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martedì, Nov 17

Le code per le sneakers Lidl dimostrano che non abbiamo imparato nulla



Da Wired.it :

Compriamo in modo acritico o per rivendere senza soffermarci su idee quali riciclo, qualità o sostenibilità. Alla fine, queste scarpe, acquistate dai fashion victim, non potranno che essere rivendute a prezzi più alti ad altri fashion victim

La notizia gira già da quest’estate specialmente tra gli appassionati di sportswear e fashion. Negli scorsi mesi in alcuni paesi europei come UK, Belgio, Germania, Finlandia e Paesi Bassi, la catena tedesca di hard discount Lidl ha iniziato a vendere nei propri punti vendita delle sneakers con il proprio marchio che sono andate rapidamente a ruba e diventati di culto assoluto nel mondo dei fashion victim e nel sottoinsieme degli sneakers addicted. Perché?
Per una serie di motivi.
Il primo è per l’aspetto – colori sgargianti che ricalcano le sneaker oggetto delle fortunate co-lab degli stilisti di streetswear con le griffe di alta moda, quelle un po’ grosse e chunky chiamate nel settore “Daddy Shoes” perché simili alle vecchie New Balance dei babbi americani. Poi per il prezzo di vendita decisamente basso (€12,99) e infine per la logica della limited edition che ha generato la rivendita su ebay a prezzi maggiorati (il cosiddetto resell, che è arrivato fino a 1000 euro per un paio).
Ieri queste sneakers sono giunte anche negli scaffali dei punti vendita Lidl italiani (aperti anche nelle “regioni rosse”) lanciate dal mitico volantino tra il provolone dolce con origano, il compressore portatile e il pigiamino di Harry Potter. In tutte i supermercati si sono create delle lunghe code di ragazzini, che non sono certo il target ideale di Lidl e nella mattinata tutte le sneakers erano già sold out.

Per capire questo fenomeno va fatto un passo indietro.
Da qualche anno nel mondo della moda c’è uno strano e illogico rapporto tra “prodotti brutti” e brand fashion, iniziato più o meno quattro anni fa quando il designer Demna Gvasalia (direttore creativo di Balenciaga) creò una capsule collection di t-shirt marchiate Dhl (sì, il logo del corriere) vendendole a prezzi irragionevolmente alti (da 120 euro in su) esaurita in un paio di settimane. Sempre Balenciaga realizzò poi una borsa ispirata alla Frakta di Ikea (la nota shopping bag blu) a 1700 euro, anche questa andata esaurita.
Parallelamente le sneakers sono diventate il nuovo oggetto del desiderio non solo tra gli appassionati di articoli sportivi, ma proprio da tutto il sistema fashion. Quindi si sono susseguite le varie co-lab in edizione limitata tra brand del lusso e quelle di sneakers: come le Nike Air Jordan di Dior che hanno generato un mercato parallelo online con delle quotazioni fino a 25mila dollari per un paio, e poi Valentino e Onitsuka Tiger, le Yeezy di Kanye West prima per Adidas e poi per Nike (disegnate originariamente da Virgil Abloh, poi diventato direttore creativo Louis Vuitton Uomo), Prada e Adidas e molte altre. Tutte in edizione limitate, tutte ingiustificabilmente care, tutte rivendute su ebay e in altre piattaforme di ecommerce a prezzi stellari.

Questa di Lidl potrebbe sembrare una provocazione del tipo: noi realizziamo una scarpa che incrocia lo stile “brutto” che piace agli sneaker addicted – ma che è già in trend calante – lo facciamo con i nostri colori e mettendo il nostro marchio (quindi diventa una sorta di merchandising della catena) e te lo vendiamo allo stesso prezzo di produzione delle tanto blasonate sneaker di culto. E inoltre le produciamo in edizione limitata come fanno i brand del lusso, perché ancora nel 2020 la scarsità è simbolo di esclusività (del resto lo fa la stessa Lidl ogni lunedì con le motoseghe o i caricabatteria per auto venduti a prezzo bassissimo). I fashion victim sono così dentro questo meccanismo perverso che alla fine fanno resell anche su queste scarpe e vengono acquistati da altri addicted a prezzi assai maggiorati. Quindi dalla provocazione si passa in un attimo a una sorta di “apologia del resell” che di certo non fa bene al mercato, specie in questo momento in cui le scelte e le decisioni d’acquisto dovrebbero essere ancora più oculate.

Il valore intrinseco, la qualità, la sostenibilità, il riciclo, l’ economia circolare con cui si riempiono la bocca gli editorialisti della moda negli articoli e nei servizi tv non stanno di casa qui. Invece quello che emerge è una superficialità estrema di una nicchia che compra tutto ciò che ha l’apparenza del cool (in questo caso partendo dall’anticool per eccellenza, le scarpe di un hard discount tedesco), magari per alimentare un mercato parallelo che non porta valore aggiunto, se non a chi le rivende.
Ah, insieme alle sneakers ci sono anche le ciabatte e gli orrendi calzini bianchi di spugna marchiati Lidl. Tanto per non farci mancare niente.

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[Fonte Wired.it]