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sabato, Giu 13

Le catene di Sant’Antonio: come sono nate e come sono arrivate in Italia



Da Wired.it :

L’evoluzione delle catene di Sant’Antonio attraverso i secoli riguarda anche il nostro paese. Ma il santo di oggi c’entra ben poco

Tutti sappiamo cosa sono le catene di Sant’Antonio. Di più: lo sappiamo per esperienza diretta. E forse ci siamo cascati più volte di quanto ci piaccia ammettere. Nell’attuale pandemia, WhatsApp ha addirittura limitato l’inoltro dei messaggi per combatterle, una soluzione di emergenza già sperimentata in India due anni fa, in un altro contesto.

catene di Sant'Antonio
Scritta a pc, stampata, fotocopiata, poi fotografata e messa su Whatsapp. Questa catena di Sant’Antonio circola forse da decenni, ed è stata avvistata solo un mese fa…

 

L’infettivologo Massimo Galli invece le ha recentemente nominate per spiegare come la malattia continua a propagarsi: “Il virus per poter sopravvivere ha bisogno di un ospite, quindi la circolazione è mantenuta da una catena di Sant’Antonio tra ospiti, finché non esplode”

Al di là del debunking delle singole catene, viene da chiedersi come sia nato ed evoluto questo particolare genere letterario minore, conosciuto in tutto il mondo. Eppure è solo di recente che gli specialisti hanno scoperto quando sono arrivate in Italia e come si sono evolute nel nostro Paese. E no, Sant’Antonio non c’entra un granché…

Lettere dal cielo

Le catene di Sant’Antonio non sono nate dal nulla. Prima ci sono state le lettere dal cielo. Erano lettere molto elaborate, piccole opere d’arte calligrafiche, cui si attribuiva un’origine divina. Diffuse nella cristianità, raccontavano infatti che fosse stato Dio, Gesù o un Santo a scriverle, di suo pugno. Contenevano preghiere e rivelazioni divine, che avrebbero protetto chi le possedeva, e che quindi conservava la lettera.

Catene di Sant'Antonio

Per la maggior parte degli studiosi le catene di Sant’Antonio si sono evolute da qui. La transizione è avvenuta tra il XIX e il XX secolo. Le prime catene, infatti, sono a sfondo religioso e contengono una preghiera. Rispetto alle lettere dal cielo, però, si perderà l’attribuzione divina (ma si comincerà a fare appello ad altri tipi di autorità). I testi diventeranno anche più brevi e semplici, perché il valore non sta nell’oggetto fisico da conservare, ma nel contenuto da copiare e trasmettere. Questo deve avvenire velocemente, e un certo numero di volte perché la preghiera abbia effetto e non capiti qualcosa di spiacevole a chi la ignora.

Le catene in Italia

Lo studio più recente sulle catene di Sant’Antonio è stato pubblicato l’anno scorso sulla rivista Quaderni di semanticaFloriana Giuganino e Giuseppe Stilo (Cicap – Ceravolc) descrivono in particolare la situazione italiana, a partire dalla più vecchia catena a oggi documentata. Il 9 gennaio del 1849 la Gazzetta del popolo (Torino) si lanciava in un piccato debunking di una catena da inviare a 9 persone.

catene di sant'antonio

Probabilmente la lettera è stata tradotta dal francese, e il teso periodo storico (Prima guerra di indipendenza) secondo gli autori ha contribuito alla sua rapida diffusione. Forse questo spiega anche i toni sopra le righe del redattore: non c’era bisogno di altri annunci di sciagure.

Il boom delle catene di Sant’Antonio in ma anche nel mondo, arrivò però nel 1905. Anche in questo caso, non avendo gli originali, lo sappiamo soprattutto dagli articoli indignati apparsi sulla pubblicistica. Allora come ora, le catene tendevano a tornare. La preghiera del 1848, per esempio, riapparirà con una mutazione fondamentale: la minaccia per chi rompe la catena, con tanto di elenco di improbabili testimonials.

I fanti e i santi

Definitosi il nuovo genere letterario, si cominciò a declinarlo. E anche la critica si dovette adeguare. Durante la Prima guerra mondiale, per esempio, ci furono altre epidemie di catene. Molte spingevano a partecipare al rito per far finire della guerra. Una di queste aveva tra i testimonial nientemeno che l’arciduca Francesco Ferdinando: si diceva fosse morto poco dopo aver interrotto la catena. Insomma, queste missive avevano addirittura il potere di scatenare una guerra mondiale…

Le catene pacifiste attirarono l’attenzione dei giornali che all’epoca spingevano il nazionalismo. Alcuni insinuarono che fossero propaganda nemica, una manovra di guerra psicologica per indebolire gli sforzi italiani. Sappiamo però da un dossier dell’Oss (Office of Strategic Services) del 1943 che nella Seconda guerra mondiale qualcuno propose qualcosa di simile. Per preparare il terreno agli alleati in Sud un’ipotesi era quella di diffondere catene di Sant’Antonio facendo leva sulle superstizioni. Non sappiamo se sia successo o meno.

Tra le due guerre mondiali si affermeranno anche catene non esplicitamente religiose, cioè le lettere della buona fortuna. Non ci sono preghiere da inoltrare o protezioni divine da invocare: semplicemente continuare favorisce la buona sorte, interromperla porta guai. La parentela con le catene di preghiera è evidente, almeno all’inizio, da un altro dettaglio. Le copie spesso rimangono 9, un numero molto gettonato assieme al 13. È probabile che derivi dalla novena, cioè la recitazione di una preghiera per nove giorni consecutivi. La secolarizzazione delle catene sarà anche accompagnata da innovazioni tecnologiche (es. fotocopiatrici) e il numero di copie tenderà quindi, in generale, ad aumentare.

E Sant’Antonio? Il primo riferimento trovato dagli autori è del 1928, nell’ennesimo articolo indignato per le catene sul Corriere. L’associazione con le lettere a catena, che da noi diventerà antonomastica, sembra quindi piuttosto tarda rispetto alla loro diffusione. Forse il Santo, molto noto, a un certo punto è stato invocato in una catena diventata molto famosa; nel tempo catene di Sant’Antonio ha cominciato a indicare l’intera categoria.

Le catene di Sant’Antonio oggi

Qualunque fosse la loro forma, le catene di Sant’Antonio sono state da sempre derise e osteggiate da tutti. Per le autorità ecclesiastiche erano pericolose superstizioni in abito religioso. I giornalisti, quando non ci vedevano dietro complotti anti-patriottici, spesso tiravano in ballo una generale decadenza dei costumi (magari sull’onda di mode forestiere) che aveva istupidito la gente (soprattutto donne). Apparentemente questi sforzi non hanno avuto molto successo: le catene hanno continuato a evolversi e a diffondersi.

Se le catene di Sant’Antonio sono più attuali che mai, c’è però da chiedersi quanto siano diverse da quelle descritte finora. Gli autori notano che quelle dei tempi d’oro chiedevano un certo sforzo a chi le riceveva. Fare velocemente a mano nove copie di un testo, per quanto breve, e trasmetterlo via posta, richiedeva tempo, fatica, e a volte anche un piccolo investimento in denaro. Anche con la macchina da scrivere c’era un certo impegno. Ma le fotocopiatrici prima, e internet poi, hanno praticamente azzerato questa parte rituale. Sul piano dei contenuti, anche l’elemento della minaccia e dei testimonial (sia per le fortune che per le sciagure) pare indebolito.

Ma, concludono gli autori: “Al contempo, grazie ai social network prima e alle migliori prestazioni dei servizi di messaggeria (WhatsApp, Telegram, Instagram…) la vita in nuove forme di questo genere letterario minore è probabilmente destinata a proseguire a lungo e di conseguenza a destare ancora la nostra attenzione di osservatori del leggendario contemporaneo”.

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[Fonte Wired.it]