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lunedì, Feb 03

L’entusiasmo gonfiato di stampa e politica sull’isolamento “made in Italy” del coronavirus


Il ceppo isolato dallo Spallanzani viene salutato come una prova dell’eccellenza della sanità nazionale, vicina a salvare la Cina (e il mondo). Ma le cose stanno in modo diverso e il risultato dell’ospedale romano non segna un primato

Per qualche ora nel weekend è sembrato che l’Italia avesse dato uno svolta globale nella battaglia al coronavirus. È infatti iniziata a circolare la notizia che all’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani avevano isolato il virus responsabile delle infezioni, i primi a riuscire a farlo, con tutte le conseguenze positive in termini di cura che ne derivavano.
Ora le cure sono più facili”, ha twittato il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, elogiando il lavoro dei ricercatori e sottolineando la grandezza dell’Italia nel mondo. “Un passo per tutta la comunità scientifica che consentirà di accelerare la ricerca su questa malattia”, ha ribadito il Ministro della salute, Roberto Speranza. “Professionalità, dedizione e sacrificio che confermano la bravura dei nostri medici e che danno una speranza di guarigione a tanti malati”, ha dichiarato il leader leghista Matteo Salvini, mentre anche la collega sovranista Giorgia Meloni ha evidenziato che “siamo fieri che l’Italia abbia aperto la strada per trovare una cura”.

Da destra e da sinistra è stato insomma un coro unanime di approvazione per il grande lavoro dei ricercatori dello Spallanzani. Ma come spesso succede in questi casi, si è andati oltre. In primis, si è amplificata la portata dell’isolamento del coronavirus, attribuendogli conseguenze non veritiere. Il virus era già stato isolato dalla Cina il 10 gennaio scorso e anche Australia, Giappone, Usa e Francia avevano svolto un lavoro di questo tipo. Questo non significa che la scoperta italiana non sia importante, semmai il problema è la solita strumentalizzazione da parte di media e politica che ha portato a diffondere falsità per motivi elettorali o di clickbaiting su una svolta nelle cure che magari ci sarà, ma ancora non c’è stata. L’isolamento italiano del coronavirus consente a un nuovo team di ricercatori di poterlo studiare, di provare a capirlo. È un passo cioè fondamentale nella gestione dell’epidemia, ma tra questo e dichiarare la soluzione del problema ce ne passa.

Ma al di là di questo, la politica era talmente impegnata a salire sul carro dei vincitori per assumersi meriti che in realtà stanno solo nelle mani dei ricercatori, da dimenticarsi come la politica stessa abbia costituito fino a oggi un ostacolo al loro lavoro. Mentre i membri dell’attuale e del precedente governo esultavano per l’orgoglio italiano nel mondo, i medici dello Spallanzani rivelavano l’ipocrisia di quei tweet entusiasti. “Andiamo avanti grazie ai bandi europei. Ma con i nostri standard se fossimo in Germania avremmo risorse per 4 volte tanto”, ha denunciato il direttore dell’istituto, Giuseppe Ippolito. “I tre milioni e mezzo sono l’unico finanziamento di Stato che riceviamo. Se dipendesse da queste risorse non potremmo fare ricerca né scoperte”, ha aggiunto. “Combatto la nuova epidemia per 1.500 euro al mese”, ha rincarato la dose la ricercatrice Francesca Colavita, rivelando la precarietà contrattuale dei membri del team.

Ancora una volta, è emersa la cruda realtà. E cioè la briciole che la politica destina alla ricerca italiana, ma anche la velocità con cui essa passa dall’essere un peso in termini di budget quando c’è da stilare i bilanci, all’essere un vanto nazionale quando invece c’è da appropriarsi dei suoi risultati importanti, come nel caso del coronavirus. È proprio questo il fallimento della politica italiana. Il non potersi riconoscere nell’eccellenza della ricerca italiana, in primis perché la ostacola non destinandogli risorse adeguate e in secondo luogo perché nemmeno comprende la portata del suo lavoro, come dimostrano i tweet e le dichiarazioni in chiave Seo a proposito dell’isolamento del virus, una dimostrazione del fatto che i politici nostrani hanno capito poco o nulla di quanto successo.

Una politica che si vanta del suo team nazionale di ricercatori in ambito nazionale, quando a questo team concede meno finanziamenti rispetto ai restanti paesi europei, è una politica ipocrita. L’italia destina infatti solo l’1,3% del Pil al settore, contro una media comunitaria superiore al 2%. Se per i cittadini la notizia è allora giusto che rimanga l’isolamento del coronavirus e la grande capacità dei nostri medici, per i politici c’è dell’altro, e cioè il fatto che senza i contributi europei, tutto questo non sarebbe stato possibile. Piuttosto che continuare a chiudere i rubinetti alla ricerca, quando avvenuto allo Spallanzani deve allora diventare il pretesto per finanziare quel vanto italiano tanto esaltato su Twitter, ma dimenticato nelle leggi di bilancio.

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