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martedì, Dic 10

L’Italia è il paese più euroscettico dell’Unione europea


Stando agli ultimi dati dell’Eurobarometro, la Penisola è sempre più regno dei delusi. La priorità dei cittadini europei è il climate change, mentre alle nostre latitudini la disoccupazione giovanile

(foto: FREDERICK FLORIN/AFP via Getty Images)

Sette mesi dopo le elezioni del Parlamento europeo, l’ufficio tecnico del parlamento di Strasburgo ha diffuso la nuova edizione del Parlemeter, un sondaggio annuale che realizza nei paesi dell’Ue per esaminare la propria popolarità e quella dell’istituzione sovranazionale che rappresenta. La rilevazione mostra uno stabile ottimismo dei cittadini europei, nonché una maggiore consapevolezza sulla questione ambientale.

Tra le eccezioni vistose c’è l’Italia, che sta scivolando sempre più in fondo alla classifica: soltanto il 37 per cento degli intervistati della Penisola ritiene infatti che l’appartenenza all’Unione europea sia una cosa positiva. È la percentuale più bassa insieme a quella registrata in Repubblica Ceca (dove però le persone che ritengono negativa l’appartenenza all’Ue sono di meno).

L’ il primo paese a essere governato da due partiti dichiaratamente anti-sistema e che avevano fatto una campagna elettorale ostile all’Ue, negli ultimi anni si è certamente distinta per il suo euroscetticismo. Tuttavia è la prima volta che occupa l’ultimo posto da quando nel Parlemeter viene rilevata la popolarità dell’Unione. Nell’edizione del 2018, quando nel resto del continente questo indicatore raggiungeva i livelli più elevati dal 1989, attestandosi al 62 per cento, Italia era risultata penultima. Nell’ultimo anno la percentuale di intervistati europei che ritiene positiva l’appartenenza all’Ue è scesa di 3 punti al 59 per cento. Ma in Italia ha fatto anche peggio, passando dal 42 al 37 per cento.

Se nel continente il sostegno per l’Ue è aumentato quasi ininterrottamente dal 2011 al 2019, e negli ultimi tre anni non ha subito grosse variazioni, si fanno sentire comunque le difficoltà di un’unione divisa su questioni economiche, geopolitiche e ideologiche, con una moneta, una politica migratoria e una strategia di lungo corso contestate da forze politiche sempre più influenti.

Se i campioni dell’eurottimismo sono Irlanda e Lussemburgo (81 per cento di favorevoli all’appartenenza all’Ue) sulla sponda opposta troviamo il Regno Unito (impegnato nella dolorosa trattativa per la Brexit) con il 42 per cento. Tra i paesi dove il sostegno è aumentato ci sono la Francia (+6 per cento in un anno) e la Grecia (+5 per cento). Tra i delusi invece di nuovo il Regno Unito (un calo di sette punti percentuali in 12 mesi) e la Polonia (meno cinque punti).

Il sondaggio, condotto a ottobre dalla rispettata società Kantar, che si occupa di ricerche di mercato, su un campione di 27.607 persone contattate nei 28 paesi dell’Ue (di cui circa un migliaio in Italia), secondo tradizione chiede ai cittadini anche quali sono i temi politici ai quali il Parlamento europeo dovrebbe dare la priorità, scegliendo tra un vasto ventaglio di opzioni. Le risposte variano da paese in paese, ma riguardo a quelli che dovrebbero essere i valori europei da promuovere, la maggioranza degli intervistati sceglie il rispetto dei diritti umani nel mondo (48 per cento), la libertà di parola (38 per cento) e l’uguaglianza tra sessi (38 per cento).

Per quanto riguarda i problemi da affrontare, si registra uno scatto in avanti rispetto gli anni passati della questione climatica: un terzo circa dei rispondenti (32 per cento) vuole che il parlamento affronti il climate change. Seguono lotta alla povertà e all’esclusione (31 per cento) e la lotta al terrorismo (24 per cento).

Se il resto d’Europa pensa al clima, per l’Italia la priorità è la disoccupazione. Secondo il sondaggio, il 37 per cento degli italiani mette in cima all’agenda la lotta alla disoccupazione giovanile. Un dato che rispecchia indubbiamente anche le cifre record dei senza lavoro nel nostro meridione, con Campania, Calabria e Sicilia ai primissimi posti nell’Ue per numero di disoccupati under 30. La lotta al cambiamento climatico viene comunque al secondo posto in Italia col 25 per cento delle preferenze, ex aequo con le politiche di immigrazione e integrazione comune; in quarta posizione sono la lotta alla povertà e all’esclusione sociale e ugualmente urgente è considerata la crescita economica (24 per cento). Segue la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata (20 per cento). Rispetto al tema ambientale, il 58 per cento degli italiani pensa che le iniziative di protesta dei giovani degli ultimi mesi possano contribuire all’adozione di più misure politiche nel nostro Paese.

Lo scetticismo degli italiani nei confronti dell’Ue non è comunque del tutto cupo e privo di interesse: il 58 per cento dei cittadini del nostro paese vorrebbe che il parlamento europeo avesse un ruolo più importante (il 27 per cento meno). Il 34 per cento dei cittadini vorrebbe avere più informazioni sul ruolo e le attività degli eurodeputati italiani in parlamento; il 23 per cento vorrebbe poterli contattare direttamente e avere risposte concrete; il 17 per cento vorrebbe visitare il parlamento a Strasburgo o Bruxelles e poterli incontrare.

Tuttavia, se la percentuale degli intervistati in Italia che ha un’immagine completamente negativa del parlamento è del 24 per cento, per il 32 per cento è positiva, mentre ben il 41 per cento è indifferente. Forse il dato più preoccupante è questo: sempre meno italiani pensano che la propria voce conti in Europa (il 49 per cento, contro il 56 per cento all’indomani delle Europee dello scorso maggio), mentre il 46 per cento pensa non sia così (erano il 39 per cento pochi mesi fa). Il governo nato dall’alleanza tra il Pd e i M5s (ora non più ostili all’Ue) nato tra le altre cose per invertire la rotta dell’eurofobia nel sentire comune del paese, dovrebbe farsi qualche domanda.

 

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