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mercoledì, Lug 22

La retorica di Trump smontata dalla mascherina



Da Wired.it :

Il presidente in crisi nei sondaggi continua infatti a fare di tutto per spostare l’attenzione dall’epidemia, che negli Stati Uniti rialza la testa nei decessi e segna record fra i contagi

(Foto: Alex Edelman/Afp via Getty Images)

Quando i contagi da Sars-Cov-2 nel mondo superano quota 15 milioni, tre volte più del numero di influenze registrate ogni anno, con oltre 616mila vittime ufficiali in sette mesi (ma chissà quante sono davvero) Donald Trump si arrende. Nulla di che, ovviamente: rimane pur sempre impegnato a cancellare l’epidemia dalla vita dei suoi cittadini, mentre quelle vite si spengono. Ma per la prima volta raccomanda l’uso della mascherina. Mettendo si spera fine alla triste sceneggiata dei leader che non si piegano al virus iniziata col britannico Boris Johnson – contagiato, in condizioni piuttosto gravi, e convertitosi alla teoria del lockdown – proseguita col brasiliano Jair Bolsonaro, finito anche lui fra i positivi, e col presidente Usa sempre sullo sfondo. Senza contare i balletti di qualche paese europeo.

Trump è quello che ancora pochi giorni fa chiamava la Covid-19 “kung flu”, che il 22 gennaio spiegava che la situazione era sotto controllo, il 10 febbraio sperava nella sparizione del virus “con l’arrivo del bel tempo” e che il 26 febbraio, con i primi 15 casi sul territorio americano, prometteva che sarebbero diventati ben presto “zero”. E ancora, il 10 marzo confermava che “tutto sta funzionando, ci aspettano cose buone” e che ancora in quei giorni – attenzione: mentre l’Italia entrava in quarantena e chiudeva tutto – confrontava i numeri di Covid-19 con quelli dell’influenza stagionale, cavalcando la pericolosa tesi che non ci fosse granché da preoccuparsi. Oggi quelle 15 persone sono diventate quasi quattro milioni di infetti, da oltre una settimana i contagi quotidiani sono oltre 60mila, i decessi giornalieri sono risaliti sopra mille dal 9 giugno toccando la quota totale di 142mila.

È servito tutto questo, in sette mesi, per convincere Trump ha indossare la mascherina e indicare agli americani di farlo: “Che le mascherine vi piacciano o meno, hanno un effetto – ha detto – avranno un effetto“. Poi ha ribadito di essere al lavoro “con i governatori” e ovviamente ha difeso l’operato della sua amministrazione, spiegando che “siamo tutti responsabili”. Dice bene: sono tutti responsabili di decine di migliaia di morti. Quanti se ne sarebbero potuti evitare, negli Stati Uniti così come altrove – a partire dal Brasile, che oggi ne piange ufficialmente oltre 81mila secondo i dati dell’università Johns Hopkins – se i leader e nel complesso le amministrazioni, pur con le differenze di governance, avessero favorito i lockdown nei paesi federali e li avessero imposti in quelli con sistemi meno territoriali? Ma soprattutto se non fossero volontariamente affogati nelle bufale, promuovendo farmaci dall’efficacia tutta da provare (è il caso dell’idrossiclorochina), spacciando speranze infondate e in definitiva favorendo atteggiamenti sociali che hanno senza dubbio aggravato le dinamiche del contagio? C’è da chiedersi se queste persone, persone che non hanno evitato la morte di altre persone sotto la loro tutela, saranno chiamate prima o poi a renderne conto?

In Italia c’è giustamente un’indagine sui possibili ritardi nell’istituzione di una zona rossa fra Nembro e Alzano Lombardo, nella bergamasca, all’inizio dello scorso marzo: cosa dire, allora di quelle nazioni-continente dove tutto è rimasto come se nulla fosse fino all’altro ieri e dove, ancora oggi, i vertici al comando inviano messaggi contrastanti, disincentivanti e pericolosi, giocando con le vite dei propri cittadini? Ha ragione Nancy Pelosi, speaker della Camera a maggioranza democratica, a dire che il Sars-Cov-2 è il “virus di Trump”? Certo che no ma il punto è centrato: misure stringenti e tempestive, comunicazione chiara, indicazioni precise su igiene e profilassi, credibilità delle proprie posizioni hanno salvato migliaia di vite in giro per il mondo. Tutto questo negli Stati Uniti non è avvenuto. Per cui, oltre alle eventuali differenze genetiche dei ceppi, il Sars-Cov-2 ha prodotto in posti diversi conseguenze più devastanti non solo per fattori casuali, legati alla popolazione o incidentali ma anche (e verrebbe da dire soprattutto) per le decisioni di politica sanitaria. “Finalmente si è deciso a premere per l’uso della mascherina, è però troppo tardi” ha spiegato Pelosi in un’intervista a Cnn. Non è mai troppo tardi ma ha ragione: è stato sprecato tempo prezioso.

Come ha più volte spiegato Francesco Costa nella sua newsletter, l’aumento dei contagi non si spiega solo con l’aumento dei test, come molti trumpiani vogliono far credere. Si tratta né più né meno, ma questo lo diciamo noi, di una menzogna, altrimenti non vedremmo ospedali saturi, così come gli obitori, in diversi stati. La curva dei decessi di marzo e aprile è sensibilmente più alta di quella attuale, che però è tornata a crescere. E con una distribuzione più omogenea rispetto alla fase in cui nell’occhio dell’epidemia era finita New York. La resa sulla mascherina, insomma, non è affatto la prima tappa di un cambio di strategia ma la manifestazione di assoluta impotenza di un’amministrazione inadeguata sotto ogni punto di vista. Obbligatoria nei luoghi pubblici in Texas, Louisiana, Alabama, Colorado e molti altri stati – a parte le follie della Georgia di Brian Kemp – adesso anche Trump, che le ha ridicolizzate per mesi trasformandole in un vessillo di parte, si è rassegnato a indossarle.

Non si è ovviamente rassegnato sul resto. Cioè sul tentativo martellante di ridimensionare un’emergenza al momento non ridimensionabile, anzi di cancellarla spostando continuamente l’attenzione su altro, e spingere gli americani a procedere con le proprie vite. Procedendo per esempio al dossieraggio sull’immunologo Anthony Fauci, che fra l’altro aveva previsto queste soglie di contagi quotidiani e sarebbe uno dei pochi in grado di provare a mettere ordine nel caos statunitense, o riconducendo la gestione dei dati direttamente al governo, strappandola ai Centers for Disease Control and Prevention, col rischio di veder truccare o edulcorare informazioni essenziali a seconda delle convenienze del momento di campagna elettorale. Non basterà la mascherina per risalire nei sondaggi su Joe Biden, che lo vedono indietro di 15 punti. Serve un altro Trump. Potrebbe materializzarsi solo in autunno, con un’altra dei suoi improvvisi cambiamenti di pelle, a poche settimane da voto. E con un’epidemia impossibile da censurare.

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[Fonte Wired.it]

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