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venerdì, Ott 30

L’assurda comunicazione politica sul coronavirus di Regione Lombardia



Da Wired.it :

Negli ultimi giorni è andata in scena un’imponente campagna di sensibilizzazione con manifesti, spot e post sui social network. Il suo tono volutamente scioccante è l’ultimo esempio di una strategia comunicativa che ha fatto danni

(foto: Regione Lombardia)

Lo scorso 25 ottobre la Regione Lombardia ha lanciato una nuova campagna di sensibilizzazione per il contenimento della pandemia di Covid-19 sul suo territorio, primo in Italia per numero di contagi e decessi. La nuova campagna in questione si chiama The Covid Dilemma e – durante la sua diffusione con affissioni, spot televisivi e condivisioni sul web – ha fatto molto discutere per il suo tono volutamente scioccante e contenuti giudicati troppo veementi o contraddittori.

Si legge sul sito della regione: “In un gioco di contrapposizioni tra alternative insostenibili, attraverso una serie di domande retoriche e senza tanti giri di parole”, i cittadini sono sottoposti “a un ‘finto dilemma’: seguire le regole anti-contagio, oppure pregiudicare la salute di tutta la comunità?”. Insomma, “gli scenari purtroppo sono due e opposti, ma una sola è la decisione sensata da prendere”.

Le domande retoriche che vengono rivolte ai lombardi dalla campagna sono cinque, intese a rappresentare “una sintesi dei vari dubbi e resistenze nell’adottare quotidianamente comportamenti corretti e adeguati al contenimento del virus”. Ossia: “Indossare la mascherina o indossare il respiratore?”, “Lavarsi spesso le mani o lavarsene le mani?”, “Essere negativi o negazionisti?”, “Fermare il virus o fermare il sistema sanitario?”, “Evitare i luoghi affollati o affollare le terapie intensive?”. Ad accompagnare questi interrogativi ci sono altrettante immagini che ritraggono come protagonisti “ragazzi, giovani adulti, uomini, donne, anziani – insomma, tutti – alle prese con il dilemma.

La comunicazione delle colpevolizzazioni

L’obiettivo dichiarato di The Covid Dilemma è quello di promuovere “la corretta diffusione di informazioni utili ai cittadini”. Tuttavia, i mezzi con cui cerca di raggiungerlo danno adito a dubbi sulla loro efficacia: far sentire colpevoli i cittadini davanti al rischio di contagio può incoraggiarli a imparare e seguire le regole? Nonostante in una nota del governatore Attilio Fontana su Ansa si legga che la campagna informativa intende usare dei “toni diretti ma non accusatori”, infatti, è innegabile il messaggio che viene indirizzato verso i cittadini lombardi carichi il singolo di aspettative formulate in modo terrorizzante

Una strategia comunicativa che, mentre proclama di voler tutelare il benessere collettivo, si rivela in questo senso estremamente disgregante. E che era stata impiegata dalla Regione Lombardia già durante la prima ondata di Covid-19 la scorsa primavera, quando è stata lanciata la campagna social #fermiamoloinsieme

(foto: Regione Lombardia)

Il coronavirus possiamo fermarlo insieme, sì, ma sei tu che “se ti vuoi bene, metti il virus alla porta, rimanendo a casa, lavandoti le mani “meglio del solito”, mettendo la mascherina. “Se vuoi bene ai nonni tienili a casa. Difendi chi è più fragile”, recitavano i post sui social network della campagna di sensibilizzazione dello scorso marzo, rimandando alla pagina del sito della Regione dedicata ai comportamenti da tenere e alle misure di contenimento adottate sul territorio. 

Tutti consigli di buonsenso e certamente utili, ma che sembrano scaricare la maggior parte della responsabilità della diffusione del Covid-19 sui singoli . “Sono giornate bellissime e i lombardi sono gente dinamica che ama socializzare”, disse all’epoca l’assessore al Welfare Giulio Gallera in un video-appello su YouTube, “ma in questo momento è necessario che tutti adottino stili di vita consapevoli” (era peraltro lo stesso Gallera a dichiarare, in un punto istituzionale sui contagi del 13 aprile scorso: “Ho sentito anche sui social la giusta rabbia di qualcuno che dice: a Milano c’è ancora troppa gente che si muove. Avete perfettamente ragione”).

In tutto questo, a complicare le cose c’è il fatto che in Lombardia la linea da tenere è ancora poco chiara, se non contraddittoria. Il presidente della Regione Fontana continua a dichiararsi contrario a un nuovo lockdown totale, sostenendo che “tutti gli interventi vanno nella direzione di evitarlo”. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala, al contrario, non esclude a priori la possibilità di prendersi “10-15 giorni per decidere un eventuale lockdown”, una misura caldeggiata da Walter Ricciardi, ordinario di igiene all’Università Cattolica e consigliere del ministro della Salute. Secondo quanto riferito da Ricciardi durante un’intervista a Radio Capital, infatti, “a Milano e Napoli è impensabile qualsiasi attività che prevede l’avvicinarsi di persone negli spazi chiusi”. 

Anche secondo Guido Bertolini, responsabile del Coordinamento Covid-19 per i pronto soccorso lombardi, attualmente “la situazione è drammatica”, ma a differenza di marzo  “non c’è comprensione di ciò che sta succedendo da parte della popolazione”. Come riporta Adnkronos, l’epidemiologo ha sottolineato che “la narrazione che stiamo facendo purtroppo non credo sia vera. Quello che non si riesce a comprendere è che lasciare aperto non significa che l’economia potrà correre, con una patologia di queste proporzioni in circolazione”.

Le conseguenze del coronavirus sicuramente riguardano tutti – come sostiene Regione Lombardia – ma la scelta” di fermare il contagio non dipende soltanto dai cittadini. Una comunicazione chiara, coerente e non frammentata da parte delle istituzioni potrebbe essere un primo passo fondamentale per una gestione consapevole e compartecipata dai singoli della crisi sanitaria ed economica.

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[Fonte Wired.it]