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Mar Mediterraneo, perché si sta scaldando più velocemente degli altri mari. E perché questo è un grosso problema

da | Lug 4, 2025 | Tecnologia


Nel luglio dello scorso anno, la temperatura media mensile del mar Mediterraneo ha superato di 1,76°C la media registrata nel periodo 1991-2020: il punto più alto di una tendenza che si registra a partire dagli anni ’80. Se da un lato non stupisce che, in un contesto di riscaldamento globale, anche la temperatura del mare aumenti, per la sua conformazione il Mediterraneo registra incrementi superiori rispetto a quelli degli oceani. Ma quali sono le conseguenze di questo aumento?

Cosa dicono i dati

I dati raccolti dall’agenzia europea Copernicus, che si occupa di studiare il clima utilizzando dati satellitari, mostrano in maniera chiara l’incremento della temperatura delle acque del mar Mediterraneo. Un mare che “è considerato una sorta di hotspot climatico, perché qui dal 1982 al 2023 la temperatura media annua è aumentata di circa 1,7 gradi centigradi. Il dato globale degli oceani è invece significativamente minore, pari a circa la metà”, spiega Simona Masina, direttrice dell’Istituto per la Previsione del Sistema Terra del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc).

Una tendenza all’aumento delle temperature che ha trovato una ulteriore conferma nel corso del 2024, che per larga parte del Mediterraneo occidentale ha rappresentato un anno record per quanto riguarda il valore della temperatura media delle acque marine.

E questo a livello superficiale. Ma la questione è, come dire, più profonda: “questo assorbimento di calore alla superficie si sta diffondendo in profondità”, aggiunge Masina. Nell’ultimo secolo, in altre parole, “gli oceani hanno funzionato come delle spugne, assorbendo una quantità incredibile di calore”. Tanto che “l’aumento della temperatura atmosferica che sperimentiamo sarebbe stato maggiore senza l’effetto mitigatore dei mari”. Che però ora si stanno scaldando “sempre di più anche in profondità. E si stanno acidificando”.

Gli effetti sul mare

Un’acidificazione che rappresenta un cambiamento delle condizioni nelle quali si sono evolute le specie che popolano i mari, Mediterraneo in primis. “Si tratta di una condizione che non è per niente favorevole per la biodiversità marina. In questo contesto i coralli muoiono, anche i ricci di mare, considerati indicatori dello stato di salute del mare, vengono meno. E questo non per l’eccesso di pesca: muoiono anche quelli di allevamento”, dice Masina.

Certo, “ci sono specie più resilienti, che magari possono adattarsi ad un’ondata di calore veloce”. Dove le ondate di calore marine, codificate per la prima volta nel 2016, indicano un periodo di almeno cinque giorni con temperature superiori alla media di una soglia che cambia a seconda della porzione di mare considerata. “Se però le ondate si ripetono e diventano più frequenti”, aggiunge Masina, “anche queste specie soffrono”.

Sofferenze che hanno evidenti ricadute anche sul piano economico per attività come la pesca o la piscicoltura. “I siti di acquacoltura sono impattati intanto dal punto di vista dei nutrienti presenti in mare, una situazione cui ovviamente è possibile sopperire trattandosi di allevamenti, ma sulla condizione fisica della temperatura non c’è niente che si possa fare”. Se non “far sprofondare di più la gabbia”, dove l’acqua è meno calda.

Gli effetti sul clima

L’aumento della temperatura del Mediterraneo, però, ha delle conseguenze anche a livello climatico. Il motivo? “Si tratta di un mare ridotto dal punto di vista delle dimensioni e con uno scambio con altri oceani che avviene solo a Gibilterra”, puntualizza Masini. Il che implica una maggiore difficoltà ad emettere il calore assorbito. “Il risultato lo vediamo tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, quando arrivano le prime perturbazioni di aria fredda”.

La combinazione di aria fredda ed acqua calda rappresenta il brodo di coltura perfetto per lo sviluppo dei cosiddetti Medicane, ovvero gli uragani mediterranei. Si tratta, precisa la ricercatrice del CMCC, “di eventi rari. I nostri dati non parlano di un’aumento della frequenza di questi episodi, ci dicono però che stanno aumentando sotto il profilo dell’intensità”. Questi uragani “si formano lungo le coste del Nord Africa, dove le temperature restano ormai sopra i 26 gradi anche fino alla fine dell’estate, e da lì si muovono verso est”. Incontrando, nell’ordine, prima la Sicilia e subito dopo la Calabria.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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