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venerdì, Apr 21

Levi’s, un’opera monumentale in denim illustra la più grande storia mai indossata | Wired Italia



Da Wired.it :

Una responsabilità non da poco per Berry che, di fatto, prende parte anche lui alla più grande storia mai indossata. Ma cosa rappresenta il brand per l’artista e come ha inciso nella sua vita? “Ho già lavorato con Levi’s. Dopo aver rifiutato altri brand di denim per quindici, sedici anni, ho deciso di lavorare con loro, non c’è nome più importante nel settore, è l’archetipo rispettato da brand e designer. E’ un privilegio, ho lavorato con questo materiale così a lungo da impararne la storia, tutti i dettagli, amo quello che rappresenta. Conosco la storia di Jacob Davis e della sua “invenzione” (l’applicazione dei rivetti per rendere i capi più resistenti, ndr) per Levi Strauss, senza non ci sarei io e il mio lavoro creativo. Non ci sarebbe Levi’s per come lo conosciamo oggi, non ci sarebbero tutte queste persone che indossano i jeans. Così è molto bello giocare una piccola parte nell’aiutare il mercato e nel raccontare una storia con questo grande materiale” spiega l’artista a Wired.

Nel corso del tempo, il baricentro “ontologico” del jeans si è spostato sempre più e da capo di lavoro, quindi più collettivo e omologante, ma anche più duro e meno piacevole da indossare, il jeans è assurto a capo individuale, utile per comunicare al mondo l’espressione di sé, proprio come dimostra la campagna di Levi’s. L’innovazione, anche in questo ambito, è stata decisiva, come riflette l’artista: “Le persone alla Levi’s, e specialmente qua in Italia, amano l’innovazione con la sostenibilità, un aspetto su cui la gente sta migliorando. Ma c’è ancora molta strada da fare, e anche se io sto riciclando dei jeans, non credo che sto cambiando il mondo. Ho preso migliaia di paia di jeans negli anni e li ho riciclati, tuttavia non mi considero sostenibile, credo che con le informazioni che abbiamo non facciamo abbastanza. I cambiamenti devono avvenire su scala più vasta, ecco perché Levi’s su questo sta usando la leva dell’innovazione, una miglior qualità nella produzione del cotone. Questo conta perché porta a un grandissimo cambiamento. Il consumo di massa di molti brand sta causando tantissimi problemi”.

Il modello 501 ha da tempo smesso di essere solo un capo di abbigliamento, è stabilmente parte dell’immaginario culturale di milioni di persone, proprio come succede a film, libri, quadri, “prodotti” culturali in grado vincere la sfida del tempo. Un oggetto senza tempo come il 501 può rappresentare un punto di riferimento anche per chi fa arte?  In questi tempi veloci, è ancora possibile creare un’opera che sia altrettanto capace di durare? “Il 501 è un classico del design, è nei musei, tante persone lo hanno usato come base per creare altro. Per creare qualcosa di così durevole, devi davvero emergere dalla media. Oggi diamo molte cose per assodate, ma è interessante vedere quanta tecnologia ci sia qua intorno. Come ci ha fatto capire il periodo del Covid, non possiamo dare niente per garantito. Ad esempio io adoro quanta tecnologia ci sia nei jeans, sin dai rivetti usati per renderli più resistenti. Al museo (del denim, ndr) c’era un paio di jeans di parecchi anni fa e la curatrice mi ha spiegato che è stato indossato da quattro persone diverse, allungandolo, accorciandolo. Il jeans è sostenibile, è il modo di indossarli che cambia: bisogna essere orgogliosi di indossare lo stesso paio di jeans per dieci anni, evolve con te”.



[Fonte Wired.it]