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sabato, Giu 22

Le leggende metropolitane sulla musica


I concerti all’aperto della festa della musica ci accompagnano nella stagione estiva, cioè quella in cui le notizie scarseggiano e proliferano le leggende metropolitane. Ma anche la musica, naturalmente, ha le sue leggende metropolitane…

Festa della musica 2007, Place des Vosges, Parigi (THOMAS COEX/AFP/Getty Images)

Il 21 giugno, anche in Italia, si è celebrata la Festa della musica. Nata in Francia nel 1982 su iniziativa del Ministero della cultura, è diventata poi un evento internazionale sempre più partecipato. Lo scopo della giornata è affermare l’importanza della musica portando i musicisti, dilettanti o professionisti che siano, in qualunque spazio pubblico sia possibile. I concerti all’aperto della festa, che coincide col Solstizio, ci hanno accompagnato nella stagione estiva, cioè quella in cui le notizie scarseggiano e proliferano le leggende metropolitane.

Ma anche la musica, naturalmente, ha le sue leggende metropolitane. La sua importanza nella cultura umana è talmente grande che è impossibile parlarne senza risultare banali, ed è proprio per questo che i musicisti, gli strumenti, le canzoni sono così frequenti in queste “storie improbabili raccontate come vere”.

Le lamette della Juilliard

La Festa della musica sembra trasmettere un’idea gioiosa e spensierata della produzione e dell’ascolto musicale, ma ai musicisti si richiede impegno e dedizione. A volte un po’ troppa, almeno stando a una leggenda metropolitana sulla celeberrima Juilliard. La Juilliard School è l’esclusiva scuola di arti, musica e spettacolo di Manhattan che dal 1905 prepara generazioni di stelle. Un ambiente molto competitivo dove si aspira alla perfezione assoluta, costi quel che costi. Al punto che, si dice, gli allievi di pianoforte accettino di essere sottoposti a un sadico metodo di insegnamento: tra i tasti degli strumenti su cui si esercitano sono inserite delle lamette da barba come incentivo a non sbagliare.

In altre versioni, le lamette sono invece nascoste dagli studenti, una forma di sabotaggio ai danni dei rivali. L’utilizzo creativo delle lamette da barba è frequente nelle leggende metropolitane, e infatti non ci sono prove che sia mai successo qualcosa del genere, o che addirittura sia un’abitudine degli insegnanti o degli studenti. Ma è il tipo di leggenda che ci si aspetta di trovare in un luogo così: non è un caso che il nomignolo della scuola sia Jailyard. Le pressioni a cui sono sottoposti gli studenti in cerca della perfezione sono probabilmente più terrificanti di qualunque mutilazione.

I poteri dell’armonica a bicchieri

Non è uno strumento che si vede spesso in giro, ma l’armonica a bicchieri ha una storia interessante. Derivata dal cristallofono, ne è la sua versione meccanica. Invece di avere dei bicchieri appoggiati su piano, una serie di ciotole è montata su un asse orizzontale in rotazione. L’esecutore può quindi passare rapidamente da una ciotola all’altra, e quindi da un suono all’altro, semplicemente toccando il bordo col dito inumidito. Questo upgrade del cristallofono si deve niente meno che a Benjamin Franklin, che inventò l’armonica a bicchieri (o armonica di Franklin) nel 1761. La popolarità dello strumento fu immediata, ma anche di breve durata. Nell’Ottocento lo strumento era già stato quasi dimenticato, probabilmente perché soppiantato da altri gusti e strumenti. Ma ha fatto in tempo a generare una leggenda: si diceva che l’armonica a bicchieri facesse stare male le persone.

I nervi, specialmente delle donne, sarebbe stati troppo stimolati e anche molti medici sconsigliavano di esporsi al suono dello strumento. In alcuni casi, avrebbe addirittura spinto al suicidio. Al contrario Franz Mesmer, il medico famoso per le sue avversate teorie sul magnetismo animale, usava proprio l’armonica di Franklin con l’intento di guarire i malati. Ironia della sorte, Franklin è stato uno degli sbufalatori di Mesmer, nonché prolifico produttore di fake news

Gloomy Sunday, la canzone del suicidio

Non è sempre colpa dello strumento. Nelle leggende musicali a volte è la musica stessa ad avere un potere magico. È il caso della canzone ungherese Szomorú vasárnap, nota internazionalmente nella versione cantata da Billy Holiday, Gloomy Sunday. La canzone ungherese parla di pene d’amore, e si dice sia talmente triste da spingere le persone a suicidarsi, come ha intenzione di fare anche il suo protagonista. A causa di questo, si dice che sia stata vietata in radio più volte e in diversi paesi perché associata a una serie di suicidi. Ciliegina sulla torta, l’autore del brano Rezso Seress è effettivamente morto suicida, forse perché non aveva mai scritto un altro successo.

Il suicidio dell’autore è reale, mentre il resto è leggendario. La spiegazione più probabile è che negli anni Trenta la canzone si sia presa la colpa, via stampa, di un serie di suicidi riconducibili al difficile periodo (nazifascismo in Europa, Grande Depressione in Usa). Nonostante la diffusione della leggenda, l’unica censura accertata in radio è stata quella della Bbc, cominciata negli anni ’40 e rimasta in vigore fino al 2002. Il bando, però, almeno all’inizio doveva essere più legato alla guerra e all’esigenza di tenere alto il morale: obiettivamente, non è una canzone allegra. Gloomy Sunday rimarrà per sempre la principale canzone del suicidio (in Usa è nota come Hungarian suicide song), ma per fortuna la sua fama è immeritata quanto quella del Blue monday o del Natale.

Satanismo e backmasking

Si può inserire un messaggio in un brano musicale in modo che sia comprensibile solo se è suonato al contrario? Certamente sì: la tecnica di incisione si chiama backmasking ed è stata usata per la prima volta negli anni ’50 dall’avanguardia musique concrète. Ispirandosi a questa corrente, i Beatles negli anni ’60 cominciarono a loro volta a inserire messaggi, lanciando una moda. Ma tra inserire un messaggio in questo modo come forma artistica, di critica, o anche satirica, e dire che un certo musicista usa il backmasking per fare nuovi proseliti di Satana c’è molta differenza.

I Ned Flanders di tutto il mondo si misero alla ricerca di questi messaggi nascosti, rivestendo di significati occulti quello che trovavano o, molto più spesso, credevano di aver trovato. Infatti, ascoltando un brano al contrario, è possibile riconoscere parole familiari e addirittura frasi di senso compiuto per una sorta di pareidolia acustica, in assenza di qualunque backmasking.

Sulla nascita della leggenda si possono fare delle ipotesi. All’inizio del XX secolo l’occultista Aleister Crowley aveva invitato ad ascoltare dischi e a parlare al contrario, ma in ogni caso i musicisti da Mozart in poi sono sempre stati associati al demonio. A questo bisogna aggiungere la bufala dei messaggi subliminali, che si favoleggiano in grado di cambiare il comportamento, quando in realtà i loro effetti sono molto più modesti.

Paul è morto, Elvis è vivo

Nel backmasking si troverebbe uno dei tanti indizi rivelatori della più famosa leggenda musicale della storia: la morte di Paul McCartney nel 1966, sostituito da un sosia. Una possibilità è che la voce sia nata per scherzo, probabilmente nei college americani, per poi evolversi in una teoria del complotto conclamata che vanta(va) anche reali credenti e ricercatori di gloria: uno sviluppo che sarebbe diventato familiare. L’indizio nascosto col backmasking era “turn me on dead man”, all’interno di Revolution 9: anche in questo caso pareidolia uditiva. Nel 1969 la teoria era diventata virale, ma il debunking in copertina della rivista Life rimise tutti coi piedi per Terra, o quasi: i truther della morte di Paul sono ancora là fuori.

Dopo Paul è morto, la legenda musicale più conosciuta è probabilmente Elvis è vivo. In questo caso però, come raccontato su Wired, la teoria del complotto sconfina nella religione. Succede spesso che la morte di un personaggio famoso non sia accettata, e nel caso di Elvis sembrerebbe proprio che i fan lo abbiano fatto risorgere attraverso i presunti avvistamenti. La teoria che spiega perché avrebbe finto la morte, e i presunti indizi rivelatori, potrebbero essere considerati addirittura secondari. Elvis appare ai fan come un altro credente potrebbe vedere invece il volto di Gesù tra la folla, e chi ha dubbi o è offeso da questo paragone osservare potrebbe cambiare idea guardando come la casa del cantante, Graceland, si trasforma in meta di pellegrinaggio durante la Elvis week.

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