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martedì, Mar 16

Lgbt+, in Europa la comunità è la prima vittima dell’odio online



Da Wired.it :

I più giovani sono i più esposti: il 15% delle persone lgbt+ nella fascia d’età 15-17 ha subito episodi di cyberbullismo negli ultimi 12 mesi

Diritti lgbt+ (La presse) File photo dated 25/6/2016 of a rainbow flag. More than a third of lesbian, gay, bisexual and transgender (LGBT) people have hidden their identity at work for fear of discrimination, a report says. PRESS ASSOCIATION Photo. Issue date: Thursday April 26, 2018. Research by Stonewall found the figure was even higher among trans staff, at 51%. See PA story INDUSTRY LGBT. Photo credit should read: Daniel Leal-Olivas/PA Wire
Diritti lgbt+ (La presse: Daniel Leal-Olivas/PA Wire)

Nel mirino ci sono soprattutto gli under 18: nell’Unione europea è allarme cyberbullismo per quanto riguarda l’identità di genere e l’orientamento sessuale. In un anno estremamente difficile per tutta la comunità lgbt+ e che ha visto emergere fenomeni di intolleranza e di esclusione finora sconosciuti, le associazioni sottolineano la crescita degli attacchi subiti soprattutto dai giovani attraverso i social network, i sistemi di messaggistica, la rete in generale.

Un fenomeno, spiega Margherita Graglia, psicoterapeuta e autrice di Le differenze di sesso, genere e orientamento. Buone prassi per l’inclusione (Carocci editore), “che va affrontato su molteplici livelli”: competenze tecnologiche, formazione per gli adulti, ripensamento dei modelli di mascolinità a cui si ispirano i più giovani e che alimentano spesso atteggiamenti omotransnegativi.

Via social attacchi ai più giovani

Secondo il rapporto A long way to go for Lgbti equality, a cura dell’European union agency for fundamental rights, il 15% delle persone lgbt+ nella fascia d’età 15-17 ha subito episodi di cyberbullismo negli ultimi 12 mesi. Il fenomeno riguarda il 12% nella fascia d’età 18-24, 9% dai 25 ai 54 e, a scendere, 7% per gli over 54. Sebbene la maggior parte degli attacchi subiti per identità di genere e orientamento sessuale avvenga di persona, il cyberbullismo è un fenomeno in crescita e che ha delle specificità estremamente critiche.

“L’uso delle immagini e di testi che rimangono in qualche modo incancellabili, l’abbondanza delle relazioni che si creano sulla rete e che può moltiplicare gli attacchi subiti, l’anonimato dietro cui si cela l’aggressore sono tutti elementi molto critici, perché se è vero che la paura a denunciare blocca molte vittime di aggressioni in presenza, nel caso del cyberbullismo può essere impossibile mettere in campo una risposta adeguata proprio perché non si riesce a capire da dove provengano gli attacchi”, spiega Margherita Graglia.

Per questo è necessario fare formazione, soprattutto sull’uso corretto delle tecnologie, ma non solo. “È importante che la vittima sappia che può parlarne con un amico, un genitore, un adulto di riferimento, perché verbalizzare aiuta a comprendere meglio. E, insieme, si può valutare in quale forma denunciare l’accaduto, segnalarlo, che è un passaggio fondamentale personalmente ma anche a livello di comunità, perché permette di tracciare l’ampiezza del fenomeno”.

L’identità di genere nel mirino

Un altro dei fattori critici è proprio il fatto che le vittime siano spesso i più giovani e quindi anche i più fragili e in difficoltà a fronteggiare le aggressioni in un momento della propria vita in cui è in via di definizione la propria identità. “Questo succede perché gli attacchi nella maggior parte dei casi provengono dal gruppo dei pari e in quell’età si verificano più spesso atteggiamenti omonegativi soprattutto da parte dei maschi che, per rafforzare la propria identità, tradizionalmente pensano di doverlo fare allontanando da sé tutto quello che è percepito come femminile, o non maschile, e l’omosessualità è ancora vista in questo modo”, spiega Graglia.

È significativo, da questo punto di vista, che secondo l’ultimo report dell’Unione europa sul codice di condotta dei social network, la mappatura dei discorsi d’odio rilevati (e quindi eliminati dal flusso dai gestori delle piattaforme) riguardi nel 33% l’orientamento sessuale e l’identità di genere, segue con il 15% la xenofobia e con il 9,9% gli attacchi alle persone zingare e rom. “Non mi sorprende – conclude Graglia – perché l’omofobia è un pregiudizio considerato rispettabile. Siamo formati nell’individuare e condannare il razzismo o l’antisemitismo, l’omotransfobia è invece in qualche modo tollerata quando non incoraggiata nella forma dello scherzo, della battuta. Da questo punto di vista, è necessario un percorso di crescita sociale e culturale che riguarda prima di tutto gli adulti che in molti casi faticano a individuare e capire gli atteggiamenti omotransnegativi”.

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[Fonte Wired.it]