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lunedì, Feb 10

maxi-leak per 6,5 milioni di cittadini in Israele


Si discute ormai da lungo tempo di come innovare il voto e più in generale di come ottimizzare il metodo elettorale in ogni sua fase, ma l’integrazione degli strumenti tecnologici in un contesto di questo tipo sembra portare con sé non solo vantaggi, sia in termini economici sia per quanto riguarda la sicurezza. In Italia è ancora vivo il ricordo dell’esperimento con i 23.000 tablet acquistati dalla Regione Lombardia per il referendum del 2017, mentre guardando oltreoceano è più recente la notizia delle voting machine bucate. Torniamo oggi sul tema per segnalare quanto accaduto in Israele.

Elector: maxi-leak in Israele per l’app

Il paese si presenterà alle urne il 2 marzo per scegliere a chi affidare la guida tra i candidati Netanyahu e Gantz. Nel fine settimana l’applicazione Elector utilizzata dal partito Likud (capitanato dall’attuale Primo Ministro) ha esposto i dati appartenenti a 6.453.254 cittadini. Ricordiamo che la popolazione complessiva del territorio è pari a circa 9 milioni di abitanti. Un leak enorme.

La causa è da ricercare in un errore di configurazione del servizio. Il database raggiungibile dopo aver messo le mani su credenziali di autenticazione riportate in chiaro contiene quasi 6,5 milioni e mezzo di record, ognuno dei quali con nome, cognome, indirizzo, telefono, numero di documento identificativo, genere e altre informazioni personali se fornite dai diretti interessati. È rimasto potenzialmente accessibile a chiunque, ma al momento non è possibile sapere se sia stato scaricato o distribuito da soggetti non autorizzati. Si presume che Likud abbia caricato sul servizio l’intero registro degli aventi diritto al voto.

Quello di Netanyahu non è l’unico partito o movimento che utilizza Elector per rimanere in contatto con i propri elettori in modo da fornir loro notizie e aggiornamenti in vista della chiamata alle urne, spingendoli a coinvolgere altre persone in quella che può essere descritta come una nuova forma di propaganda. Lo si fa anche negli Stati Uniti, in Cina e in Russia, ma per questi territori non sono state segnalate violazioni.



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