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domenica, Dic 13

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose ribalta i film sul ’68. Ed è proprio bello



Da Wired.it :

È bello quanto Smetto quando voglio, se non di più. Il nuovo lavoro di Sydney Sibilia, così americano nella struttura e internazionale nelle musiche, riesce a raccontare il tempo delle contestazioni meglio di 50 anni di cinema italiano canonico. Un appello: premiatelo, premiatalo, premiatelo

Il nuovo film di Sydney Sibilia si allontana molto da Smetto quando voglio nelle sue premesse, ma nella sostanza gli è attiguo. Questa volta l’assurda storia di una persona che crea una squadra per tentare un’impresa che pare impossibile è tratta da un fatto vero (e assurdo), oltre a essere ambientata nel passato, cioè 1968. È la storia della Repubblica delle Rose, uno stato indipendente fondato da Giorgio Rosa su una piattaforma da lui costruita da solo nelle acque internazionali. Ed è anche la storia dell’unica guerra d’invasione della Repubblica Italiana. Nella sostanza, però, non è troppo diversa dalla trilogia con cui il regista ha esordito, perché racconta un uomo con una grande conoscenza, molto approfondita, che lo rende diverso dagli altri, che lo fa integrare a fatica e che lo porta a prendere decisioni che sarebbero folli per chiunque altro. E a riuscire nell’impresa.

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose inizia con il finale, a Strasburgo nel novembre del ’68, quando Giorgio Rosa si reca al Tribunale europeo, che regola le dispute tra stati, per presentare il caso. Lì spiega quel che gli è accaduto e quindi anche noi ripercorriamo gli eventi in flashback. Nell’anno della ribellione per antonomasia, a Bologna, Rosa (Elio Germano) non aveva proprio il profilo del sessantottino, era un ingegnere da pochissimo abilitato alla professione con un grande interesse per la costruzione e l’indipendenza unite a una scarsa considerazione per le leggi. Lo capiamo dal fatto che si è costruito da sé un’automobile che guida per le strade della città non sapendo o scegliendo di ignorare che nessun veicolo omologato (tantomeno senza targa) può farlo.

È l’inizio di tutto, da qui parte l’idea di uno stato a sé, un posto dove poter essere liberi, un’utopia che (un po’ come il progetto dei ricercatori di Smetto quando voglio) in fretta si fa prendere la mano fino a una piega festaiola. L’isola delle rose, nell’estate riminese, diventa una meta per hippie e persone in cerca di un posto dove non essere raggiunti dalla legge, raduna figure fuori dai canoni, apolidi e chiunque sente di non essersi inserito nella società com’è. Tale è l’eco e l’unicità di questa nuova nazione che lo stato italiano lo scopre per via di una segnalazione dall’ONU e inizia a volerne sapere di più.

Di nuovo per Sydney Sibilia i nerd sono potenti, potentissimi, sono supereroi con la facoltà e la testa di realizzare imprese che nessun altro potrebbe, oltre a un entusiasmo infantile che non gli fa vedere i problemi che la gente comune vedrebbe. Figure comicamente titaniche. Giorgio Rosa si presenta all’Unione Europea come un capo di stato (e lo è), batte la sua moneta e stampa i suoi francobolli, è in grado di costringere un paese e un’organizzazione internazionale a venire a patti con lui senza timore di una guerra e questo solo perché è stato in grado di fare quel che nessuno pensava possibile (costruire da sé qualcosa nelle acque internazionali).

Questo film così americano nella struttura e internazionale nelle musiche riesce a raccontare il ’68 e le sue idee meglio di 50 anni di cinema italiano canonico, trovando una maniera per mettere in scena il conflitto tra una nuova tipologia di italiani, un nuovo costume e nuove possibilità, e una vecchia classe politica che sembra mille anni indietro, ancorata ad altri linguaggi, paesaggi e frequentazioni. Passando per un’impresa ingegneristica e per la volontà di innovare che sta dietro ogni progetto, studio o competenza tecnica, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose mette in scena la formazione di una coscienza civile e politica in un uomo che sapeva solo di avere un forte desiderio di essere libero di cambiare, inventare e forgiare da sé tutto. Personalizzando lo scontro tra autorità e desiderio di autonomia, il film di Sydney Sibilia restituisce nuovo senso al racconto del ‘68, lo svincola dalla politica in senso stretto e lo regala alla politica in senso lato, cioè ai grandi ideali e a come prendono forma nella testa e nella vita di ognuno.

In questo senso l’interesse comico de L’incredibile storia dell’Isola delle Rose è diretto più che altro verso lo stato italiano e verso il conflitto che ha creato contro l’esperimento più concreto in assoluto di utopia libertaria. Non sono più i ricercatori il suo motore umoristico, cioè non è tanto Giorgio Rosa a divertire, ma il suo nemico, il mondo contro cui si batte. Fino a che non entra in scena il governo Leone (con Luca Zingaretti – quasi irriconoscibile –nella parte del presidente del consiglio e Fabrizio Bentivoglio in quella di Franco Restivo) L’incredibile storia dell’Isola delle Rose tiene, infatti, a bada l’umorismo, per rilasciarlo contro la Democrazia Cristiana all’apice del suo potere e della sua influenza, incarnata da persone che avevano redatto la Costituzione (“Tu hai fondato una nazione ma anche io”, dice il ministro Restivo a Giorgio Rosa in una telefonata minacciosa). È questa la maniera in cui un film pensato con una struttura più americana che italiana ci fa scivolare gradualmente nel clima sessantottino senza rendercene conto e senza nemmeno una manifestazione o uno scontro con la polizia, ma anzi con uno scontro (pacifico) con una nave da guerra. Un ottimo lavoro in cui più la parte avventurosa cresce più è chiaro che la conoscenza è l’arma più potente.

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[Fonte Wired.it]