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sabato, Apr 11

Le leggende metropolitane sulla Pasqua



Da Wired.it :

Dall’origine del coniglietto pasquale all’albero delle oche, dal capibara che diventa pesce all’origine “teologica” della domesticazione dei conigli

cioccolato pasqua
(foto: Pixabay)

La Pasqua celebra la resurrezione di un leader religioso chiamato Gesù Cristo. Nonostante le buffe ricerche dei sindonologi, ossessionati da un falso di epoca medievale, credere a questo evento è una questione di sola fede. Ma ci sono altre storie improbabili raccontate come vere legate alla Pasqua: leggende metropolitane, a volte con un’origine molto datata.

Prendiamo il coniglio pasquale, che la prima ministra neozelandese Jacinda Ardern ha definito scherzosamente “lavoratore essenziale” durante l’emergenza coronavirus (assieme alla fatina dei denti).

Il coniglio trasformista

Una teoria molto popolare su questo animaletto folkloristico parte dalla linguistica. Il termine utilizzato per indicare la Pasqua in antico tedesco e poi in inglese, sarebbe derivato dal nome di una dea sassone: Ostara o Eostre, sulla base del fatto che il mese corrente si chiamava Eostremonat. Questa dea pagana, accompagnata da una lepre, sarebbe stata rimpiazzata dal cristianesimo, ma la traccia è rimasta, e dalla lepre ovviamente arriverà il coniglietto.

Il problema è che l’esistenza di questa dea ha un’unica fonte: Beda il Venerabile, che nell’ottavo secolo scrisse che il culto era stato appena dimenticato e sostituito. Ma possiamo fidarci di Beda? Non tutti gli studiosi sono convinti che qualche popolo tedesco o anglosassone abbia mai adorato questa divinità. Altri studiosi invece pensano che più recenti prove linguistiche e archeologiche dimostrino che Beda non si era semplicemente inventato una dea da una parola.

In ogni caso, Beda il venerabile non parlò mai di lepri: quella è (dichiaratamente) una speculazione successiva di Jacob Grimm che tentava appunto di spiegare la tradizione del coniglio pasquale (Osterhase) in Germania. Altri arrivarono addirittura a dire che Ostara aveva un uccello che si trasformava in lepre, per spiegare la presenza delle uova.

Tutto quello che si può dire ora sull’origine è che le lepri, e per estensione i conigli, sono in molte culture simboli di fertilità, e lo stesso vale per le uova. La tradizione del coniglio pasquale che porta uova colorate da far trovare ai bambini è tedesca, e compare già in fonti del ‘500. Poi è stata esportata, e in America è arrivata grazie a migranti tedeschi in Pennsylvania (come il famoso giorno della marmotta).

La Pasqua e Istar, o del confirmation bias

“Questa è Istar: si pronuncia Easter. La Pasqua era in origine la celebrazione della dea Istar” così comincia un meme che ha cominciato a circolare qualche anno fa, e che ritorna regolarmente.

Il meme è stato condiviso nel 2013 dalla Richard Dawkins Foundation for Reason and Science. Per chi non lo sapesse, Dawkins è un etologo e divulgatore scientifico da sempre ateo e anticlericale. Il meme era ottimo per tirare una stilettata al cristianesimo, ma di certo non poteva essere un buon esempio del senso critico predicato dall’associazione.

Per esempio: non è certo che la statua nella foto rappresenti Ishtar. La celebrazione della Pasqua ebraica (Pesach) e cristiana, non ha mai avuto nulla a che vedere con questa dea, e non c’è nessuna parentela etimologica (non si pronuncia nemmeno Easter). Uova e conigli non sono i suoi simboli. Come ha spiegato in dettaglio lo studioso Spencer Alexander McDaniel sul suo blog: “Ogni singola affermazione [del meme] è falsa o ultrasemplificata”

L’albero delle oche

In alcune zone dell’Europa, dal medioevo alla fine dell’800, si poteva decidere di mangiare carne di oca durante il digiuno quaresimale senza sentirsi peccatori. L’oca facciabianca (Branta leucopsis), era infatti considerata il frutto di un albero, non un animale. L’uccello è un migratore che si riproduce molto a nord e in un luoghi impervi, ma nel medioevo non si sapeva cos’era la migrazione degli uccelli. Quindi si vedevano le oche che a un certo punto apparivano, ma stranamente non si trovavano né uova né pulcini.

Allo stesso tempo sulle spiagge si trovava a volte del legno ricoperto da un tipo particolare di cirripedi, dei crostacei filtratori che vivono ancorati dove capita. L’aspetto di questi animali ricordava nel colore e nella forma le oche. Si concluse che esistevano da qualche parte degli alberi da cui nascevano oche adulte perfettamente formate. Uno dei corollari era ovviamente che le oche non potevano essere considerate carne, ed erano quindi ammesse durante il digiuno che precede la Pasqua.

La teologia non era però molto convinta della validità del ragionamento, almeno per quanto riguarda la parte del digiuno: Papa Innocenzo III nel 1215 emise una bolla contro questa pratica. Non si trova invece la bolla papale che avrebbe trasformato il capibara (una specie di grossa nutria) in un pesce, e quindi un piatto ammesso anche di magro in America latina. Nonostante questa storia sia spesso ricordata nella stampa, sia popolare che scientifica, non risultano fonti storiche che la provino. Di certo è vero che la teologia morale non sempre coincide con la zoologia, e alcuni autori consideravano accettabile mangiare mammiferi acquatici come lontre e castori

Gregorio I e la domesticazione dei conigli

Rimaniamo sui Papi, ma torniamo a parlare di conigli: com’è iniziata la loro domesticazione? Molte fonti, anche generalmente attendibili, parlano di un editto di Papa Gregorio I: nel 600 autorizzò il consumo di laurices in Quaresima. I laurices altro non sono che neonati di coniglio, un piatto che nell’antichità era una prelibatezza (con buona pace di chi oggi stigmatizza il cibo cinese, vero e presunto). L’autorizzazione del papa avrebbe stimolato la domesticazione, trasformandolo il mordace e agile coniglio selvatico nel mansueto e pingue coniglio da allevamento. Una bellissima storia, ma che non concorda né con l’archeologia, né con la genetica: la domesticazione è stata un continuum, non un evento. E alla fine, non concorda neanche con la Storia: non c’è traccia dell’autorizzazione di Gregorio I, è un’altra leggenda metropolitana accademica.

La rivelazione è arrivata solo nel 2018, grazie a un gruppo di bio-archeologi che ha voluto andare a vedere le fonti. Si è scoperto che molti decenni prima due autori avevano equivocato una testimonianza di  San Gregorio di Tours. Per cominciare, non era un Papa, e raccontava di un uomo che si era ammalato mentre minacciava di saccheggiare la città di Tours. Quest’uomo aveva mangiato laurices durante la Quaresima, un peccato che secondo il Santo lo condannerà a morte. In qualche modo i due accademici sono riusciti a far diventare Papa il Santo, e a mettergli in bocca più o meno il contrario di quanto aveva detto. Creata la leggenda, gli altri non hanno dovuto fare altro che copiarla e citare la fonte.

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[Fonte Wired.it]