La serie in cui le grandi famiglie si scannano per il trono ti manca? Qui ti spieghiamo come nasce uno degli aspetti più complessi della saga: le lingue immaginarie parlate da Daenerys & co.
Il finale di Game of Thrones non ha convinto tutti ma una certezza c’è: le serie tv non saranno più uguali a prima, dopo lo straordinario successo della produzione Hbo firmata da David Benioff e D.B. Weiss in onda per otto stagioni (del perché avevamo scritto qui).
A rendere ancora più cult l’universo di potere, violenza, intrighi e amori della serie ci sono anche le lingue: c’è gente al mondo che (davvero) studia il dothraki, il linguaggio parlato dall’omonimo popolo nomade della saga (e pazienza se non serve a nulla).
In questo video David J. Peterson, inventore dei linguaggi di Game of Thrones, spiega come nascono i due idiomi più celebri, il dothraki – appunto – e l’high valerian. È tutto decisamente complesso e sono decine e decine le scelte da operare.
Bisogna, a monte, stabilire infatti a chi è destinato il linguaggio e in che forma (scritto, parlato, segni). Sarà, se parlata, eventualmente una lingua tonale? Che regole dovranno rispettare le sillabe? Il dothraki, ad esempio, è pieno di consonanti, conta 4000 parole, ma non è possibile che le parole finiscano con la w o con la q.
Peterson ammette che i verbi sono la parte più complessa e difficile da creare, ma sono fondamentali: costituiscono il motore dell’intera grammatica (nell’high valerian seguono il soggetto e l’oggetto, rispetto alla più consueta posizione mediana tra i due). Ma la sfida ultima è con i nomi delle cose: sul lessico puoi lavorare per tutta la vita, spiega il linguista, perché devi immaginare interi scenari e pensare cosa i personaggi vorranno comunicare in quel contesto.
Peterson regala anche un consiglio ai creatori di linguaggi: non studiate lingue troppo simili (italiano, spagnolo, francese) ma privilegiate un trittico come francese, giapponese e turco. Semplice, no?
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