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venerdì, Dic 20

La nave Gregoretti è il nuovo episodio del #salviniscappa


Il leader della Lega è stato smentito: la nave della guardia costiera con a bordo 131 migranti bloccata nel porto di Augusta lo scorso luglio non era stata oggetto di discussione in Cdm. E ora è lui a rifuggire la paternità dell’operazione, che fino a poco fa rivendicava con orgoglio

Nel giro di un mese sapremo come si posizionerà il Senato riguardo alla richiesta di autorizzazione a procedere per sequestro di persona nei confronti dell’ex ministro dell’interno Matteo Salvini, per il caso della sua chiusura dei porti alla nave Gregoretti. Nel luglio scorso l’imbarcazione, che aveva preso a bordo 131 migranti salvati da un peschereccio e da un gommone, fu tenuta bloccata per diversi giorni dal Viminale nel porto di Augusta, senza consentirle di far sbarcare le persone. Il motivo stava nella ricerca di paesi europei disposti a occuparsi della loro accoglienza, condizione sine qua non per dare il semaforo verde allo sbarco.

(Photo by Ivan Romano/Getty Images)

Da una situazione simile Salvini ci era già passato con il caso Diciotti, ma oggi le cose sono molto diverse. A livello politico, ma anche legale. Se in quell’occasione Matteo Salvini venne salvato dal voto su Rousseau degli alleati pentastellati di governo, ora le cose si mettono peggio. Il leader della Lega non è più all’esecutivo, non c’è più una maggioranza da tenere in piedi sacrificando i propri ideali. “Voteremo l’autorizzazione a procedere”, ha dichiarato Luigi Di Maio, ricordandoci ancora una volta il bipolarismo pentastellato, o più che altro il suo agire unicamente in nome della convenienza politica.

Ma il caso Gregoretti è diverso da quello della Diciotti anche da un punto di vista legale. In quel caso si aveva a che fare con un’imbarcazione della ong Mediterranea, che dunque rientrava nelle disposizione del decreto sicurezza bis. Con la Gregoretti il discorso è diverso. “Poiché i fatti hanno coinvolto una nave della Guardia Costiera Italiana, e quindi, una nave militare, non trovano applicazione le norme contenute nel Decreto sicurezza bis”, ha sottolineato il Tribunale dei ministri di Catania. L’ex ministro dell’interno non aveva dunque il potere di bloccare una nave militare e a differenza delle altre querelle con Malta e gli altri paesi mediterranei per l’assegnazione dei porti delle ong, nel caso Gregoretti “è assolutamente pacifico che il coordinamento e la responsabilità primaria dell’intera operazione siano stati assunti dallo stato italiano”. Certamente Salvini non poteva pensare di chiedere a Malta o a chi per lei di aprire i porti a una nave militare italiana.

Non darò nessun permesso allo sbarco finché dall’Europa non arriverà l’impegno concreto ad accogliere tutti gli immigrati a bordo della nave. Vediamo se alle parole seguiranno dei fatti. Io non mollo”, si vantava il leader della Lega in quei giorni di fine luglio. Il Capitano si è sempre preso il merito del blocco dei porti di turno, per poter monetizzare la sua linea dura sovranista alle urne. Guai a far passare il messaggio che si trattasse di una scelta condivisa con gli ex alleati pentastellati, il copyright del sovranismo doveva essere suo ed esclusivamente suo. Eppure oggi, quando la situazione sta prendendo una piega pericolosa per la sua posizione, il Salvini gradasso sta lentamente compiendo la sua metamorfosi verso il Salvini agnellino, quello che prova a spiegare in modo pacato le cose e a trovarsi un alibi. “La mia decisione da ministro fu condivisa con Conte e Di Maio”, ha spiegato nelle ultime ore, citando una specifico consiglio dei ministri del 31 luglio in cui si affrontò la questione. Eppure da Palazzo Chigi è stata diffusa una nota che smentisce questa versione. “La questione relativa alla vicenda della nave Gregoretti non figura all’ordine del giorno e non è stata oggetto di trattazione nell’ambito delle questioni ‘varie ed eventuali’ nel citato Consiglio dei ministri, né in altri successivi”, si legge.

Insomma, il Salvini che sei mesi fa ci teneva a rivendicare la paternità della scelta unilaterale di non autorizzare lo sbarco a una nave della guardia costiera italiana, oggi deve confrontarsi col fatto che tale paternità gli è stata riconosciuta, per quanto non la volesse più. Ci troviamo allora davanti al nuovo, ennesimo episodio del #salviniscappa. Ci eravamo già passati con il caso Diciotti – quando si diceva contento di affrontare il processo mentre chiedeva l’immunità parlamentare – o con le sardine – quando ha annullato o spostato i suoi appuntamenti elettorali per evitare l’impietoso confronto numerico.

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