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lunedì, Lug 01

Lego Hidden Side, come nasce il nuovo gioco in realtà aumentata


Debutterà ad agosto il set completo per acchiappare i fantasmi con un’app in realtà mista. Siamo andati a dargli un’occhiata nella fabbrica di Billund, dove tutto nacque nel 1932

Dei 70 miliardi di pezzi Lego fabbricati ogni 12 mesi, la metà viene venduta nelle otto settimane che precedono il Natale (nel 2018 i set più proficui sono stati quelli dedicati al Millenium Falcon e alla Bugatti Chiron, oltre al sempreverde Harry Potter). Tutto è possibile grazie al lavoro dei 17mila impiegati nei quattro stabilimenti in giro per il mondo (in Ungheria, Repubblica Ceca, Cina e Messico) e alla struttura famigliare rimasta qui, nel quartier generale di Billund, paesino danese di 6mila anime che nel 1932 fu testimone di una ristrutturazione aziendale entrata nella storia: complice la crisi del ’29, l’allora carpentiere Ole Kirk Kristiansen a quarant’anni suonati, 41 per l’esattezza, fu costretto a inventarsi qualcosa per continuare a campare.

Decise di interrompere – momentaneamente, pensava – la sua attività per mettersi a fabbricare giocattoli in legno.

Andò piuttosto bene, anche se la materia prima cominciò a diventare irreperibile e già alla fine degli anni ’40 la plastica sostituì alberi e derivati. Quando, nel ’63, Kristiansen adottò definitivamente l’acrilonitrile butadiene stirene, o Abs (un polimero termoplastico con cui oggi si fabbricano tubi, mazze da golf e carrozzerie delle auto), la sua Lego – dal danese “leg godt”, cioè “gioca bene” – era un’azienda solida. E proiettata verso destini stellari. La stessa azienda che, dal prossimo agosto, forte di un fatturato di 4,87 miliardi di euro l’anno gestito dal nipote del fondatore e dai suoi tre figli, si appresta a lanciare Lego Hidden Side, il passo più ampio del mattoncino nell’universo digitale.

Anzi nell’”universo fluido” come amano definirlo alla stessa Lego: otto set fisici (una scuola, un laboratorio, un cimitero, un ristorante, un’imbarcazione, uno scuolabus, un fuoristrada e un treno), con cui interagire anche attraverso un’apposita app di realtà mista. E sulla base di una narrazione tecnologicamente espansa inventata dal britannico Murrey Andrews, responsabile della parte sintetica, e da Luis Gomez, colombiano che si è occupato di quella fisica: “Il nostro obbiettivo – spiegano – è cercare un modo nuovo con cui far giocare i bambini. Sappiamo che le loro grandi passioni sono tre: i giochi digitali, le costruzioni e i misteri. E sappiamo anche che oggi, per un bambino, non c’è alcuna separazione fra questi ambiti. Per loro tutto è, indifferentemente, gioco. Abbiamo quindi lavorato due anni per assicurarci che il mondo fisico e quello digitale interagiscano in una nuova Lego experience, senza soluzione di continuità. Un gioco fluido, appunto. Vero, l’azienda ha già in produzione set che sfruttano la realtà aumentata, ma niente è come Hidden Side. Non volevamo creare un gioco per smartphone, ma offrire un’esperienza che, dal digitale, riconducesse costantemente alla fisicità delle costruzioni”.

Lego Hidden Side arriverà ad agosto nei negozi (foto: Lego Group)

Il risultato è la cittadina fittizia di Newbury, che due ragazzini – Jack e Parker – insieme con la professoressa Jb capiscono infestata dai fantasmi. Da lì allo scopo del gioco fra plastica e virtuale: individuare e acchiappare gli ectoplasmi. Per farlo occorre scaricare sullo smartphone l’app di Lego Hidden Side e scegliere quale dei due ragazzini interpretare. Quindi, inquadrato con lo schermo uno dei set, ecco svelarsi dettagli invisibili a occhio nudo, tra reliquie degli spettri e indizi per rintracciarli.

Al momento del lancio gli otto scenari di Hidden Side saranno abitati da una quarantina di spiriti virtuali e da 25 minifigure. Nel futuro non sono da escludere nuovi personaggi giocabili, compreso un fantasma, ed eventi ad hoc, come previsto per Halloween: “il nostro è un gioco di ruolo in una realtà mista” chiosano gli autori.

Non è un caso che Hidden Side recuperi le caratteristiche tipiche di certi mondi videoludici, compresi gli appuntamenti rituali di quelli che vengono definiti “game as a service”. Per Lego è, in fondo, un’evoluzione logica e costante, da quando, nel 1949, l’azienda introdusse i primi mattoncini – a onor del vero non inventati a Billund – fino al loro perfezionamento, nel ’58, con l’aggiunta, all’interno, degli ormai celebri cilindretti cavi in grado di assicurare una presa migliore e la modularità diventata celebre in tutto il mondo. Fino alle minifigure, nate appunto nel ’78, e ai primi set prodotti in partnership con Hollywood – quelli dedicati a Star Wars furono i primi, nel 1999  – e con istituzioni come la Nasa, collaborazioni capaci di salvare l’azienda dal fallimento non molti anni fa.

I primi mattoncini Lego, senza i caratteristici cilindri cavi all’interno (foto: Emilio Cozzi/Wired Italia)

Fra il 2003 e il 2004, infatti, Lego accumulò un passivo di 344 milioni di dollari e un calo delle vendite di oltre il 30%. Mille dipendenti vennero licenziati e la famiglia Kristiansen decise di ripianare i debiti con il patrimonio personale, oltre ad accettare un avvicendamento al vertice e sostituire Kjeld Kirk, terza generazione dei proprietari, con Jørgen Vig Knudstorp, ex McKinsey .

A quel punto, invece di rassegnarsi alla morte del giocattolo fisico per mano di internet, l’azienda ne risollevò le sorti attraverso un mix di produzioni cinematografiche, serie animate, videogame, utilizzo dei social e software assortiti. Spesso integrati e sempre in grado di infondere la voglia di mattoncino – “il nostro core business” disse Knudstorp – non solo fra i più giovani. Non è un caso oggi esista anche una definizione, “alof”, per gli adulti che non resistono al piacere dell’assemblaggio made in Denmark.

I set dedicati al Millenium Falcon e alla Bugatti Chiron, i due più proficui del 2018 (foto: Emilio Cozzi/Wired Italia)

Lo stesso percorso, fra fisico e digitale, celebrato anche da Lego Ideas, la piattaforma con cui è possibile proporre i propri set e vederli realizzati a seconda del loro gradimento online (arrivano da qui scatole celebri come quelle dedicate ai Ghostbusters o a Voltron).

È curioso, invece, che un’azienda così sensibile ai cambiamenti sia in ritardo in quanto ad attenzione per l’ambiente: la fabbrica di Billund, un capolavoro di interazione fra operatori in carne ed ossa e robot, comprende 12 aree e oltre 700 macchine per la modellatura. Ogni macchinario funziona senza interruzioni, 24 ore su 24 tutti i giorni, con rare eccezioni (Natale), e in un’ora vengono sfornati 4,9 milioni di elementi (più di 1300 al secondo), derivati dalle 100 tonnellate di plastica consegnate quotidianamente. L’azienda, che possiede diversi pannelli solari e parchi eolici e che dal 2017 risulta “CO2 neutral”, ha solo di recente promesso che sempre di più sfrutterà materiali a base vegetale.

Nel 2014 una campagna di Greenpeace criticò fortemente i rapporti fra la fabbrica danese e la Shell, ottenendone l’interruzione: “Già oggi – confermano al quartier generale – tutti gli elementi verdi, per esempio gli alberi, derivano dalla canna da zucchero ed entro il 2030 ogni pezzo sarà prodotto con materiale ecosostenibile. L’ambiente è importantissimo per noi, ma lo è anche non rinunciare alla qualità e alla funzionalità”. Anche con la sua forte componente digitale, Hidden Side proietterà Lego verso il futuro.

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