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Le Crociate, il significato che il film di Ridley Scott ha ancora oggi

da | Mag 2, 2025 | Tecnologia


Le Crociate di Ridley Scott ad oggi mi appare tranquillamente migliore anche de Il Gladiatore. Un’assurdità? Parliamone. Era il 2 maggio del 2005 quando il colossal del regista inglese, ambientato a fin XII secolo, veniva mostrato per la prima volta sul grande schermo. Dopo tanti anni, rimane inarrivabile per profondità, per complessità e per caratura estetica.

Non un film storico ma un film sulla Storia

Le Crociate nasce sulla spinta proprio de Il Gladiatore, che 5 anni prima aveva fruttato a Russell Crowe l’Oscar, e a Ridley Scott permesso di rinascere come regista, con un successo a dir poco incredibile. La trilogia de Il Signore degli anelli, titoli come Troy e Master and Commander, avevano ridato linfa al colossal storico, ma nessuno dei film di quel genere avrà la profondità, la perfezione, la capacità di essere così innovativo come questo viaggio nel medioevo. Avvalendosi di una sceneggiatura di grande spessore di William Monahan, Ridley Scott unisce come fa sempre fantasia e realtà storica. Personaggi veri e fittizi si alternano di fronte ai nostri occhi, mentre facciamo la conoscenza di Baliano (Orlando Bloom), maniscalco in preda allo sconforto per la perdita della moglie e del figlio, nella Francia nebbiosa e violenta dell’epoca. Scopre di essere figlio del Barone di Ibelin (Liam Neeson), uno degli uomini più vicini a Re Baldovino IV di Gerusalemme (Edward Norton).

Baliano sceglie di seguirlo in quella Terra Santa sull’orlo della riconquista guidata delle forze del Saladino (Ghassan Massoud). Sarà per lui l’inizio di una grandiosa e terribile avventura, lì nel “Regno dei Cieli”. In Le Crociate i seguaci del Cristo, Ridley Scott ce li mostra come erano: fanatici, sanguinari, ipocriti e vili. Almeno per ciò che riguarda la leadership, composta dal peggio della nobiltà transalpina, dal famigerato Guido di Lusignano (Marton Csokas), Rinaldo di Chatillon (Brendan Gleeson), dal Patriarca Eraclio (Jon Finch), dai Templari e gli altri ordini guerrieri. Solo Raimondo di Tripoli (Jeremy Irons) e pochi altri difendono la volontà di tolleranza di Re Baldovino. Tra i tanti film fatti da Scott, questo forse è il migliore nella sua esemplificazione di quanto si possa essere anche non sempre fedeli ai fatti storici tout court, a patto di esserlo allo spirito dei tempi, ad una visione, ad un’idea. Qui l’idea è quella di mostrarci cos’era la Terra Santa di quel XII secolo, quanto in realtà assomigli drammaticamente a quella del nostro tempo.

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Le Crociate è in tutto e per tutto un film sullo scontro-incontro tra civiltà e credo, a cavallo di quella battaglia di Hattin che segnerà la debacle definitiva del regno cristiano in Terra Santa. Esce nel momento in cui il Medio Oriente è insanguinato da un’altra guerra, quella al Terrore di Bush e Blair, dalla rinnovata contrapposizione tra croce e mezzaluna in tutto il mondo. La ruota che gira appunto. L’11 settembre ha fatto risorgere in Occidente quel seme di fanatismo religioso, da cui nascerà la nuova destra politica e religiosa, ipocrita e filofascista. Le Crociate ci mostra dove e come è nato, lo fa però senza dimenticare di essere anche grande show in costume. Ha una magnificenza visiva incredibile, basata sulla fotografia di John Mathieson, i costumi di Janty Yates, gli incredibili effetti speciali. Scott poche volte si è mosso così bene a livello di regia. Sa destreggiarsi nei piccoli momenti intimi, umani, così come donarci momenti di epica e grandiosità assoluta.

Il tutto seguendo questo strano Cavaliere errante, che in virtù di una scrittura equilibratissima, accattivante, riesce a reggere persino il peso di un attore così povero di talento come Orlando Bloom, lì dove senza Russell Crowe, Il Gladiatore sarebbe caduto da tre quarti film in poi. Baliano di Ibelin è quasi uno spettatore, ciò che conta il contorno, il mondo che cambia, la Sibilla di una straordinaria Eva Green, semplicemente sfolgorante, spirito indocile, donna costretta a sacrificarsi alla ragion di Stato, a quel quel Guido di Lusignano che Csokas rende quasi un anticipatore del fascismo, con la sua vanagloria, mediocrità, eversione. Le Crociate nella mani di Scott, tra duelli, battaglie, dialoghi frizzanti, scenari magnifici, si connette a Nietzsche e alla sua visione: la storia è fatta dalle grandi personalità, nel bene e nel male, dalle loro scelte, le masse seguono un vessillo, un condottiero, un credo. Quanto Scott ci creda veramente e quanto usi tutto questo ancora oggi non è chiaro.

Gerusalemme e quella pace ancora oggi un miraggio

Le Crociate contrappone fede e religione in modo assoluto. La fede è un fatto intimo, privato, è la parola del Vangelo e di Cristo, è bontà e onestà, ricorda a Baliano l’Ospitalire (David Thelwis), assieme al suo alter ego, Imad ad-Din al-Isfahani (Alexander Siddig), forse il personaggio più affascinante del film per la sua essenza reale e assieme fantasiosa, quasi da romanzo di Italo Calvino. Poi c’è lui, anzi loro, ci sono Baldovino e il Saladino. Sono i due simboli del concetto di leadership illuminata, due grandissimi uomini costretti dal dovere, dall’onore, a combattersi, con la malinconica certezza che in quel momento, in quel luogo, Islam e cristianesimo non possono convivere. Edward Norton è sempre con quella maschera, la sua voce rende il Re lebbroso una creatura quasi da Sacre Scritture, egli è saggezza, compassione, è la manifestazione di Dio e del suo vero volto, quello che gli uomini mettono da parte da sempre. Il dialogo tra lui e Baliano è una lezione di moralità con pochi pari nel cinema



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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