Seleziona una pagina
martedì, Lug 28

LRNZ parla di The Book Of Vision: “Niente gnomi che ballano, è un film serio e fantastico”



Da Wired.it :

Conceptual visual designer e supervisore agli effetti speciali, l’illustratore e fumettista italiano tra i più importanti racconta il suo contributo al lavoro di Carlo Hintermann prodotto da Terrence Malick

Sono circa 20 anni che The Book Of Vision è nella testa di Carlo Hintermann, 20 anni nei quali ha collaborato come regista di alcune riprese di The Tree Of Life di Terrence Malick, ha girato documentari compreso uno su di lui e lavorato per mettere insieme un budget sufficiente a realizzare The Book Of Vision in modo degno (ed è andata a finire che lo stesso Malick è stato produttore esecutivo). Mentre di tutto questo progetto Carlo Hintermann è regista e sceneggiatore, Lorenzo Ceccotti è conceptual visual designer, vfx supervisor e designer dei titoli di apertura e chiusura: “Pensa che quando ho lavorato sul film di Monolith, la troupe americana mi chiamava ‘the man of many hats’, l’uomo dai molti cappelli. Pensavo fosse un modo divertente, gentile, per dire che mi occupavo di tante cose diverse. Dopo un po’ ho realizzato che era un titolo tutt’altro che lusinghiero per la mentalità americana”.

Lorenzo Ceccotti è più noto come LRNZ, illustratore e fumettista italiano tra i più importanti (nel 2018 Lucca Comics & Games gli ha dedicato una mostra) che non disdegna tutti gli ambiti in cui può creare: “Per questo film c’erano sostanzialmente solo titani nel proprio campo: David Crank nel production design, Jörg Widmer alla fotografia, attori completamente fuori scala [per esempio, Charles Dance, il capofamiglia dei Lannister ne Il trono di spade, ndr]. Nonostante non esistesse una sola persona che non fosse più che gentile e disponibile sul set, aprire bocca e interagire con personalità con quella caratura è molto difficile, specie se devi segnalare che qualcosa non va”. Non il più facile dei mondi per qualcuno che nel cinema non ha crediti, ma una conoscenza con Hintermann che affonda nel 1999 e, quindi, una prossimità ventennale con il progetto, da quando ancora si chiamava Il computo dei beni e delle anime. Hintermann si fida ciecamente di LRNZ insomma, gli altri – almeno inizialmente – forse meno: “Sono un novellino, in quel settore. Lavorare a livello creativo con tali carature di riferimento lungo pipeline produttive e farlo con indosso l’approssimazione del mio ruolo multiforme e sconclusionato diventava spesso complicatissimo”.

La locandina del film ideata e realizzata da LRNZ

Che cosa sia The Book Of Vision non è chiaro, c’è molto mistero: si sa solo che è stato scelto per aprire la Settimana della Critica, una sezione parallela e autonoma del Festival di Venezia che negli ultimi anni ha dimostrato due cose: grandissima audacia e capacità di scoprire talenti senza nessuna sudditanza per il cinema italiano. Dunque, che un progetto simile la apra è un segno importante.

La prima opera di LRNZ per il film è la locandina, ma – come dicono le sue qualifiche – ha messo mano a tutto il visual design del film, incluse le sequenze con effetti speciali: “Mi sono occupato di quelle di fantasia, nel senso di ‘fantastico’, visionario. L’ho fatto con un doppio livello di competenze: da una parte quello artistico puro, il tirar fuori belle immagini e potenti, dall’altro dando già gli strumenti alla produzione su quanto costasse realizzarle, ma soprattutto come, con quale tecnica. Un approccio da designer. Il mio lavoro ha prodotto un breakdown tecnico, una specie di libretto in cui scena per scena la concept art viene analizzata individuando che cosa sarebbe stato in computer grafica, che cosa un modello e quali tecniche di compositing utilizzare”.

Quando devi fare qualcosa come concepire una locandina, conta conoscere il progetto da 20 anni e aver assistito a tutta la sua gestazione?

“Beh, se devi svolgere un ruolo in un progetto, preferisci farlo con 10 anni di documentazione esclusiva da insider o due minuti leggendo un pdf di presentazione? Ho avuto modo di capire fino in fondo quello che era davvero importante per il film. Va detto, inoltre, che Carlo l’ha scritto da subito con quel livello di ambizione: non è un lavoro che piano piano è cresciuto per le attenzioni dei produttori o che si è fatto forza di un budget che aumentava. È nato con un obiettivo difficilissimo e il coraggio di Carlo non si è palesato con degli azzardi estemporanei, ma nella costanza di non cedere mai nulla della sua visione. Già quando era un affermato documentarista pensava di fare un film con questo tipo di proporzione produttiva, in un’epoca in cui era letteralmente una follia. Era il 2006, il tenore delle produzioni sembrava precipitare senza freno e, forse, non è un caso che sia uscito proprio nel 2020”.

Una parte dello storyboard di LRNZ

Vista la tua presenza, non è mai stato immaginato di inserire l’animazione nel film?

“Se ne parlò all’inizio. Ma mi sento di dire che fosse più per il fatto che Carlo voleva continuare a fare animazione con me, che non perché il progetto lo richiedesse. Alla fine, lo scenario produttivo è cambiato talmente tanto che Carlo ha giustamente spinto in una direzione dell’immagine fotografica più potente e titanica possibile. The Book Of Vision, da questo punto di vista, non si risparmia nulla e l’animazione non è stata più un’opzione, quindi”.

Ora che lo vedi finito, ci riconosci più illustrazione e fumetti o più cinema?

“Le ispirazioni che riconosco sono quasi tutte di cinema: c’è dentro una tradizione che viene dal cinema di fiction fantastico di genere degli anni ’70 e ’80, c’è molta di quella mentalità di effetti pratici. Il 90% di quel che vedi è fatto in macchina da presa, senza digitale, c’è proprio la prestidigitazione sul set, effetti ottici, imbrogliare lo spettatore usando principi che non hanno niente a che fare con la computer grafica ma con idee più vicine all’uso della percezione di un film come LabyrinthThe Book of Vision mantiene il suo tenore fantastico; volendo categorizzarlo, forse, appartiene a quella nuova scuola che riprende i generi per attaccarci grandi temi. Non ti aspettare un lavoro con gnomi che ballano, quindi. È molto serio e spesso, che ha voglia di raccontare una storia profonda che non necessariamente deve intrattenere. Non è divertente nel senso classico del termine, anzi. Usa solo le soluzioni tecniche di quei film e ogni scena che ho progettato l’ho pensata consapevole del fatto che sarebbe stata realizzata in quella maniera”.

Una parte dello storyboard di LRNZ

Tu, però, stavi lavorando al tuo primo lungometraggio  d’animazione tratto da Golem

“Al momento è fermo per problemi di budget, completamente in stand by. Avevo fatto un promo di tre minuti che è uscito come spot per l’edizione del Corriere della Sera, era un test tecnico fuori dai criteri necessari per il film. Più che una simulazione produttiva, era un corto per cercare di cogliere un mood e una potenziale impostazione visiva. È stato segnalato tra i 5 progetti migliori europei di Annecy ai MIFA Pitches. Io faccio il fumettista, mi piace raccontare ed essere in controllo: l’esperienza sul film è stata bella, però non posso sperare di avere il controllo sul destino di un progetto così grande e, se è vero che devi lasciar fare agli altri com’è giusto che sia (l’ambizione è collaborare con una produzione che te lo lasci sviluppare, ma che dia anche il suo contributo), ho anche vissuto due anni faticosi perché non potevo far partire ulteriori progetti. Quando prendo l’impegno di un libro, generalmente per un anno o un anno e mezzo non posso fare altro. Un film è ancora peggio: la sua fase di sviluppo può protrarsi indefinitamente. Tenere interrotti due libri perché “forse” devi fare un film che poi non parte mai, che ha carenze grosse di budget, che ha una sceneggiatura che fatica a sbloccarsi… è problematico. Se mi chiedi: ‘Vuoi fare un film?’, ti dico di ovviamente di sì, però è altrettanto vero che devo andare avanti con i libri. L’opportunità di fare un film si è seduta sulla mia vita immobilizzandola per troppo tempo. L’animazione, specie usata come mi serviva in Golem, non è un medium in cui c’è il giusto rapporto di sforzo beneficio, per me, per lo stile visivo che mi serviva al momento. Ho una vita da portare avanti e la mia tolleranza all’inattività era al colmo, non posso stare due anni senza lavorare su progetti grandi, quindi per il momento ho dovuto mollare la presa. Per il futuro, chissà. Alla fine ho pubblicato solo un paio di libri da autore e uno è stato un buon successo, sempre e solo nell’ambito limitato dell’editoria italiana, che è qualcosa che va bene se continui a lavorare, ma se sparisci per due anni e mezzo non è furbissimo”.

Questo film potrebbe far ripartire il progetto?

“Non è la ragione che mi ha mosso. Onestamente, desidero fare solo cose belle e ogni volta ce la metto tutta. Poi, più le possibilità e i mezzi sono grandi, più so di poter dare, ma non voglio stare in una posizione attendista in cui spero che quelli che contano si accorgano di me. Sto uscendo con una saga in tre libri per BAO, Geist Maschine. Immaginati una cosa tipo tre volumi di Golem, per quantità. Mi richiede una quantità spaventosa di tecnica e creatività, ma mi sta restituendo un mondo nuovo da raccontare. Per questo preferisco non aspettare, ma continuare a raccontare storie. Se queste storie porteranno a belle situazioni, opportunità di lavorare anche in altri ambiti, bene”.

Potrebbe interessarti anche





[Fonte Wired.it]