Seleziona una pagina
lunedì, Giu 08

L’articolo con cui Tom Wolfe ha inventato i “radical chic” ha 50 anni



Da Wired.it :

Lo scrittore coniò il modo di dire dopo una facoltosa festa di raccolta fondi per le Black Panthers a casa di Leonard Bernstein. Storia di un’espressione entrata nel vocabolario comune, con un significato stravolto rispetto all’originale

(foto: Jack Robinson/Hulton Archive/Getty Images)

Tre donne dell’alta borghesia con capelli perfettamente in piega in abito da sera, con il pugno sinistro ben alzato in primo piano. È la foto di copertina del numero del New York magazine uscito l’8 giugno 1970. All’interno c’era un lungo articolo di 29 pagine, firmato da Tom Wolfe in cui lo scrittore firmava una corrispondenza di una serata di festa nella casa di Manhattan dello stimato e influente compositore Leonard Bernstein.

Non si tratta di un articolo rimasto senza eco nella cultura, e persino nella politica occidentali: Wolfe – per descrivere la crème dell’alta società newyorkese che si era ritrovata in un facoltoso palazzo di Park Avenue per raccogliere fondi in favore del gruppo rivoluzionario delle Pantere Nere – coniò un’espressione nuova, definendo queste persone radical chic. A distanza di 50 anni esatti, il significato di questo modo di dire si è annacquato nel dibattito pubblico, soprattutto quello italiano, dove ormai da decenni viene utilizzato come offesa e in tono dispregiativo per indicare una presunta incoerenza tra chi avrebbe redditi inadatti (secondo un luogo comune d’altri tempi) alla militanza, ma professa un qualunque tipo di idee di sinistra.

Il dettagliato reportage di Wolfe aveva però tutt’altro scopo: raccontare come i ricchi altoborghesi americani sfoggiassero, quasi come se si trattasse di un accessorio alla moda, le proprie idee radicali e la vicinanza a movimenti di estrema sinistra (come, appunto, quello delle Black Panthers). “Sfottevo questi super ricchi bianchi che celebravano un movimento che prometteva di farli fuori tutti, e la buona società di New York non mi perdonò mai di avere demolito la loro ipocrisia”, ha raccontato molti anni dopo Wolfe. Il suo articolo su quella sera che è diventato una pietra miliare del new journalism: un’altra espressione che dobbiamo allo scrittore, che indicava uno stile nuovo in cui giornalismo e narrativa si fondono per raccontare la cronaca.

La festa a casa dei Bernstein

Tutto è iniziato con una festa in un lussuoso attico di Park Avenue a New York, organizzata dalla moglie di Bernstein, Felicia. Wolfe, da imbucato eccellente al party, raccontò nel proprio articolo quanto aveva visto quella sera, in un luogo dove personalità del mondo dello spettacolo e della cultura – tra una tartina al Roquefort e un bicchiere di champagne – discutevano in modo a suo dire compiaciuto di razzismo e giustizia sociale. Tra invitati eccellenti, camerieri – rigorosamente bianchi, ma solo per non offendere i militanti neri presenti al ricevimento – e discorsi politici, Tom Wolfe descrive e definisce le caratteristiche di cosa significasse essere “radical chic”: una crasi tra la coscienza politica più progressista dell’aristocrazia americana e i movimenti rivoluzionari delle fasce più povere. Una commistione che Wolfe definì ipocrita, perché i due mondi non avevano alcuna possibilità di comunicare e di trovare punti di contatto. La serata, dopo la pubblicazione sul New York magazine, divenne un tema di dibattito pubblico: il New York Times scrisse che la festa aveva offeso chi (bianco o nero) lotta quotidianamente per l’uguaglianza e la giustizia sociale, e Felicia Bernstein fu costretta a difendersi pubblicamente.

L’espressione arrivò in due anni dopo, nel 1972, quando Indro Montanelli la utilizzò per rivolgersi in modo fortemente critico a Camilla Cederna che, all’epoca, per l’Espresso si occupava della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato dalla questura di Milano dove si trovava accusato dell’attentato di Piazza Fontana, nel 1969. Montanelli parlò di “magma radical chic”, stravolgendo il significato originario dato da Wolfe e fornendone un’accezione ulteriormente negativa: quella – che poi avrebbe avuto molta fortuna – della sinistra dei salotti, ovvero scollata dalla realtà. L’espressione, negli anni, è entrata a pieno titolo nel compendio di offese che alcuni esponenti di destra rivolgono indiscriminatamente a chi ha vedute progressiste: per essere un radical chic basta dire una qualsiasi cosa di sinistra, e anche se si fa fatica ad arrivare alla fine del mese la retorica contemporanea non ammette distinzioni. Cinquant’anni fa, però, era iniziata molto diversamente.

Potrebbe interessarti anche





[Fonte Wired.it]