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domenica, Mag 07

La fecondazione in vitro robotica è il futuro della pma? | Wired Italia



Da Wired.it :

La storia della procreazione medicalmente assistita (pma) è stata legata soprattutto a due aspetti: da un lato a quelli normativi (basti pensare alla legge 40, fatta gradualmente a pezzetti), dall’altra alle innovazioni tecnologiche, frutto delle conoscenze di biologia e medicina. Prima ancora che la procreazione assistita diventasse materia su cui legiferare, era stato necessario affinare la tecnica, soprattutto per quel che riguarda una delle tecniche utilizzate, la fecondazione in vitro, ovvero in laboratorio, fuori dal corpo umano. La prima fecondazione in vitro arrivò negli anni Quaranta, ma solo alla fine degli anni Settanta sarebbe nata la prima bambina in provetta, Louise Brown. Era il 1978 e l’era della fecondazione in vitro era appena cominciata.

Fecondazione in vitro, i progressi negli anni

Le tecniche però hanno continuato, ovviamente ad avanzare, aumentando negli anni il tasso di successo. Dagli anni Settanta a oggi sono stati migliorati i mezzi di coltura per le cellule uovo e gli embrioni, gli incubatori in cui farli crescere, le tecniche per la crioconservazione, i microscopi con cui osservarne l’evoluzione, così come sono stati sviluppati sistemi per manipolare, in maniera sempre più mirata, gli spermatozoi per guidare la fecondazione, attraverso la micromanipolazione dei gameti che ha permesso di poter trattare con tecniche di pma anche i casi gravi di infertilità maschile. Accanto a questo sono arrivate e maturate le tecniche per la stimolazione ovarica controllata per la raccolta delle cellule uovo, la possibilità di accedere alla diagnosi genetica preimpianto, gli studi sulle tempistiche migliori per impiantare l’embrione nella cavità uterina.

E chissà che un giorno, accanto a tutti gli avanzamenti compiuti nella fecondazione in vitro che gli esperti della tecnica hanno riconosciuto guardandosi indietro (qui lo speciale per i 40 anni dalla fecondazione in vitro), non potranno aggiungere in futuro anche l’arrivo dei robot per la fecondazione in vitro. Come racconta infatti Antonio Regalado in un lungo articolo su Mit Technology Review sono arrivati anche i robot, comandati da un joystick, capaci di muovere uno spermatozoo e inserirlo all’interno della cellula uovo. E funzionano: in questo modo sarebbero infatti nate già due bambine, le prime a venire al mondo con una ICSI robotica (si parla di ICSI, Intracytoplasmatic sperm injection, quando lo spermatozoo viene letteralmente preso e iniettato nell’oocita).

Un sistema di fecondazione automatico

Il paper (in preprint) della ICSI robotica parla ancora di gravidanze in corso, perché risale ormai a qualche mese fa, ma descrive abbastanza bene la tecnica. Il punto di forza, spiegano gli autori – esperti dei cliniche della riproduzione e della startup che ha ideato il robot, la spagnola Overture Life – è la riduzione dell’intervento manuale da parte dell’operatore al minimo per la fecondazione dell’oocita e senza bisogno di particolari abilità di micromanipolazione. Il robot di fatto automatizza il processo di iniezione dello spermatozoo nell’oocita, scrivono. I soli interventi manuali richiesti sono per l’immobilizzazione e cattura dello spermatozoo e il suo rilascio: il controllo del movimento della pipetta e la perforazione della cellula uovo sono automatizzati. Un microscopio digitale e sistemi di visione computerizzata e di intelligenza artificiale completano il tutto e fanno da supervisori per il robot. A detta dei loro ideatori – che hanno brevettato il dispositivo – un robot simile potrebbe essere maneggiato anche da personale non specializzato, ingegneri invece di embriologi, standardizzando il più possibile il processo e, si spera, democratizzare l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita, scrivono.

Lo scopo infatti è che, allargando la procedura, includendo anche personale non così specializzato, si riescano ad abbattere i costi della fecondazione in vitro e aumentare l’accessibilità alla tecnica e così la nascita di bambini in provetta. Un tentativo che, come racconta ancora Regalado, conta non solo joystick per manipolare pipette, ma riguarda anche la creazione di microculle per maneggiare e trasportare facilmente le cellule uova (parliamo di nanotecnologie che stanno su un polpastrello, per intendersi), sistemi di analisi computerizzata della motilità spermatica così da ottimizzarne la selezione. Chi ci lavora è convinto che prima o poi si possa arrivare a un sistema che faccia tutto da solo, magari in forma estremamente compatta, a partire solo da spermatozoi e cellule uovo.

Automatizzare per abbattere i costi: tra tecnologia e burocrazia sanitaria

L’idea della fecondazione in vitro automatizzata è certamente affascinante, perché come in altri campi potrebbe effettivamente abbassare i costi, di fatto ancora un limite all’accesso della pma. Non solo negli Stati Uniti della sanità privata (dove si può arrivare ai 20 mila dollari a ciclo), ma anche nel belpaese, anche per la sanità pubblica.



[Fonte Wired.it]