Abbiamo sempre sottovalutato Jacob Elordi, finché non abbiamo visto La strada stretta verso il profondo Nord, dal 18 settembre su TimVision. L’attore ha girato, uno dietro l’altro, prima il dramma trendy e morboso Saltburn che lo ha reso l’equivalente di quello che negli anni ’80 veniva definito “sex symbol”, e poi questa miniserie australiana immersa in una violenza intollerabile e al contempo innegabilmente romantica e sensuale. In originale The Narrow Road to the Deep North, si ispira al romanzo omonimo edito da Bompiani di Richard Flanagan adattato per lo schermo da Shaun Grant e diretto da Justin Kurzel (The Order), al suo primissimo progetto televisivo. Kurzel approfondisce un episodio bellico poco trattato al cinema (precedenti sono Il ponte sul fiume Kwai e Le due vie del destino – The Railway Man), ovvero la costruzione della Ferrovia della Morte. Così fu soprannominato il progetto dell’Impero giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale volto a costruire una linea ferroviaria, nel bel mezzo della giungla, tra Thailandia e Birmania. L’opera costò la vita a migliaia di prigionieri di guerra, tra cui quasi tremila australiani.
Kurzel evoca questo evento storico ignominioso attraverso il personaggio fittizio di Dorrigo Evans (Elordi), un giovane medico australiano che si separa dall’amante Amy (Odessa Young), la moglie di suo zio, per una guerra che gli distruggerà l’anima. La prima linea temporale ricostruisce la sua relazione, nel 1940, con Amy; la seconda vede il protagonista, nel 1943, al comando di alcune centinaia di soldati torturati e sfruttati dai giapponesi in un campo di prigionia; infine, nel 1989, ritroviamo un Dorrigo settantenne (Ciarán Hinds) rinomato chirurgo ed eroe di guerra tormentato e intrappolato in un matrimonio infelice. Kurzel mostra cose, aspetti della guerra, che non dovremmo mai vedere, che non dovrebbero esistere. Ha una ferma fiducia nella sua capacità di raccontare la storia al ritmo che ritiene opportuno, ovvero racchiudendo la narrazione in cinque episodi che condensano un orrore assoluto e tanto stremante che è necessaria una lunga pausa tra una puntata e l’altra. Kurzel indugia su scene di violenza inaudita, necessarie nella loro crudeltà, fermandosi sempre prima di mostrare troppo. Sa quando tirarsi indietro.



