loro stessi imposte, ai potenti ipocriti che predicano bene e razzolano male.

Un indizio che il loro fato sarà altrettanto ispirato alla realtà? Una leggenda urbana tristemente supportata dalle statistiche e legata ai vincitori delle lotterie narra che il destino di chi diventa proprietario di una ricchezza immensa sia di perderla drammaticamente: potrebbe essere l’epilogo della banda dei Dalì? Tuttavia, nel loro caso la prospettiva più grigia non è l’indigenza bensì la perdita della libertà, o peggio, della vita. Non di tutti però: è già stata annunciata la quarta stagione.

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