Ogni anno alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia le fotocamere, tra cui Canon, non mancano mai. Il rito si ripete e cambiano solo gli interpreti che sfilano sul tappeto rosso davanti al Palazzo del Cinema, ma i fotografi restano. Li vedi schierati, a falange, se solo provi ad alzarti sulle punte dei piedi dal Lungomare Marconi o se sei tra i fortunati col biglietto per una delle “prime” che si susseguono a ciclo continuo, e sposti per un momento lo sguardo calamitato dagli attori e dai registi che posano. Un momento silenzioso come un grosso sciame in attesa e poi d’improvviso lesti a scatenarsi accompagnando gli scatti delle fotocamere con grida di richieste imperiose, quasi militaresche, tra flash sparati come da un festoso quanto rigoroso plotone.
A supportarli – con una presenza ormai ventennale – ci sono attori che non recitato: le fotocamere e, tra queste, Canon. O meglio, recitano da sempre, dietro le quinte, invisibili ma decisive. Perché senza le loro lenti, i sensori e quell’ossessione maniacale per la fedeltà cromatica, probabilmente molte delle immagini che più amiamo – dal documentario che ci ha fatto sudare freddo davanti a un arrampicatore in Free Solo, fino ai blockbuster da milioni di dollari – non esisterebbero così come le vediamo. Né potremmo commentare, in quella zona d’ombra tra l’ammirazione e il sadismo, gli outfit sfoggiati sul Red Carpet. Giuseppe D’Amelio, Imaging Technologies Country Director di Canon Italia, lo ripete con la calma di chi sa di avere un asso nella manica: “A Venezia, offriamo un’esperienza totale, un ecosistema integrato. La chiamiamo Total Imaging Experience”. E tutti i fotografi qui alla Mostra lo sanno. All’interno del Palazzo del Casinò al Lido, dove alla marziale facciata fa riscontro un interno sfavillante, c’è un corner dove angeli custodi con spirito wendersiano sono pronti in ogni momento a prendersi cura delle fotocamere, con consigli, piccole riparazioni e una stampante su cui fare sempre affidamento. “Se invece è qualcosa di più importante si può lasciare in assistenza la propria e prendere in prestito una nuova fotocamera. Può essere l’occasione giusta per provare uno dei nuovi prodotti approfittando anche di una consulenza tecnica per le configurazioni”.
Total Imaging Experience: più di un claim, quasi una filosofia
Il punto non è più infatti solo “girare un film” o “scattare una bella foto” ma attraversare un processo che va dalla cattura alla distribuzione con una fluidità chirurgica. Canon promette proprio questo a creativi, broadcaster, content, aziende e istituzioni desiderosi di trasformare la propria visione in realtà. Fotocamere, obiettivi, software, cloud, assistenza, tutto connesso e coerente, in modo che il direttore della fotografia o il professionista accreditato non debba mai chiedersi se un pixel ballerino rovinerà la magia. È l’idea della Total Imaging Experience: un ecosistema unico, fatto per chi racconta storie con le immagini.
E non è solo tecnologia. Canon investe anche sulla formazione. Al Politecnico di Torino, per esempio, alcuni studenti del corso di Ingegneria del Cinema e dei Media Digitali si sono ritrovati catapultati a Venezia, a girare contenuti proprio durante la mostra. In fondo, se c’è una frase che riassume la strategia di Canon, è questa: “Costruire ponti tra formazione e industria”.
Cinema EOS
Da quando è stata lanciata nel 2011 ai Paramount Studios di Hollywood, la gamma Cinema EOS è diventata un must per documentaristi, registi indipendenti e major. L’ultima arrivata, la EOS C400, registra in Raw 6K e promette immagini pulite anche in condizioni proibitive, grazie al Triplo ISO Base. Accanto, la più agile C80, compatta e versatile e l’autofocus Dual Pixel CMOS AF II: non un dettaglio, ma un’ossessione. Tutta questa potenza è stata racchiusa nelle fotocamere Canon in corpi leggeri, pensati per chi deve muoversi veloce.
Non solo cineprese: con il sistema mirrorless EOS R, Canon offre soluzioni a metà strada tra agilità e qualità cinematografica. Fotocamere come la R5II e la R6II arrivano fino all’8K, mentre la R3 sfoggia un sensore retroilluminato e un futuristico Eye Control AF: basta guardare un punto e la macchina lo mette a fuoco rilevando il movimento dell’occhio del fotografo.
La cultura dell’immagine, oggi e domani
Ma – dicevamo – non basta progettare strumenti: bisogna accompagnare chi li usa. È per questo che Canon, da più di vent’anni partner ufficiale della Mostra del Cinema di Venezia, continua a investire in formazione, programmi dedicati agli studenti e supporto ai giovani registi. Non è un vezzo filantropico, è strategia pura: un cineasta che impara a girare con un sistema Canon tenderà a portarselo dietro per tutta la carriera. La vera forza dell’azienda, oggi, è la capacità di leggere i tempi. Nel mondo dei contenuti audiovisivi – che siano cinema d’autore, spot pubblicitari o video per piattaforme streaming – la richiesta è sempre la stessa: qualità senza compromessi, velocità senza intoppi. E Canon, con il suo ecosistema, sembra essere uno tra i player in grado di rispondere a tutte e due.
Nel frattempo, sul tappeto rosso di Venezia, gli abiti brillano e le star sorridono ai fotografi. E una scintilla nasce dall’incontro tra chi guarda e crede d’essere al riparo dell’obiettivo e chi s’illude d’essere soltanto guardato. Mentre ci rilassiamo al Campari Lounge davanti a un cocktail Red Carpet con la sua bolla di schiuma che è quasi la metafora perfetta di questi giorni al Lido, Giuseppe D’Amelio già pensa alla prossima di edizione. “Oltre a questo corner dove abbiamo anche un piccolo studio attrezzato per interviste veloci, stiamo pensando di realizzare un vero e proprio spazio immersivo dove fare convergere competenze tecnologiche e artistiche – in collaborazione sempre con gli studenti del Politecnico di Torino – in modo da esplorare anche le possibilità offerte dalla fruizione delle immagini attraverso i visori”. Come sempre è dalla contaminazione tra i saperi che nascono idee e stimoli nuovi.





