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Mentre l’attenzione dei media si è comprensibilmente focalizzata sul comunicato finale del vertice Nato di Washington, quello in occasione per il 75° compleanno dell’alleanza, sono stati gli accordi bilaterali e multilaterali, quelli cioè che non impegnavano l’intera Nato, a far discutere di più gli analisti. Il più importante e dalla forte carica simbolica è l’accordo tra Stati Uniti e Germania.

Anche se il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti lo ha liquidato in una nota di poche righe, il suo potenziale in termini di escalation è sembrato preoccupante agli occhi di molti, che hanno fatto tornare in stampa titoli come “tornano gli Euromissili”, motivato accorati appelli per la pace da parte degli intellettuali oppure suscitato l’entusiasmo di alcuni occidentalisti liberal. L’accordo, in sintesi estrema, dice questo: nel 2026 gli Stati Uniti dispiegheranno ‟in maniera episodica” armamenti a lungo raggio in Germania. Tra questi, gli SM-9, i missili Tomahawk e le armi ipersoniche ‟in via di sviluppo”, che hanno una gittata molto più lunga degli altri armamenti a lungo raggio dispiegati in Europa.

Perché si parla di Euromissili

Se si parla di Euromissili è perché la memoria torna agli anni Settanta e Ottanta, quando in uno dei momenti più caldi della Guerra Fredda Stati Uniti e Unione Sovietica dispiegarono missili basati a terra, a medio raggio con armamento nucleare, sul cosiddetto “teatro”. Il loro smantellamento fu deciso in base al Trattato di Washington firmato da Mikhail Gorbačëv e Ronald Reagan nel 1987, non prima di una lunga fase di paura e contrarietà di molti settori dell’opinione pubblica occidentale, tra cui i Comunisti italiani.

Oggi, non sorprendentemente, la reazione del Cremlino è stata ostile come allora, considerando anche che nel corso del summit di luglio è stata annunciata sia l’operatività del nuovo sito polacco di Redzikowo del sistema di difesa antimissile Aegis Ashore, che va a integrare i sistemi già presenti nelle basi di Kürecik in Turchia, Deveselu in Romania e Rota in Spagna. Questo evento, ratificato dall’articolo 8 del comunicato finale, ripropone il punto dolente che portò alla rottura grave tra Nato e Russia nel 2007: un sistema antimissile avanzato con basi in Polonia e Repubblica Ceca.

Infine, restando sempre in ambito missilistico è stata annunciata anche l’iniziativa Elsa (European Long-Range Strike Approach) di Francia, Germania, Italia e Polonia che dovrebbe portare alla produzione e al dispiegamento (in tempi e quantità non ancora specificate) di un nuovo sistema a lungo raggio.

La geopolitica

Al di là delle dichiarazioni, però, ci spiega lo storico Francesco Dall’Aglio, esperto di strategia militare in Ucraina, nelle dichiarazioni Nato va notato un senso politico, più che militare, in effetti: “Obbligare anche la futura amministrazione statunitense, di qualsiasi colore essa sia, a mantenere, e anzi ad aumentare, una presenza militare in Germania, per mettere a tacere le voci che vorrebbero la prossima amministrazione statunitense disposta al disimpegno dal teatro europeo per spostare la maggior parte dei propri asseti in altri teatri, quello del pacifico soprattutto“, dice Dall’Aglio. Il pensiero va, ovviamente, a un’eventuale vittoria di Donald Trump alle prossime presidenziali statunitensi.



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