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lunedì, Dic 09

La Cina mette al bando la tecnologia straniera negli uffici pubblici


La Cina schiera il 3-5-2. Non stiamo parlando di una formazione dal centrocampo affollato per la nazionale di calcio, ma di una strategia definita nella primavera scorsa (appena venuta alla luce) e pronta a entrare in vigore, puntando a rimpiazzare la tecnologia straniera con quella prodotta nel paese asiatico, all’interno degli uffici governativi e nelle istituzioni pubbliche.

Il 3-5-2 della Cina

Il riferimento è sia alle componenti hardware (computer desktop e laptop, router, stampanti ecc.) sia a quella software. Inclusi dunque i sistemi operativi e, si presume, i servizi online a partire da quelli cloud. Inevitabili le ripercussioni per produttori statunitensi come HP, Dell e Microsoft solo per fare alcuni esempi. Il nomignolo attribuito alla direttiva è legato agli obiettivi fissati: 30% di tecnologia straniera rimpiazzata entro il 2020, 50% nel 2021 e il restante 20% non oltre la fine del 2022.

È bene sottolineare che la strategia non interessa in alcun modo le realtà private, almeno per il momento. Impossibile in ogni caso non ricondurre la decisione alla guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina che tiene banco ormai da diverso tempo e alla decisione degli USA di mettere al bando la componentistica e i servizi di una realtà come Huawei che proprio nel paese orientale ha le sue radici.

Da Pechino è stata di recente ufficializzata anche un’ennesima direttiva sul fronte software, quella che impone la creazione di un sistema operativo alternativo a Windows per l’impiego in ambito militare: il motivo è da ricercare nei timori legati al possibile utilizzo della piattaforma come fonte di backdoor e spionaggio da parte degli americani. Preoccupazioni del tutto simili a quelle che Washington manifesta ormai da tempo nei confronti della Cina e che hanno portato al ban di Huawei proprio nel momento in cui gli operatori si sono attivati al fine di allestire i network 5G sul territorio.



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