La produzione di Stellantis in Italia continua a calare in modo preoccupante. Nei primi sei mesi del 2025, il gruppo nato dalla fusione tra Fiat Chrysler e PSA ha prodotto 221.885 veicoli, con un calo del 27% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, secondo i dati diffusi dalla Fim-Cisl. La flessione riguarda tutte le categorie: le automobili segnano un -33%, mentre i veicoli commerciali perdono il 16%. Una crisi che si aggrava ulteriormente dopo il minimo storico toccato nel 2024, con appena 475.090 veicoli prodotti, il dato più basso degli ultimi 68 anni. Le previsioni sindacali per il 2025 parlano di una produzione di Stellantis ferma a 400mila veicoli, ben lontana dal milione promesso da Stellantis al governo italiano entro il 2030. Il gruppo ha annunciato investimenti per 2 miliardi di euro per rilanciare gli stabilimenti nazionali, ma dovrà dimostrare con i fatti di voler davvero mantenere un ruolo centrale dell’Italia nella propria strategia industriale globale.
Il disastro degli stabilimenti storici
Tutti gli impianti italiani del gruppo stanno attraversando una fase critica, confermando il trend negativo già emerso lo scorso anno. Lo stabilimento di Modena, dedicato alla produzione delle Maserati, è il più colpito, con una contrazione del 71,9%, passando da 160 a 45 unità prodotte nel primo semestre 2025. Nel corso dell’anno, lo stabilimento ha lavorato solo per undici giorni a pieno regime; per il resto del tempo è stato attivato un contratto di solidarietà per 130 dipendenti: invece di licenziare, il loro orario di lavoro è stato ridotto e, in media, hanno lavorato solo il 30% delle ore normali. Il marchio di lusso deve inoltre affrontare l’incertezza strategica legata al futuro dei modelli Levante e Quattroporte, mentre il modello elettrico Folgore non ha raggiunto i risultati commerciali previsti.
Anche gli altri stabilimenti italiani mostrano segnali di difficoltà. L’impianto di Melfi, per esempio, registra una riduzione del 59,4%, con 19.070 veicoli prodotti rispetto ai 47.020 dello stesso periodo del 2024. La fabbrica lucana, che nel 2019 superava i 330mila veicoli annui, è ora impegnata nella transizione verso una nuova tecnologia, la piattaforma elettrica Stla Medium, che sarà alla base dei futuri modelli elettrici di medie dimensioni del gruppo, come la nuova Jeep Compass e i modelli DS. Anche Mirafiori, storico stabilimento torinese dove si assemblano la Fiat 500 elettrica e alcune Maserati, ha subito un calo del 21,5%, con 15.315 auto prodotte, un dato preoccupante soprattutto perché la produzione era già stata fortemente ridotta negli ultimi anni a causa della scarsa domanda per la 500 elettrica. A Pomigliano d’Arco, la situazione è leggermente meno grave: il calo è stato del 24%, con 78.975 auto prodotte. Il sito campano, dove si fabbricano la Fiat Panda e l’Alfa Romeo Tonale, resta comunque quello con i volumi più alti, anche se la flessione è comunque evidente.
Le richieste dei sindacati
Secondo il report della Fim-Cisl, l’impatto sociale della crisi Stellantis in Italia si sta aggravando. Per il sindacato, infatti, quasi un lavoratore su due è attualmente costretto a ricorrere agli ammortizzatori sociali, senza che all’orizzonte si intravedano segnali di ripresa entro la fine dell’anno. Di fronte a questa situazione, il segretario generale Ferdinando Uliano ha chiesto un incontro urgente con il nuovo amministratore delegato di Stellantis Antonio Filosa, nominato il 23 giugno 2025 dopo le dimissioni di Carlos Tavares, che avevano fatto seguito alle proteste sindacali dell’ottobre 2024 e ai deludenti risultati finanziari del gruppo. La Fim-Cisl sottolinea inoltre che la crisi non si limita agli impianti produttivi diretti, ma si estende all’intero indotto, aggravando l’emergenza occupazionale lungo tutta la filiera.
Il sindacato ha infine richiamato l’attenzione sul livello europeo, ricordando la mobilitazione del 5 febbraio 2025 a Bruxelles, organizzata con le principali sigle sindacali del continente. In quell’occasione, le organizzazioni hanno denunciato la scarsità delle risorse stanziate dall’Unione Europea – appena 2,8 miliardi di euro – ritenute insufficienti per accompagnare una transizione equa verso la mobilità elettrica in un settore ritenuto strategico per l’economia europea.
I progetti sospesi
Nel quadro complessivo delle difficoltà produttive e strategiche del gruppo in Italia, il caso dello stabilimento di Termoli è tra i più emblematici. Attivo dal 1972 nella produzione di motori e trasmissioni, con 2.500 dipendenti, il sito molisano era stato scelto nel 2021 come sede della terza gigafactory europea per batterie elettriche, dopo quelle previste in Francia e Germania. Il progetto, affidato al consorzio Acc (Automotive cells company) – joint venture tra Stellantis, Mercedes-Benz e il colosso energetico francese TotalEnergies – prevedeva oltre due miliardi di euro di investimenti e l’avvio della produzione nel 2026. Tuttavia, il piano è stato sospeso a giugno 2024, quando Acc ha annunciato una revisione tecnologica orientata verso batterie meno costose, in risposta al rallentamento della domanda di veicoli elettrici in Europa.
Il governo italiano ha reagito ritirando i 223 milioni di euro di fondi europei destinati al progetto, riallocandoli verso altri investimenti nella transizione energetica del settore. Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha però lasciato aperta la possibilità di finanziamenti statali qualora Acc presentasse un nuovo piano industriale per il sito molisano. Nel frattempo, Stellantis ha annunciato che dal 2026 Termoli produrrà cambi automatici per auto ibride garantendo lavoro a circa 300 dei 1.800 dipendenti dell’impianto, una soluzione è evidentemente un ripiego rispetto alle ambizioni dello stabilimento.