«Sono cresciuto nella banlieue di Tolosa, una campagna piatta e desolata, piuttosto lontana dall’immagine che si potrebbe avere di un Sud idilliaco. Ma l’ambientazione di questo romanzo è più ristretta, ed è prima di tutto quella delle periferie residenziali. Questi quartieri sono stati a lungo esplorati dal cinema di genere americano come luoghi inquietanti, per contrasto, proprio perché si suppone siano luoghi di sicurezza, vita familiare, normalità. Ho trovato affascinante rivisitare questo approccio con la mia sensibilità e i miei ricordi degli anni Novanta, che furono sì anni sereni ma nei quali allo stesso tempo sentivamo crescere latente una sorta di languore minaccioso, una sorda inquietudine».
Il suo libro inizia con la parola “l’adolescente”: quanto è importante nel suo lavoro il mondo dei ragazzi e del loro rapporto sofferto con la famiglia, la violenza e la sessualità?
«L’adolescenza è un territorio entusiasmante da esplorare in letteratura perché ha una portata universale: abbiamo tutti conosciuto questo periodo intriso di dubbi, speranze, domande sul mondo e su noi stessi, alla scoperta del desiderio e dei sentimenti, della ribellione e della dualità. Ma io trovo anche che, simbolicamente, l’adolescenza possa parlare dell’umanità così come la viviamo oggi. Essere adolescenti significa prendere coscienza della violenza del mondo e di ciò che è irrimediabilmente perduto. Ho la sensazione che questo sia ciò che stiamo attraversando collettivamente, un doloroso risveglio che ci ricorda ciò che abbiamo perso e la violenza che stiamo affrontando».
Adolescenza e horror portano subito a Stephen King, e lei apre il testo con una exerga tratta da It: quanto è importante King nella sua scrittura e nella sua formazione?
«Penso che sia stato lui a insegnarmi come si raccontano le storie, perché è un narratore straordinario. Leggere King mi ha anche mostrato cosa può fare l’immaginazione in letteratura, questa capacità di usare la paura come mezzo per rivelare ciò che attraversa l’intimo dei personaggi. Spesso, infine, non riuscivo a staccarmi dai romanzi di King, li leggevo fino a tarda notte. Era una forma incredibile di ebbrezza. Volevo offrire la stessa esperienza ai lettori di La notte devastata».
E a proposito di ragazzini: è vero che sono sempre più lontani dalla lettura? Come riavvicinarli ai libri?
«È quello che si dice, ma non ho alcuna competenza in materia. Vedo adolescenti che sono lettori accaniti; la letteratura per bambini e i manga stanno andando bene. Questi sono segnali positivi, che dimostrano che i giovani hanno ancora bisogno di sognare e lasciarsi trasportare dalle storie.



