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mercoledì, Nov 01

L’esplosione di una batteria LFP ha rialzato i livelli di guardia verso l’accumulo domestico

da Hardware Upgrade :

A Lauterbach, nella regione dell’Assia nella Germania centrale, tre settimane fa un impianto di accumulo domestico, composto da batterie LFP per un totale di 30 kWh, è esploso, sventrando l’edificio in cui era stato installato.

Il proprietario ed installatore dell’impianto (un tecnico elettronico specializzato in servizi energetici ed edili, con 20 anni di esperienza professionale), nell’intervista rilasciata a pv megazine, ha dichiarato che il sistema di accumulo era costituito da tre pacchi batteria della Shenzhen Basen Technology, acquistati in momenti diversi sull’e-commerce Alibaba. Due nel giugno 2022 e il terzo esattamente un anno più tardi.

Nello specifico, si tratta dei modelli “BR-48200B” e “MY-381”, ognuno da 10 kWh di capacità e chimica LFP, alloggiati in un cabinet da 19 pollici.

L’accumulo, come facile intuire, era stato installato in seguito alla realizzazione di un impianto fotovoltaico da 15,47 kW di potenza (che il proprietario era intenzionato ad ingrandire fino a 19,57 kW), regolato da due inverter: Multiplus II 5000 di Victron e Solax X1 4.2 .

Esplosione batteria accumulo Germania

Un impianto ben studiato, progettato e bilanciato, con tutte le accortezze necessarie a gestirlo in sicurezza; questi dati di fatto rendono ancora più difficile individuare con certezza la causa dell’esplosione, che probabilmente non verrà mai realmente trovata.

Da una parte il proprietario esclude categoricamente che l’incendio possa essere partito da una delle celle, e a sostegno di questa sua affermazione ha riferito che, secondo i dati registrati dall’app con cui monitorava l’accumulo, poco prima dell’incidente lo stato di carica (SOC) della batteria era del 90,2% e la tensione era di 52,41 V.

Dopo l’esplosione, il seminterrato – che oltre al sistema di stoccaggio ospitava anche la caldaia – era pieno di fumo bianco, ma (sempre secondo quanto affermato dal proprietario) il cabinet dove erano contenute le batterie non mostrava alcun segni di incendio, esattamente come gli inverter

Dall’altra, sia la polizia sia i tecnici dell’assicurazione non sono certi di quale possa effettivamente essere la causa dell’incendio (se la caldaia o un cortocircuito delle celle, al netto di quanto affermato dal proprietario) e sono impossibilitati ad effettuare indagini più approfondite perché, secondo quanto dichiarato dai vigili del fuoco che hanno domato le fiamme, l’edificio è inagibile e dovrà essere demolito.


Pv megazine ha quindi chiesto il parere tecnico di due scienziati, Egbert Figgemeier (responsabile dei processi di invecchiamento e previsione della durata delle batterie presso RWTH Aquisgrana) e Axel Durdel, ricercatore presso l’Università Tecnica di Monaco.

Dal momento che le indagini non si sono ancora concluse, gli accademici hanno deciso di non sbilanciarsi troppo, pur dando il loro parere.

Figgemeier ha affermato che è possibile che l’elettrolita nelle celle si sia rotto e che un cortocircuito interno abbia acceso i gas e che pertanto “una fonte di accensione esterna non sia stata necessaria”. Il fumo bianco potrebbe essere stato generato dalla decomposizione dell’elettrolita, e, tramite i gas tossici in esso contenuti, avrebbe innescato la fuga termica, portando le celle a bruciare e divenendo la causa scatenante dell’esplosione.

Il fatto che il proprietario non abbia trovato resti di combustione nei dintorni del cabinet non sarebbe motivo sufficiente per assolvere le celle quali responsabili dell’incendio (sempre secondo Figgemeier) perché molte delle loro componenti possono bruciare senza lasciare residui, quando vengono raggiunte alte temperature.

In merito a quest’ultima considerazione, Axel Durdel ha dichiarato che nello “scenario peggiore”, una batteria LFP potrebbe perdere idrogeno, anidride carbonica, monossido di carbonio, etene, metano e altri gas; fra questi, l’idrogeno ha “acceso” una discussione in merito al suo potenziale ruolo nell’esplosione.

Durdel è stato interrogato anche in merito ai test di sicurezza cui vengono sottoposte le batterie, al fine di risultare idonee alla vendita. L’accademico ha confermato che queste prove vengono eseguite quasi esclusivamente in ambienti dotati di adeguati sistemi di filtraggio e che pertanto, in linea di principio, è ipotizzabile che i gas fuoriusciti si siano accumulati nel seminterrato, non avendo una via di fuga.

Tuttavia, lo scienziato dell’Università Tecnica di Monaco non ha potuto dire se ciò fosse sufficiente per innescare l’autoaccensione.

In linea di principio, in sintesi, tutto è possibile, ma nei fatti non vi è modo né di confermare, né di escludere (oltre ogni ragionevole dubbio) un’ipotesi e il suo esatto contrario.

“Nel caso di batterie con una densità di energia inferiore o un basso stato di carica, è del tutto possibile che il gas non si accenda direttamente quando esce dalla batteria, ma che l’accensione avvenga attraverso fonti di accensione esterne”, ha aggiunto Durdel, sottolineando come, se ciò fosse avvenuto, ve ne sarebbe traccia sulle batterie.

Ma qui torniamo al punto di inizio della vicenda, ovvero all’impossibilità di proseguire le indagini.

Esplosione batteria accumulo Germania

Al momento l’unica strada percorribile è quella di tentare di recuperare quello che resta dell’accumulo una volta demolita la casa.

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