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mercoledì, Nov 20

La risposta di Twitter alla “furbata” dei Tory su Twitter


Durante un dibattito televisivo fra Boris Johnson e Jeremy Corbyn, i conservatori hanno cambiato nome al loro account fingendosi un’organizzazione di fact-checking. La reazione del social network non è tardata ad arrivare

(foto: Jonathan Hordle/Getty Images)

In vista delle elezioni nel Regno Unito del prossimo 12 dicembre, la rete Itv ha ospitato in diretta televisiva il primo dibattito tra l’attuale primo ministro britannico Boris Johnson e il leader dei laburisti Jeremy Corbyn. Mentre i due hanno discusso animatamente su come archiviare la Brexit entro il 31 gennaio 2020 e sul futuro del National Health Service (il servizio sanitario britannico), l’account ufficiale del Partito conservatore di Johnson ha cambiato nome diventando brevemente “factcheckUK” e pubblicando post come se si trattasse di una pagina di fact-checking indipendente. Il comportamento era ovviamente teso a ingannare gli utenti, e quindi a poche ore di distanza è arrivata una dura replica del social network, che ha minacciato “una decisa azione correttiva se simili espedienti si ripeteranno”.

La verità è importante

I Tory sono accusati di aver tentato di assumere deliberatamente un’identità terza, prendendo per i fondelli il pubblico britannico durante la diretta del dibattito. L’account coinvolto è quello del quartier generale della campagna della formazione di destra, si chiama CchqPress (Conservative Campaign Headquarter) ed è seguito da 76mila persone. Oltre al nome, durante l’intervista televisiva, ha cambiato anche il logo e ha iniziato a fare le pulci – o meglio, a far finta di farle – alle dichiarazioni di Corbyn, già non troppo popolare – almeno secondo i sondaggi – nel Regno Unito. L’operazione, si diceva, è stata messa in atto durante il dibattito, e dal pubblico si sono udite risate quando, a una domanda della giornalista che mediava il faccia a faccia, Johnson ha dichiarato che la verità è una componente di importanza fondamentale nelle elezioni. Condivisibile, non fosse che in quello stesso momento il suo staff twittava sotto falso nome.

La reazione di Twitter – tramite le parole di un portavoce – è stata dura: “Le nostre regole in tutto il mondo ci vietano comportamenti che possono fuorviare le persone, anche quando messe in atto da account verificati”. L’avvertimento poi è stato senza giri di parole: “Qualsiasi altro tentativo di indurre in errore le persone modificando le informazioni già verificate sul profilo, come accaduto durante il dibattito elettorale nel Regno Unito, comporterà un’azione correttiva”. L’attenzione del social network, che di recente ha rimosso la pubblicità politica a pagamento, è quindi volta a un contraddittorio più trasparente possibile e senza alcun inganno.

La tattica, come riporta il Guardian, è stata immediatamente scovata e criticata dal sito divulgativo indipendente Full Fact che ha scritto – sempre su Twitter, e in tempo reale – che si trattava di un comportamento del tutto inappropriato dei conservatori, invitando gli utenti a fare attenzione: “non confondete l’account ‘FactcheckUK’ con altri servizi di fact checkin indipendente come Full Fact, FactCheck, FactChekNI”. Will Moy, a capo di Full Fact, ha anche detto che il social network avrebbe dovuto agire con più tempismo ripristinando il vero nome dell’account.

Fra le fila dei conservativi il fallimento dell’operazione non è stato digerito facilmente. C’è stato anche chi ha precisato che era messo in chiaro che fossero i Tory a gestire la pagina, in quanto nella bio dell’account compariva la dicitura “Fact checking Labour from Cchq . Il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab, poi, in un’intervista alla Bbc radio ha minimizzato: “Alle persone non frega nulla dei social network” , ha chiosato.

Palla al centro

Tuttavia nel dibattito, nonostante l’accaduto, nessuno è uscito pienamente vincitore o sconfitto. Se ognuno ha mostrato dei punti deboli all’inizio – per Corbyn più la Brexit, per Johnson più la sanità – in una terza parte i due si sono confrontati su disuguaglianze sociali, economia e povertà. E, di fatto, la partita è finita in parità anche secondo YouGov, che attribuiva ieri sera un 51% di preferenze alla performance del primo ministro Tory e un 49% a quella del numero uno del Labour. Una parità a tutti gli effetti, se si considera il margine di errore statistico. Il dibattito è stato seguito da 6,7 milioni di spettatori.

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