Da quel finale che citava il cult di Cameron – in cui l’androide lottava inesorabilmente fino all’ultimo bullone nel tentativo di far fuori Gemma, esattamente come il T-800 a caccia di Sarah Connor – il sequel prende ispirazione: M3gan 2.0 è, fondamentalmente, Terminator 2: Il giorno del giudizio. Il seguitp prende spunto dal film fantascientifico incentrato sul cyborg incaricato di proteggere il giovane protagonista per raccontare la rivolta delle macchine ribelli che l’industria bellica ha avuto la brutta idea di creare per proteggere l’umanità, finendo per ottenere l’effetto contrario. Gerard Johnstone, il regista di entrambi i capitoli questa volta coinvolto anche nella sceneggiatura, e la Cooper scelgono di cavalcare l’onda della paranoia tech che l’evoluzione incontrollabilmente rapida delle intelligenze artificiali ha scatenato nel mondo reale, amplificata dal profilarsi di un panorama politico sempre più preoccupante.
Ivanna Sakhno as Amelia in M3GAN 2.0, directed by Gerard Johnstone.Photo Credit: Universal Pictures
L’Ai è destinata all’uso militare, come Skynet, la sua capacità di ragionamento all’autocoscienza e, conseguentemente, alla ribellione: un panorama apocalittico dove l’intelligenza artificiale giudica l’umanità come una specie (auto)distruttiva e decide di sterminarla diventa inevitabile. Per fortuna, Megan può salvare il mondo, praticamente da sola. Tramite un upgrade che evoca il megacult Alita, l’angelo della battaglia del grande Yukito Kishiro, Megan viene trasferita in un corpo berserker: come la bambola meccanica del cult cyberpunk, mantiene l’aspetto di una ragazzina ma quel corpo minuto ed esile è straordinariamente forte e in gradi di spaccare i culi di Amelia e di chiunque la faccia arrabbiare. Le analogie finiscono qui: i toni del sequel si discostano totalmente da quelli presenti in tutti i titoli – primo capitolo del film di Johnstone compreso – menzionati finora.