Seleziona una pagina
mercoledì, Ott 16

Lo strano caso di un paper ritirato sull’attacco chimico in Siria


La rivista Science and Global Security ha deciso di sospendere e poi di fermare del tutto la pubblicazione di un articolo che metteva in discussione la versione ufficiale su un bombardamento chimico dell’aprile 2017 in Siria

siria
(foto: OMAR HAJ KADOUR/AFP/Getty Images)

Le notizie che arrivano dalla Siria, stanno generando indignazione e reazioni politiche. Ma mentre i curdi hanno chiesto protezione a Damasco per difendersi dall’attacco turco, un caso editoriale che ha che fare proprio con la Siria e con gli attacchi chimici della primavera 2017 sta facendo discutere parte del mondo scientifico. Si tratta di un articolo a firma di alcuni esperti che ha messo in discussione proprio la paternità del governo siriano sull’attacco che colpì la città di Khan Shaykhun. L’articolo, prima accettato dalla rivista dell’università di Princeton, Science and Global Security, ha sollevato un polverone e fatto incrociare le spade a diversi ricercatori finché la rivista ha deciso prima di sospendere, dunque di fermare la pubblicazione dello studio. La motivazione: “I redattori non vedono una strada percorribile per fornire un indipendente, equo, efficace e definitivo peer review di questo articolo da parte di questo giornale”.

Lo studio che ha fatto discutere è un lavoro di Goong Chen, matematico della Texas A&M University, Theodore Postol, esperto di difesa del Mit, e altri cinque ricercatori. Gli studiosi hanno ricostruito con modelli al computer l’attacco chimico di Khan Shaykhun del 4 aprile 2017. La città, nella provincia di Idlib in Siria, in mano alle formazioni ribelli al regime, era stata colpita da quello che subito era sembrato, secondo diverse testimonianze tra cui Medici senza frontiere, un bombardamento con bombe al sarin, cioè un tipo di gas nervino. Nell’attacco avevano perso la vita 87 persone. Le potenze internazionali avevano accusato il regime di Assad di esserne responsabile, mentre la Russia smentiva, sostenendo l’ipotesi di un lancio da terra. L’attacco non è stato l’unico a essere contestato, ma attraverso l’analisi di foto, immagini satellitari, resti degli ordigni e testimonianze, un’indagine del Joint Investigative Mechanism (Jim) dell’Onu e dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) dell’Aia, avevano confermato la versione del bombardamento chimico, e così anche le fonti di intelligence americana. La reazione statunitense non si era fatta attendere, lanciando 60 missili contro la presunta base siriana da cui era partito l’attacco.

Gli studiosi hanno messo in discussione questa versione attraverso la modellizzazione al computer di un cratere, ritenuto luogo dell’impatto della bomba al nervino. La conclusione cui sono giunti è che non sarebbe l’impronta di un attacco chimico, ma piuttosto dell’impatto di un tipo di missile d’artiglieria lanciato da terra di cui il governo siriano non ha il monopolio. Come raccontato su Science da Kai Kupferschmidt, l’articolo non aveva avuto particolare risonanza fino a quando non ne ha parlato Tulsi Gabbard, deputato democratico americano.

Il 13 settembre il sito investigativo Bellingcat ha allora pubblicato un indagine che critica la precisione del paper di Chen e degli altri. Il giornale Science and Global Security, dal canto suo, ha affermato che l’analisi del sito contiene inesattezze a proposito dei contenuti e delle conclusioni del paper e si è difeso scrivendo: “Siamo consci del dibattito carico di implicazioni politiche che riguarda l’uso di armi chimiche in Siria e la sua attribuzione. Riteniamo che l’articolo contribuisca al dibattito in alcuni specifici aspetti. […] Una volta che sarà stato pubblicato, saremo felici di accogliere considerazioni scientifiche critiche e costruttive”.

Ma non è bastato a fermare il putiferio. Da più parti sono stati sollevati dubbi, tra cui quello di Gregory Koblentz, esperto di armi biologiche e chimiche dell’università di Fairfax in Virginia. Koblentz, come riportato da Science, ha puntato il dito direttamente alla questione politica: “Mentre in superficie l’articolo sembra concentrarsi su mere questioni tecniche, l’intento è di fatto quello di mettere in discussione l’imparzialità e la competenza di Opac e Jim”. Koblentz ha quindi aggiunto che la pubblicazione dell’articolo potrebbe essere usato per coprire i crimini di Assad, mettendo seriamente in discussione la reputazione del giornale.

La rivista di Princeton ha allora dapprima deciso di sospendere la pubblicazione in attesa di nuove prove a conferma o a smentita di quanto sostenuto dagli autori. Fino a qualche giorno fa, il 12 ottobre, quando attraverso una nota il giornale ha comunicato di aver deciso di fermare la pubblicazione, “avendo stabilito che al momento non si possono correggere i problemi identificati, mentre altri restano al di fuori dae nostro controllo – inclusi il manoscritto, i commenti dei revisori e le risposte degli autori che sono ora di dominio pubblico.

Potrebbe interessarti anche





Source link