Seleziona una pagina
sabato, Lug 06

La Cina lancia il suo Nasdaq per far crescere le startup tech


Al via un indice a Shanghai per la quotazione di titoli tecnologici. Così Pechino punta a pareggiare la corsa con Washington, trovando capitali per le sue società innovative

La Borsa di Shanghai (Johannes Eisele/Afp/Getty Images)
La Borsa di Shanghai (Johannes Eisele/Afp/Getty Images)

Anche la Cina vanta ormai suo vivaio di startup che hanno ormai dimensioni, capitale e mercati per ragionare in grande. Come Didi Chuxing, il gemello orientale di Uber; Mobike, campione nel bike sharing; o Xiaomi con i suoi smartphone. Pechino ha accorciato le distanze con gli Stati Uniti per numero di scaleup e guarda l’Europa dallo specchietto retrovisore.

Ma per raggiungere Washington, serve carburante, ossia denaro, e i venture capital, che fin qui hanno fatto la parte del leone, non bastano più.

Per questo la Borsa di Shanghai è prossima a lanciare un indice ispirato al Nasdaq degli Stati Uniti, per inquadrare titoli tecnologici e convogliare risorse sulle aziende innovative più promettenti.

L’indice Star board

Annunciato lo scorso fine dicembre dal presidente Xi Jinping, il progetto Star board è ormai sulla rampa di lancio. Secondo il Financial Times, già cento aziende hanno preparato la domanda di quotazione con l’obiettivo di raccogliere 16 miliardi di euro, confidando anche in valutazioni più generose in casa. L’indice offre in madrepatria una piazza di scambio su misura per i titoli tecnologici potrebbe convincere alcune aziende cinesi a rientrare dagli Stati Uniti, dove si prepara una stretta sui titoli quotati nonostante il disgelo delle ultime settimane.

Secondo una ricerca della società di consulenza Mind the bridge, finora a foraggiare le ambizioni delle startup sono stati i venture capital dei colossi tecnologici del Dragone, come la piattaforma di ecommerce Alibaba, il motore di ricerca Baidu e Tencent, che possiede la super app Wechat. Forte anche delle deboli leggi per la concorrenza, il trio dei Bat si espanso ben oltre i confini delle proprie attività originarie, comprando quote di nuove aziende o degli avversari.

Di conseguenza la borsa di Shanghai è rimasta ai margini. È nona per quotazioni tech al mondo. E appena l’1,2% delle scaleup cinesi si è quotata e la raccolta sul mercato azionario pesa per il 9,8% del totale. Nel 2018 le due principali offerte pubbliche iniziali, quelle di Xiaomi e della piattaforma di ecommerce Meituan Dianping, hanno convogliato 8,9 miliardi, circa un terzo del totale. Altre nove sono già in lizza per Starboard. Il Financial Times cita il gruppo di robotica Beiren e la startup di chip Hejian.

Tra Stati Uniti ed Europa

La borsa potrebbe anche allargare il raggio delle aziende finanziate. I dati di Mind the bridge indicano che, su 9.935 scaleup censite in Cina, ovvero società in grado di raccogliere più di un milione di dollari dell’avvio, 528 hanno attirato il 71% dei finanziamenti dal 2014 al 2018. E in questo club ce n’è uno ancora più ristretto, composto da 38 società innovative, che hanno fatto incetta del 38% delle risorse disponibili. Più che in Europa (20%) e Stati Uniti (23%).

La Cina ha circa la metà delle scaleup degli Stati Uniti (22.910) e del capitale raccolto (730,7 miliardi). L’Europa, invece, è ormai alle spalle, con 7.034 scaleup e 125,6 miliardi di capitale raccolto. Pechino l’ha staccata nel 2013, raddoppiando la velocità di finanziamento.

Le nuove frontiere

Il Dragone guarda al modello Silicon Valley: startup più grandi e più finanziate. Dopo il quartetto di punta, costituito da Didi Chuxing, Meituan Dianping, Mobike e Xiaomi, si collocano Bytedance, che ha sfornato la app Tiktok, Jd.com, che fa ecommerce di moda, o Cainiao, specializzata in logistica e sponsorizzata da Alibaba.

Tuttavia le startup stanno uscendo dal perimetro dei servizi per i consumatori, che hanno spinto questa prima fase della crescita tecnologica cinese, e si stanno allargando a innovazioni più pesanti, come le biotecnologie, l’intelligenza artificiale, la sicurezza informatica e le energie verdi. Mentre nell’area del delta del Fiume delle perle si sta consolidando l’alternativa cinese alla Silicon Valley, la Greater bay area. Ogni pezzo va al suo posto.

Potrebbe interessarti anche





Source link