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giovedì, Gen 23

La mappa 3D del cervello di una mosca grazie alla connettomica


Online la mappa più dettagliata di sempre del cervello di un animale. A pubblicarla i ricercatori di Google in collaborazione con il team FlyEM del Janelia Research Campus in Virginia. Si tratta di un modello 3D ad alta risoluzione con 20 milioni di sinapsi che connettono i circa 25.000 neuroni presenti in un quarto dell’organo appartenente a una mosca della frutta.

Connettomica: Google e la mappa del cervello

Il progetto è considerato una pietra miliare nel campo delle neuroscienze e per la connettomica, l’ambito che tende a riprodurre in modo preciso la struttura del sistema nervoso fin negli elementi base che lo compongono. Per capire quali siano i margini di miglioramento è sufficiente pensare che ad oggi solo il cervello del verme caenorhabditis elegans è stato riprodotto per intero con questa tecnica. L’obiettivo di più lungo termine è quello che mira a poter arrivare un giorno ad applicare le conoscenze acquisite anche all’essere umano.

Per giungere al risultato visibile nel filmato qui sopra è stato necessario anzitutto sezionare il cervello dell’insetto in porzioni dallo spessore di circa 20 micron, un terzo rispetto a quello di un nostro capello. Successivamente ogni porzione è stata bombardata con flussi di elettroni in modo da ottenere in uscita informazioni riguardanti 50 trilioni di vexel, l’equivalente tridimensionale di un pixel. Infine i dati sono stati dati in pasto a un algoritmo che ha ricreato la mappa.

Un procedimento complesso, non del tutto automatizzato: sono serviti due anni e migliaia di ore per verificare la correttezza del modello mediante tecniche che includono l’impiego di software per l’editing 3D e visori per la realtà virtuale.

La strada da compiere è come già detto ancora molto lunga. L’iniziativa ha preso in esame l’organo di un animale con un volume complessivo di neuroni stimato in 100.000, interessandone solo il 25%: quello dell’essere umano ne conta 86 miliardi. Secondo Joshua Vogelstein, ingegnere biomedico e co-fondatore dell’Open Connectome Project, serviranno almeno altri 15 anni prima poter giungere a risultati concreti applicabili all’ambito medico.



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