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venerdì, Feb 07

Le motivazioni della sentenza del caso Cucchi



Da Wired :

Nelle 130 pagine di motivazioni, i giudici della corte d’Assise di Roma scrivono come il giovane fino alla sera dell’arresto fosse “in una condizione di sostanziale benessere” e quindi non sarebbe morto “se non avesse subito un evento traumatico”

(foto: Vincenzo Livieri – LaPresse)

Prima dell’arresto Stefano Cucchi stava bene, era cioè in una “condizione di sostanziale benessere”. La morte del giovane geometra romano sarebbe infatti avvenuta in seguito a un “evento traumatico” che si è svolto nella “sala adibita al fotosegnalamento nella caserma Casilina”. Qui è dove è stato pestato dai carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo. A scriverlo sono i giudici della corte d’Assise di Roma, nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 14 novembre hanno condannato gli stessi agenti a 12 anni per omicidio preterintenzionale. Con l’accusa di falso erano stati condannati il maresciallo Roberto Mandolini, a tre anni e otto mesi, e il carabiniere Francesco Tedesco, a due anni.

Il nesso causale

Ritornando alle motivazioni, per evento traumatico la corte indica una “azione lesiva inferta da taluno”, un’azione cioè che ha generato “molteplici e gravi lesioni, con l’instaurarsi di accertate patologie che hanno portato al suo ricovero e da lì a quel progressivo aggravarsi delle sue condizioni che lo hanno condotto alla morte”. Per i giudici si tratta di “una catena causale che parte da un’azione palesemente dolosa illecita che ha costituito la causa prima di un’evoluzione patologica alla fine letale”. Vengono infatti escluse tutte le tesi iniziali che vedevano come causa della morte di Cucchi la cosiddetta Sudep, ovvero una morte improvvisa per epilessia – di cui il giovane romano soffriva – da pazienti in buono stato di salute, anche per mancanza di evidenze cliniche.

Quanto accaduto rientra quindi nel quadro normativo in tema di nesso di casualità “tra condotta illecita ed evento” – scrivono i giudici – “e rende chiara la differenza tra la mera causalità biologica, secondo la quale nessuna delle singole lesioni subite da Cucchi sarebbe stata idonea a cagionare la morte, e la causalità giuridico penale, nel rispetto della quale il nesso di causalità sussiste se quelle lesioni, conseguenza di condotta delittuosa, siano state tali da innescare una serie di eventi terminati con la morte, così come si è verificato nel caso in esame”.

Illecita e ingiustificabile

Con questi due aggettivi viene definita la reazione dei due agenti che si sono macchiati di un’azione violenta “nel corso dello svolgimento del servizio d’istituto, per un verso facendo un uso distorto dei poteri di coercizione inerenti il loro servizio, per altro aspetto violando il dovere di tutelare l’incolumità fisica della persona sottoposta al loro controllo”. La corte specifica anche che il fatto è avvenuto di notte in un locale della caserma “ove nessuno estraneo poteva avvedersi di quanto stava accadendo”. Di fatto, qualcuno c’è stato ed è Francesco Tedesco – giudicato testimone “credibile” dalla corte – che nel 2018 ha dato una vera e propria svolta al caso raccontando al pm quanto avvenuto quella notte in caserma, ovvero il pestaggio subito da Cucchi da parte dei colleghi Di Berardo e D’Alessandro.

Quanto raccontato del militare sui fatti immediatamente successivi all’arresto di Cucchi è stato riscontrato da numerosi elementi. Per la corte d’assise, Tedesco infatti non solo è intervenuto per “cessare l’azione violenta”, impedendo ai colleghi di continuare il pestaggio, ma “ha spiegato in modo comprensibile e ragionevole il suo pregresso silenzio, sottolineando il muro che aveva avuto la certezza gli si fosse parato dinnanzi costituito dalle iniziative dei suoi superiori, dirette a non far emergere l’azione violenta perpetrata ai danni di Cucchi, e a non perseguire la volontà di verificare che cosa fosse realmente accaduto”.

La reazione di Ilaria

Leggo le 130 pagine delle motivazioni della sentenza per la morte di Stefano e ogni tanto devo smuovermi per capire che non sto sognando” scrive Ilaria Cucchi, la sorella del geometra, su Facebook. Sin dal primo momento in prima linea per cercare la verità ricorda, sempre nel post, gli “anni ed anni trascorsi nelle aule di tribunale a sentir dire da dei gran professoroni che mio fratello era morto di suo o comunque di qualcosa di bizzarro”. Anni ed anni – sottolinea – “a combattere contro l’ipocrisia e l’arroganza del potere. Non ero sola per fortuna, perché da sola non avrei potuto fare nulla. Ma proprio nulla”.

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[Fonte Wired.it]