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martedì, Feb 16

Long Covid e nebbia mentale: una nuova potenziale spiegazione



Da Wired.it :

La nebbia mentale potrebbe essere dovuta ad alti livelli delle citochine infiammatorie, intorno al cervello e al midollo spinale, nel fluido cerebrospinale. Gli steroidi potrebbero combattere questi effetti?

nebbia mentale
(foto: Peggy e Marco Lachmann-Anke via Pixabay)

Si è parlato spesso di long Covid, all’inizio sotto gli occhi increduli di molti medici, che non davano il giusto peso al problema, e dei sintomi collegati. Fra questi anche la brain fog, la nebbia mentale, come l’hanno chiamata gli scienziati, un insieme di sintomi che vanno dalla mancanza di concentrazione alla ridotta memoria a breve termine. La lotta al long Covid è uno dei settori di ricerca sul coronavirus Sars-Cov-2 e oggi un gruppo di neuro-oncologi del Memorial Sloan Kettering Cancer (Msk) Center, centro di cura dei tumori a New York, ha messo in luce uno dei potenziali meccanismi fisiologici legati al Covid-19 alla base della nebbia mentale (ma che non causano i tumori). I risultati sono pubblicati su Cancer Cell.

Le citochine intorno al cervello e al midollo spinale

I neuro-radiologi e neuro-oncologi del Msk sono stati interpellati dai colleghi nei reparti Covid-19, dove sempre più spesso i pazienti ricoverati con forme gravi presentavano delirio, un disturbo che riguarda la capacità mentali e di pensiero, che porta a uno stato confusionale acuto e altri deficit cognitivi. Gli specialisti si sono attivati per capire meglio cosa succedeva in questi pazienti e come mai, anche dopo la guarigione, in alcuni rimanevano sintomi neurologici, inclusa la nebbia mentale (che colpisce anche i giovani).

La loro scoperta riguarda la presenza di molecole infiammatorie nel liquido che circonda il cervello e il midollo spinale, chiamato fluido cerebrospinale. Le molecole in questione sono le ormai famose citochine, la cui produzione eccessiva dipende dall’iper-attivazione del sistema immunitario e può essere molto dannosa, se non fatale.

Perché interpellare i neuro-oncologi

Non è un caso che siano stati coinvolti proprio gli oncologi, dato che la reazione che si osserva nel Covid-19 è la stessa che questi esperti osservano in alcuni pazienti curati con un particolare tipo di immunoterapia (Car-T, nuova frontiera dell’oncologia) nei tumori del sangue. Questo trattamento causa il rilascio di citochine che combattono il cancro, ma un effetto collaterale può riguardare il fatto che queste molecole trapelano e si diffondono nell’area intorno al cervello causando infiammazione.

All’inizio gli autori non sapevano che la nebbia mentale nel Covid potrebbe essere causata dalle citochine e rimaneva il dubbio che il virus stesso potesse avere avuto effetti sul cervello. A questo scopo i ricercatori hanno coinvolto 18 pazienti ricoverati con Covid-19 e sintomi neurologici gravi, sottoposti a vari test. Le analisi (la puntura lombare) hanno escluso la presenza del virus nel fluido cerebrospinale, ma hanno messo in luce una forte infiammazione associata a alti livelli delle citochine. I marcatori dell’infiammazione sono simili – ma non identici – a quelli dei pazienti in terapia con Car-T.

Nebbia mentale, come passare all’azione

Come nei malati di Covid-19 anche nelle persone in cura con Car-T i sintomi neurologici si manifestano a volte giorni o settimane dopo. Nei pazienti oncologici in trattamento si utilizzano gli steroidi contro questi effetti collaterali. Tuttavia ancora è presto per dire che questi farmaci possano essere utilizzati anche contro la nebbia mentale o altri sintomi neurologici associati al coronavirus o al long Covid. “Molti pazienti sono già in trattamento con gli steroidi [non specificamente per i sintomi neurologici ndr]”, ha sottolineato Jessica Wilcox, neuro-oncologa e fra i primi autori dello studio, “ed è possibile che ne stiano beneficiando”. La linea di ricerca è da approfondire e potrà aprire prospettive terapeutiche importanti.

Lo studio è ancora una volta una prova di come sia necessario che specialisti di settori anche molto differenti comunichino fra loro e collaborino in un team multidisciplinare, al fine di studiare meglio patologie ancora non del tutto comprese, come anche il Covid-19, e fornire le migliori cure possibili ai pazienti.

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[Fonte Wired.it]