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sabato, Dic 07

La “sindrome da Nobel”: ecco le bufale di alcuni eccellenti premiati


Chi ha ricevuto un premio Nobel non è né infallibile, né necessariamente virtuoso. Ce lo ricordano le storie degli scienziati premiati che hanno sostenuto (e sostengono) tesi infondate e talvolta pericolose

Il 10 dicembre si terrà la cerimonia ufficiale di consegna dei premi Nobel annunciati lo scorso ottobre. Per la scienza è stato un altro anno senza donne tra i premiati. Una recentissima analisi pubblicata su Lancet suggerisce che, una volta nominate, le donne abbiano avuto uguali o maggiori possibilità di ricevere il premio nel periodo 1901-1966. In questo intervallo la ridotta percentuale di donne premiate (2.4%) potrebbe essere spiegata in parte dalle poche scienziate e quindi dalle poche nomine. Dal 1966 in poi invece non abbiamo ancora dati sulle nomine, segreti per 50 anni, però sappiamo che la percentuale di donne Nobel è salita ad appena 3,8, nonostante molte più donne lavorino nel settore.

Questo è uno dei molti problemi che a ogni autunno, con sempre maggior frequenza, vengono ricordati a proposito del premio più famoso e ambito della scienza. Per esempio è riservato ora a tre persone per categoria, due in più rispetto al testamento di Nobel, ma la ricerca non è fatta da geni solitari o da gruppi di massimo tre persone. Una scoperta da Nobel può coinvolgere anche centinaia di persone. E se qualcuno muore prima che la ricerca sia premiata, come è successo a Rosalind Franklin con la struttura del dna, la gloria e la memoria sono tutte per i sopravvissuti.

Un altro aspetto, collaterale se vogliamo (ma non troppo) è che con il premio Nobel si riceve un potere unico, dentro e fuori la comunità scientifica, e con esso delle responsabilità. Si può usare questo peso in modo più o meno virtuoso, ma è anche capitato che con il premio alcuni eccellenti scienziati cominciassero a sostenere posizioni del tutto pseudoscientifiche. L’assenza del principio di autorità nella scienza è un’ambizione più che una realtà, e specialmente a livello pubblico le posizioni di questi scienziati hanno avuto un impatto profondo proprio a causa del premio. In gergo si parla di sindrome da Nobel (Nobel disease).

I negazionisti

Kary Mullis, scomparso quest’anno, è stato probabilmente il più noto scienziato colpito dalla sindrome. Nei necrologi l’inventore della Pcr (o meglio, perfezionatore, visto che i principi erano già stati descritti) è stato spesso definito come un eccentrico (famoso il suo uso di droghe, la passione per il surf e l’incontro col procione alieno fosforescente). Ma questa caratterizzazione bonaria all’insegna dello stereotipo genio e sregolatezza, non tiene conto dei danni che ha causato negli anni dopo il Nobel per la chimica (1993). Mullis ha pubblicamente rifiutato il nesso causale hiv/Aids, firmando la prefazione di Aids: Il virus inventato (1998) del negazionista Peter Duesberg. Ha anche rifiutato il netto consenso scientifico sui cambiamenti climatici.

Non si è trattato di esternazioni estemporanee. Su queste questioni, tra le più cruciali per la scienza e per l’umanità, Mullis ha ripetutamente usato il suo prestigio per alimentare teorie complottiste. Solo l’anno scorso firmava una petizione, assieme ai più famosi negazionisti statunitensi, a supporto dell’ereditiera Rebekah Mercer. Mercer e la sua famiglia sono storici finanziatori delle organizzazioni che negano i cambiamenti climatici, come l’Heartland Institute. Rispetto a queste imprese il fatto che credesse nell’astrologia e negli alieni è ben poca cosa, ma vale la pena ricordare che è stato anche un molestatore seriale, come può testimoniare una giornalista di Esquire che ha scritto su di lui nel 1994.

Tra i negazionisti climatici dobbiamo anche ricordare Ivar Giaever, Nobel per la fisica nel 1973. Forse qualcuno ricorderà un suo famoso discorso ai Lindau Nobel Laureate Meetings del 2012, sottotitolato e diffuso sui social. Il contenuto è l’abc del negazionista: il clima è sempre cambiato, i modelli sono fuffa, i combustibili fossili non c’entrano, i soldi per le rinnovabili sono buttati. Concluse l’intervento definendo i cambiamenti climatici pseudoscienza. Tre anni dopo, allo stesso meeting, reiterò la sua posizione. Non è un caso che sia uno dei consiglieri scientifici dell’Heartland Institute. La posizione di Giaever è quindi totalmente sovrapponibile a quella del nostro Antonino Zichichi, anche lui nell’Heartland, che però, ahimè, è privo di Nobel…

Memoria dell’acqua & co

Luc Montagnier ha ricevuto il Nobel per la medicina nel 2008, per il suo ruolo nell’isolamento di Hiv. Già dall’anno successivo pubblicava una cosiddetta ricerca che resuscitava il mito della memoria dell’acqua, quella invocata dagli omeopati per spiegare il funzionamento dell’omeopatia. Scrivendo su una rivista che dirigeva, il Nobel intendeva convincere i colleghi che le molecole biologiche come il dna emettono onde elettromagnetiche in acqua. Impermeabile alla pioggia di critiche, Montagnier non si è dato per vinto, e ha continuato a proporre le sue tesi sia in pubblico che in riviste di ultima categoria. Ma il vero problema è che lo scienziato è convinto che le sue fantasie possano curare l’autismo, e non ha esitato a presentarle a una conferenza di oppositori dei vaccini.

Appassionato di memoria dell’acqua è anche Brian Josephson, che ha ricevuto il Nobel assieme a Giaever. Josephson in particolare ha difeso il lavoro di Jacques Benveniste, lo scopritore della presunta memoria dell’acqua (i suoi risultati su Nature erano frutto di manipolazione, conscia e/o inconscia) e ritenuto da Montagnier un moderno Galileo. Josephson firmerà la prefazione di un libro postumo di Benveniste, La mia verità sulla memoria dell’acqua (2005). Il fisico premio Nobel è famoso anche per credere a diverse altre teorie bizzarre, dalla parapsicologia alla fusione fredda, passando per il neocreazionismo (Intelligent design). Le sue incursioni a difesa delle pseudoscienze su Wikipedia, di cui è stato un collaboratore, gli hanno fatto guadagnare un blocco nel 2014.

Anche Linus Pauling, doppio premio Nobel (per la Chimica nel 1954; per la Pace nel 1962) ebbe idee un po’ balzane sulla medicina. Coniò il termine ortomolecolare per definire un approccio terapeutico basato sulla somministrazione di alte dosi di specifiche sostanze già contenute nell’organismo. In pratica: molte malattie sarebbero causate da carenza di vitamine. All’apparenza non sembra così strampalato. Le vitamine sono indispensabili, e le carenze possono verificarsi specialmente con diete sbagliate. Ma Pauling andò oltre, convinto che ne servissero comunque di più, sia per prevenire che per curare malattie anche gravi. Come è noto la sua vitamina preferita era la C: non riuscì mai a convincere la comunità scientifica, ma anche oggi i produttori di integratori alimentari (in grandissima parte inutili) possono ringraziare anche il contributo di Pauling.

Razzismo ed eugenetica

Alexis Carrel, Nobel per la medicina nel 1912 per il suo lavoro sui trapianti, è un nome che spunta spesso in ambiti inaspettati. Il motivo è che lo scienziato, nel 1902, si convinse di avere assistito a un genuino miracolo di Lourdes e questo lo portò ad abbandonare l’ateismo. Il Nobel in questo caso doveva ancora arrivare: queste convinzioni che mischiavano scienza e fede ostacolarono la sua carriera in Francia e decise di emigrare.

Oggi, inevitabilmente, Carrel è presentato da alcuni fedeli come il Nobel, per giunta medico, che credeva ai miracoli di Lourdes. E siccome a un Nobel non la si fa, a Lourdes succede davvero qualcosa di soprannaturale (ne sembra convinto anche Montagnier). Raramente però in questi contesti si ricorda che Carrel è stato negli anni ’30 anche un attivo sostenitore dell’eugenetica per eliminare criminali e persone con disabilità. Nel 1936, nell’introduzione all’edizione tedesca di un suo libro, supportò esplicitamente i programmi eugenetici dei nazisti. Quando rientrò in Francia nel ’40 ebbe un incarico nella Repubblica di Vichy, e aderì al partito collaborazionista Parti Populaire Français. Nel 1991 il partito fascista Front National ha cominciato a evocare Carrel e il suo lavoro, tentando di riabilitarne il nome e le teorie in chiave ecologica.

Anche William Shockley (Nobel per la fisica, 1975) fu un sostenitore dell’eugenetica (come molti, troppi altri Nobel, Pauling incluso). Shockely è da ricordare in particolare per la sua prolificità sul tema, e per il fatto che sostenne queste posizioni molto oltre la Seconda guerra mondiale, quando gli orrori nazisti avevano smorzato molto il supporto all’eugenetica.

Anche James Watson e Francis Crick, scopritori della struttura del dna con Franklin e Wilkins, hanno supportato pratiche eugenetiche, pur distanziandosi nettamente da sterilizzazioni di massa e uccisioni. La genetica, anche grazie a loro, oggi offre possibilità mediche prima inesistenti, per esempio la rilevazione di malattie nel feto, e c’è un dibattito sul loro uso. Ma Crick, e soprattutto Watson, hanno sostenuto la necessitò, come società, di utilizzare le nuove conoscenze per plasmare la specie umana stessa, guidare l’evoluzione per essere più sani, più intelligenti e anche più belli. Viste anche le recenti affermazioni esplicitamente razziste e sessiste di Watson, non stupisce che il Nobel stia cominciando a essere ostracizzato.

Il padre illuso e il creazionista

Il pensiero pseudoscientifico di Niko Tinbergen (Nobel per la medicina nel 1973) è apparentemente nato da un problema personale. Negli anni ’50 uno dei sui figli aveva problemi mentali, a Tinbergen e alla moglie (psicologa) sembrava autismo. Lo fece visitare dallo psicanalista John Bowlby. Apparentemente il bambino guarì, o meglio: crebbe normalmente, l’autismo in realtà non fu mai diagnosticato. Molti anni dopo, negli anni ’70, Timbergen e la moglie volsero di nuovo l’attenzione all’autismo. Lo scienziato si convinse di poter trasferire gli strumenti dell’etologia allo sviluppo dei bambini, giungendo addirittura a una cura. In particolare sostenne la holding therapy, dove il bambino è tenuto stretto con la forza, da un genitore o terapista, finché non smette di fare resistenza e guarda il genitore negli occhi, stabilendo un contatto necessario al normale sviluppo. Purtroppo è solo uno dei tanti pericolosi interventi, senza prove di efficacia, spacciati ai genitori come miracolosi.

Infine, grazie ai siti creazionisti, abbiamo un elenco di Nobel che, per fede o ignoranza, hanno rifiutato l’evoluzione per selezione naturale proponendo alternative più o meno divertenti. Ma solo uno, Richard Smalley (Nobel per la chimica nel 1996) spicca per essersi convertito, verso la fine della sua vita, al creazionismo della Terra Vecchia. In pratica si tenta di conciliare alcuni fatti scientifici (per esempio l’età dell’Universo) con la Genesi (esplicitamente citata da Smalley). Purtroppo o per fortuna l’evoluzione, come la intendono gli scienziati, non entra a far parte di questo compromesso: Dio non solo avrebbe creato in principio un Universo a nostro uso e consumo, ma ha continuato e continua a creare. Non c’è spazio in questa visione per l’evoluzione. Smalley però si distingue dai molti creazionisti che ora lo impugnano per un particolare non secondario: era un ambientalista, e convinto della necessità di affrontare i cambiamenti climatici.

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