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giovedì, Set 09

Lucifer: la sesta e ultima stagione non è poi così ‘Male’



Da Wired.it :

Le battute conclusive della serie incentrata sul Demonio rispolverano il registro delle prime annate risollevando le sorti di uno show in caduta libera con un epilogo tutto sommato soddisfacente.

La stagione finale di Lucifer riprende poco dopo gli eventi descritti nella quinta, al suo debutto lo scorso maggio. Sarebbe stato difficile riuscire a produrre un’ultima infornata di episodi più disastrosa di quel pasticcio à la Supernatural che costituisce la seconda parte della scorsa annata dello show ispirato ai personaggi creati da Neil Gaiman, e infatti questo epilogo è, tutto sommato, soddisfacente. Il più recente Lucifer è sia un ritorno al registro narrativo delle prime stagioni, sia il tentativo di donare al tormentato re degli Inferi (ora erede al trono di Dio) e ai personaggi umani e non che compongono il suo entourage un senso di “closure”, di risoluzione. Le puntate inedite reperibili da domani 10 settembre su Netflix esibiscono una qualità nostalgica e costituiscono in parte, come accennato, un ritorno al passato: i toni sono più leggeri, Tom Ellis è più gigione, i comprimari hanno più tempo filmico a disposizione per sfogare le proprie idiosincrasie.

Non siamo ai livelli seppure non eccelsi della prima stagione dello show creato dal Tom Kapinos di Californication, quella nella quale Lucy citava Human Centipede e indugiava in droghe ricreative e orge (o almeno, così affermava: gli eccessi del Diavolo rimanevano privi di testimonianze a causa delle censure di Fox). Tuttavia, il Lucifer Morningstar che ha vinto la guerra degli angeli e ha conquistato lo scettro di Dio è quello più spensierato, peccatore e ammiccante che Ellis incarna benissimo. I dieci episodi sono costellati di gustose citazioni – da Supercop (Police Story 3, con Jackie Chan e Michelle Yeoh) all’ossessione del protagonista, il procedurale Bones – dispensate dal buon Diavolo assieme alle immancabili performance canore con o senza accompagnamento al piano, interrotte occasionalmente dai momenti di crisi in cui verserebbe chiunque stesse per abbandonare la mondanità per farsi Dio.

La stagione finale di Lucifer è quella dove ciascun personaggio risolve i propri traumi e imbocca la giusta strada: è una buona cosa che Kapinos rimedi per Amenadiel, Linda, Ella, Dan, Chloe, Mazikeen ed Eva i ritagli di trama necessari a sfruttare l’empatia verso questi personaggi e a donare loro un senso di realizzazione personale. Giova anche l’inserimento di alcune puntate filler che ripropongono la struttura del procedurale: un delitto perpetrato nell’ambiente dei prestigiatori, un altro in quello delle drag queen, diversivi dall’intreccio debole e prevedibile ma opportuni per innescare le epifanie dei personaggi principali. Tra i comprimari, spiccano Chloe, miracolosamente ri assurta al ruolo co-protagonista dopo una protratta crisi creativa che l’aveva ridotta a un personaggio scomodo e ridondante, e la nostra preferita di sempre, Mazekeen. Quest’ultima si attesta definitivamente in queste ultimi capitoli come un’impareggiabile icona fashion (quel vestito da sposa è il più memorabile che vi capiterà di vedere sul piccolo schermo) e un’inguaribile romantica (quella dichiarazione d’amore – “I just love you so fucking much.” – è la più emozionate mai pronunciata dai veri duri col cuore tenero come lei).

Lo spazio riservato ai personaggi di supporto e alla loro umanità, alle loro debolezze e insofferenze (i musi lunghi di Amenadiel, l’abitudine di Ella di lanciare invettive in spagnolo quando si arrabbia…) contribuisce a risollevare le sorti di una serie che i più hanno continuato a guardare per mero affetto verso lo show o come un guilty pleasure. L’obiettivo degli autori di chiudere il cerchio si manifesta anche con la reiterazione di un espediente narrativo cardine di Lucifer: l’introduzione dei membri della famiglia del protagonista come pretesto per approfondire le sue emozioni. La madre, il fratello buono, il gemello cattivo, il padre assente e così via: ognuno giustifica la propria presenza diventando un tassello nel mosaico dell’equilibrio psicologico del Demonio. Lucifer l’ha agognato per millenni e, ovviamente, non lo poteva raggiungere senza l’aiuto di una parente.

Non ne riveleremo l’identità, ma il personaggio di Brianna Hildebrand (Deadpoool), per quanto possa risultare irritante agli occhi degli spettatori ormai esasperati dal moltiplicarsi dei familiari di Lucy, è funzionale al raggiungimento della maturità emotiva di un personaggio la cui stabilità mentale è sempre stata inversamente proporzionale alla soprannaturale grandiosità. Alla fine, Lucifer ci lascia con un impalpabile senso di appagamento, e tanto ci facciamo bastare.





[Fonte Wired.it]