Modesta non è un’eroina, al contrario, è un’antieroina che persevera nei suoi errori e – per fortuna – non si redime mai. Finalmente l’Italia può vantare un’epoea incentrata su una ragazza selvaggia decisa a esplorare liberamente il suo piacere e assecondare i suoi desideri più oscuri: Modesta non è il santino edificante di se stessa come la società vorrebbe che fosse, è una creatura animale che desidera, seduce, gode, brucia, sospira, aggredisce, uccide, sfrutta, cade, manipola, fugge, ambisce, scala la società, e dal nulla crea il suo impero. È anche una ragazza che ha subito il più atroce degli abusi da bambina, e poi una donna capace di vedere il bello in quello che la società bolla come “mostro”. Una ragazza che sceglie di studiare per elevarsi, anche a livello di classe sociale.
Paolo Ciriello
La giovane Tecla Insolia la interpreta in un crescendo di sensoriale coinvolgimento che stordisce e seduce. Nei panni complessi di Modesta sa essere dolce e sensuale, pia e diabolica, pianificatrice e istintiva. Un personaggio irresistibile, consegnatole da una (grande) attrice capace di dirigerla in tutto e per tutto. Valeria Golino non edulcora e non si ritrae di fronte a nulla: incesto, violenze, matricidi, profanazioni, il politicamente corretto è decisamente altrove.
Nei sei episodi la narrazione di un’anima indomabile e inaddomesticabile – dagli adulti, dagli uomini, dalla chiesa, dalle principesse, persino dalla malattia – si fa sempre più incandescente. Arrivati alla fine del sesto episodio ci si ferma, come a prendere fiato, in attesa di averne ancora. Per fortuna la serie riguarda solo la prima delle quattro parti di L’arte della gioia, la speranza è di vederne presto una seconda, inguaribile, stagione.