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mercoledì, Dic 18

Lo statista che dava in pasto ai suoi follower ragazze di 19 anni


Non c’è dubbio che Erika, la ragazza che ha fatto un gestaccio a Salvini postandosi su Instagram, abbia peccato di idiozia: un ex ministro che aspira alla guida del paese però ha tutta un’altra potenza di fuoco, e le conseguenze dei suoi post sono completamente diverse

Se la gogna a mezzo social network fosse l’impressionismo, Matteo Salvini sarebbe Pierre-Auguste Renoir. Ma la situazione, grave e stranamente anche seria, non ci deve concedere di attardarci in battute di spirito: oggi, 18 dicembre 2019, l’ex ministro dell’Interno, leader della Lega e difensore della Patria Matteo Salvini ha di nuovo messo alla berlina del suo amplissimo e variegato pubblico una ragazza che lo contestava in modo feroce (e senza dubbio sgarbato). Lo ha fatto con uno screenshot in cui risaltano il nome e cognome della persona in questione, il suo account Instagram, la sua immagine del profilo e la sua età: 19 anni.

Ora, andrebbe precisata una sostanziale banalità: a 19 anni si fanno parecchie cose stupide. Non so voi, ma non credo che sarei contento di dover condividere urbi et orbi ciò che di più sciocco ho fatto, detto o pensato in quella fase della mia vita – né, se è per questo, mi farebbe piacere sapere che le cose che facevo tra la fine del liceo e l’inizio dell’università sono diventate di dominio pubblico. La cosa stupida che ha fatto Erika, la ragazza finita sotto la scure di Salvini, è essersi trovata sullo stesso volo del politico fu padano e avergli rivolto – in una storia postata dalla stessa Erika su Instagram – il più classico e scontato gestaccio di insulto, l’epiteto che rappresenta l’invito ad andare più internazionalmente noto della lingua italiana.

L’ex ministro ha reagito da par suo. Come quando ad Amintore Fanfani, nel primo anniversario della morte di Aldo Moro, un contestatore tirò platealmente le orecchie mentre il politico della Dc rimaneva tra l’impassibile e l’incredulo, Salvini non ha perso il suo aplomb britannico: ha preso Twitter e Facebook e ha dato in pasto alla folla le generalità della tenutaria del profilo maleducato.

A qualcuno – molti, parrebbe – la vicenda non fa gridare allo scandalo: d’altronde la bravata è tutta della ragazzina impertinente, no? Salvini si è limitato a rimettere in circolo un – oggettivamente deprecabile – comportamento altrui, giusto? Sbagliato. Non è così che funziona: una ragazza di 19 anni la cui bio recita “artista incompresa, gattara e amante della carbonara” non ha le stesse armi (di offesa e di difesa) di un ex ministro della Repubblica che monopolizza i giornali e le tv da almeno due anni, e che galvanizza sapientemente gli indomiti istinti del suo elettorato da ben prima. Comportarsi bene è una responsabilità limitata al privato, per Erika; non postare ai suoi 4 milioni di follower generalità di ragazzine un po’ ingenue dovrebbe essere un obbligo di etica politica, per Salvini.

Naturalmente – dovrebbe essere superfluo rimarcarlo – Salvini ha tutto il diritto di essere offeso o adirato, e nel caso di tutelare la sua immagine nei limiti previsti dalla legge. Ma non ne ha alcuno di procedere per via obliqua, come un vigilante che chiama a rapporto i suoi uomini per procedere a una gustosa vendetta privata. Anche perché questi suoi post – che non sono certo i primi – causano una nota reazione nel suo pubblico (e Salvini e il suo staff, che controllano i commenti con un’attenzione maniacale, lo sanno benissimo): al momento tra le risposte alla bravata di Erika si leggono su Facebook chiose come “quel dito se la (sic) messo nel …. e ha goduto”, “mentre con una mano si fa il dito con l’altra si cercano i gioielli del re .. lo sguardo soddisfatto la dice lunga” (dal profilo verificato di tale Andrea Speziali, “tra i più giovani esperti nel campo dell’Art Nouveau”, dice il suo sito), “se fosse figlia mia …..maroooo quante mazzate”, “quel dito se lo può infilare nelle sue parti intime” e avanti così, in un’infinita sequela di turpitudini di ritorno: pari e patta.

Non c’è bisogno di essere un attivista femminista in servizio permanente o un navigato militante in difesa della privacy per vedere un problema grosso come una casa, qui: una personalità politica che – se non fosse inciampato goffamente nelle pieghe del suo pigiama la scorsa estate – sarebbe ancora un ministro della Repubblica usa la gogna pubblica per rivalersi su giovanissime ragazze che lo contestano. Voler vedere soltanto le colpe di Erika e della sua cretinata significa ignorare il sottobosco di sessismo che questa pratica alimenta e la violenza indotta di cui si nutre: il post di una ragazzina con 700 follower al limite diventerà una stupida bravata condivisa su pagine invise a Salvini; un post di Salvini invece fa notizia di per sé, significa una chiamata alle armi inconscia per milioni di persone condizionate giornalmente dalla direzione del dito del Capitano. Se il dito del Capitano indica un nome e un cognome qualunque di una città qualunque con una vita (privata) qualunque, quella persona diventerà inevitabilmente un bersaglio pubblico attorno a cui radunarsi. Chi può prevedere cosa significa nel concreto tutto questo? C’è in sala qualcuno che è mai passato attraverso una gogna di migliaia e migliaia di insulti, offese, minacce e schiaffi verbali?

Vi ripeteranno che il modo migliore per evitare guai era non fare cose stupide. Eppure, mutatis mutandis, è lo stesso nonsense retorico a cui si aggrappano quelli delle gonne troppo corte o delle strade da non frequentare il sabato sera: la verità è che Matteo Salvini sceglie molto precisamente ogni volta che dà una giovane ragazza in pasto al suo popolo, e la costringe a una sofferenza e una pioggia di sassate indicibilmente sproporzionata rispetto alla colpa (vera o presunta, a seconda dei casi) di cui si è macchiata. Non trovate sia strano che tutti quei campioni di italiani brava gente, sani valori liberali incarnati dalla Lega e i più quadrati difensori del buonsenso non alzino un dito davanti a questo scempio? Voglio dire: è anche da questo che un aspirante statista si dimostra fit to lead (non posso dirlo da papà, ma fate come se).

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