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martedì, Ott 06

Le 5 cose più memorabili di Jem (e le Holograms)



Da Wired.it :

Il cartone animato più kitsch di sempre compie oggi, 6 ottobre, 35 anni. È l’occasione giusta per rievocarne gli aspetti più assurdi ed eccessivi, nonché rappresentativi di un’era

Possibile che esistano cartoni occidentali degni di essere annoverati nell’olimpo delle più leggendarie serie animate, di solito appalto dell’impero del Sol Levante? Tra i memorabili del piccolo schermo, pochissimi sono americani (e quelli che lo sono nascevano come espedienti commerciali della Hasbro): Transformers, Avatar – La leggenda di Aang e… Jem. Incentrata su due girl band musicali rivali, debuttava negli Stati Uniti ben 35 anni fa, il 6 ottobre 1985, per approdare un paio di anni dopo anche in Italia nella striscia pomeridiana.

Era la cosa più kitsch mai apparsa nel mondo dell’animazione e la più vicina a una soap per bambini: Jem nascondeva una doppia personalità (era, in realtà, Jerrica, proprietaria di un studio discografico), come Creamy e le altre maghette giapponesi, viveva una sorta di ménage à trois tra lei, il suo alter ego e il fidanzato – lo stupidissimo Rio, clone di Sonny Crockett di Miami Vice – ed era oggetto delle più turpi macchinazioni dell’ex socio del padre e delle sue protette, le Misfits, decisi a tutto per portare alla rovina l’azienda avversaria. Forse, il soggetto non era dei più entusiasmanti, eppure Jem e le Holograms è memorabile per svariati motivi.

1. She’s Got The Look

La leader e cantante delle Holograms, Jem, la sorella minore Kimber (alle tastiere), la mulatta Shana (al basso) e la chitarrista di origini asiatiche Aja formavano questa band femminile multietnica da k-pop occidentale che farebbe la gioia dei piani alti della Disney (è disposizione inderogabile della major che ogni serie prodotta abbia tra i protagonisti un’equa rappresentanza delle minoranze). Ognuna sfoggiava look e stile personali tipicamente anni ’80, colori fluo, jeans a vita alta, ciuffi cotonati e così via, tutti sapientemente in pendant con l’incarnato e il colore di capelli del personaggio.

Gli outfit fantasiosi della band, sia sul palco sia fuori e sia nei videoclip alla Mtv inseriti nella narrazione, attivò il gene delle future fashioniste cresciute in quel periodo, formando un’intera generazione di aspiranti stiliste come effetto collaterale di un’operazione di merchandising, che mirava a trasformare quel trucco e parrucco in costumi per una (auspicabilmente) lucrosa linea di bambole Barbie.

2. Meglio le Misfits?

Il trio rivale delle Holograms, le Misfts, era formato da tre emule dei Kiss dai nomi d’arte ancora più improbabili rispetto a quelli delle loro controparti “buone”: Pizzazz era solista e chitarrista, Roxy la bassista e Stormer la tastierista di questa band decisamente più rock e cazzuta di quella formata da Jerrica e delle sue amiche. Pizzazz era una sorta di Gene Simmons in gonnella, e assieme alle sue accolite copriva il ruolo di sleali e meschine avversarie.

Il loro ruolo si rifletteva anche nello stile: il trio vestiva look più aggressivi, adottava tonalità più scure prediligendo il color block ai match pastello delle Holograms. Erano concepite, fin dal nome della band, Misfits, che significa Le disadattate – per incarnare il modello da non imitare. Eppure, a una piccola parte di noi piacevano, molto di più delle zuccherose protagoniste: queste erano bad girls ribelli, anticonformiste e politicamente scorrette.

3. C’era anche Energy

In originale, Synergy è l’intelligenza artificiale che anima il super computer responsabile del successo delle Holograms. Le trasformazioni di Jerrica & co. nei membri della band evocano quelle magiche delle maghette nipponiche ma, al posto dell’elemento fantasy, gli americani optarono per uno fantascientifico: i costumi, le scenografie e il resto della monumentale sovrastruttura che supporta le spettacolari esibizioni di Jem sono proiezioni virtuali: sono, letteralmente, “ologrammi”. È innegabile che ci fosse della follia nella mente dei creatori di questo show, come dimostra questo espediente narrativo assurdo, sebbene resti pretestuoso e inverosimile (lo era anche per i giovanissimi spettatori di allora…) il motivo per cui Jem e le altre dovessero agire sotto copertura al pari di spie sovietiche, come fosse possibile che nessuno le riconoscesse – specialmente il fidanzato Rio – e come la prossimità al palco dei fan non rivelasse loro la natura virtuale delle proiezioni di Energy.

4. Gli episodi più assurdi

Tornando alle menti degli sceneggiatori di questo cartone, i loro espedienti narrativi più bizzarri si sviluppavano con scriteriata audacia nelle trame dei singoli episodi.

Nelle tre stagioni prodotte spiccano puntate surreali che ancora oggi ricordiamo basiti, come quella in cui le Misfits gettano Kimber in un vulcano oppure Energy si rivela una macchina del tempo, o, ancora, Pizzazz svela di essere una campionessa olimpionica e Jem una provetta pilota di auto da corsa. Per non parlare della volta in cui le Holograms si imbattono in uno yeti e Roxy vince la lotteria dopo la rivelazione che è analfabeta (!!!). Last but not least, l’episodio nel quale Jerrica manifesta una frattura della personalità ed emerge un terzo alter ego (quella di Jamie). In ogni caso, complimenti per l’estro.

5. L’essenza di un’era

L’animazione nipponica non avrebbe potuto essere rappresentativa per noi occidentali di quel decennio patinato e delirante che furono gli anni ’80 quanto la statunitense Jem e le Holograms. Il motivo è, naturalmente, culturale: siamo cresciuti in balia di un’estetica imposta da film e altri prodotti della popculture importati per lo più dai paesi anglofoni. Prima dell’avvento di internet erano i magazine, le pellicole cinematografiche e le serie a illustrare mode e tendenze: non era solo una questione di adottare la pettinatura giusta, azzeccare lo spessore delle sopracciglia e imbottire adeguatamente le spallotte delle giacche a doppio petto, quello che contava era la sintonia con un’epoca. Anche se il pubblico di Jem e le Holograms era giovanissimo, faceva parte di una generazione precoce che tra la fine delle elementari e le medie desiderava sperimentare l’ebbrezza di accantonare il Gira la moda per incarnare nella quotidianità l’essenza di un’era.

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[Fonte Wired.it]