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venerdì, Dic 20

La riduzione del buco dell’ozono sarà rallentata per colpa della Cina


l recupero dello strato dell’ozono sopra l’Antartide subirà probabilmente un ritardo a causa della produzione illegale di Cfc in Cina. Lo studio su Nature Communications

ozono

Il buco dell’ozono sopra l’Antartide si sta riducendo. Ma a un ritmo, secondo le previsioni, più lento di quanto ci si dovrebbe aspettare. Probabilmente a causa della produzione e l’uso illegale in Cina dei Cfc, prodotti chimici industriali, tra i maggiori responsabili dell’assottigliamento dello strato di ozono. Secondo le stime di uno studio dei ricercatori dell’Università di Leeds, nel Regno Unito, nel peggiore (il meno probabile) dei casi, il recupero dello strato di ozono verrà ritardato di ben 18 anni circa se la produzione di triclorofluorometano (Cfc-11), sostanza utilizzata come agente refrigerante nei frigoriferi, continuerà senza sosta. Lo studio è appena stato pubblicato su Nature Communications.

Stando ai diversi scenari proposti nello studio, se la produzione dei Cfc, contenenti cloro e bromo, verrà gradualmente eliminata nel prossimo decennio (lo scenario più probabile), il risultato sarebbe un ritardo di 2 anni nel recupero dello strato di ozono, mentre “se la produzione si fermasse immediatamente, non ci dovrebbe essere praticamente alcun impatto sul suo recupero”, afferma l’autore della ricerca, Martyn Chipperfield.

Ricordiamo che, normalmente, il buco nell’ozono in Antartide comincia a formarsi in agosto, raggiungendo la sua massima ampiezza a ottobre, per poi richiudersi a dicembre. Tuttavia, per arrestare l’allargamento del buco dell’ozono, i governi si erano impegnati, firmando nel 1987 il Protocollo di Montreal, di vietare la produzione e l’uso dei Cfc, rilasciati dalle attività umane e responsabili dell’assottigliamento dello strato di ozono. Secondo una rapporto del 2018, pubblicato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), per un recupero dello strato dell’ozono ai livelli del 1970 bisognerà attendere il 2060.

Ma il nuovo studio non fa altro che confermare ricerche dello scorso anno che sottolineavano come i livelli di Cfc-11 nell’atmosfera stessero aumentando, nonostante la loro produzione fosse vietata. Come vi avevamo raccontato infatti, a lanciare l’allarme erano stati i ricercatori della National Oceanic and Atmospheric Administration (Nooa), che avevano registrato un aumento dei livelli di Cfc-11: la sua concentrazione nell’atmosfera continuava a diminuire, ma dal 2012 a un ritmo più lento di circa il 50%, rispetto a quello previsto. Successivamente, dopo aver raccolto indizi, documenti e interviste, anche il New York Times era giunto a una conclusione: la fonte della misteriosa ondata di queste sostanze proveniva dalle province della Cina orientale, e in particolare dalle fabbriche di Xingfu, una città industriale nella provincia dello Shandong.

Dopo questi episodi, “è altamente improbabile che la produzione illegale di Cfc-11 continui allo stesso ritmo in Cina, e quindi un ritardo di 18 anni nel recupero dello strato di ozono è molto improbabile”, commenta al New Scientist Clare Perry, della Environmental Investigation Agency. Anche perché quest’anno sembra che le emissioni di Cfc-11 abbiano già iniziato a diminuire, secondo i risultati preliminari dei ricercatori del National Oceanic and Atmospheric Administration in Colorado, presentati il mese scorso durante una riunione delle parti del Protocollo di Montreal.

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