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lunedì, Feb 14

Medicina del futuro, sta a noi decidere come sarà



Da Wired.it :

La medicina che verrà non è solo una questione di dispositivi, di hardware e di software. Sarà invece determinata soprattutto dal modo in cui le persone – pazienti, medici, operatori della sanità o caregiver che siano – useranno e interagiranno con queste tecnologie, da come cambieranno di conseguenza le abitudini e la forma mentale. Dunque avrebbe ben poco senso discutere delle soluzioni di digital health senza abbinare in modo sistematico anche altre riflessioni, necessariamente più complesse, di natura umana.

Si chiama The future of health, ma in realtà prima ancora di guardare il futuro esplora la salute digitale del presente (e del recente passato) e ne traccia una precisa e ricchissima mappa: è l’ultima fatica di Roberto Ascione, fondatore e ad di Healthware Group, che ha preso forma in un volume uscito per Wiley lo scorso novembre e che in poco meno di 200 densissime pagine pone tutte quelle domande fondamentali alle quali innovatori, imprenditori, dirigenti medici e stakeholder dei sistemi sanitari non possono rifiutare di cercare risposte.

Scoprire la digital health per esempi concreti

Apple, Amazon, aziende farmaceutiche, startup, associazioni, fondazioni, università e chi più ne ha più ne metta: che l’offerta di soluzioni di digital health sia molto ricca è un fatto arcinoto, ma vederne catalogate assieme decine e decine fa un certo effetto. Quello di Ascione non ha certo l’ambizione di essere un catalogo ecumenico né tantomeno definitivo (anche perché le novità spuntano come funghi), ma gli esempi dal mondo reale raccolti da Stati Uniti, Europa e Asia danno un’idea molto chiara di quanto sia vasto il mondo di possibilità attraverso cui il digitale sta già modificando e continuerà a cambiare il nostro rapporto con i sistemi di cura.

Andando per grandi categorie, si spazia per esempio dai wearable (i dispositivi indossabili) agli ingestible (quelli che si mangiano), trasformando sensori e dispositivi in soluzioni esteriormente invisibili. Oppure c’è il mondo dei big data sanitari, sempre più utili per screening, diagnosi precoci e prevenzione, con risultati già avanzatissimi in area dermatologica. E come non includere il filone delle interfacce umano-macchina, a partire dalle più recenti interfacce vocali che aprono opportunità di interazione sempre più apprezzate e usate. O ancora la telemedicina e il monitoraggio da remoto, per i quali – scrive Ascione – “la pandemia di Covid-19 ha fatto da punto di non ritorno”, includendo pure quelle piattaforme digitali che collegano i pazienti ai loro medici, o che permettono di gestire terapie e documenti. 

Manca ancora la parte più fresca e innovativa, che è fatta di terapie digitali, per citare un caso emblematico di disruption, o anche il filone della genomica, della mappatura del dna a basso costo e dunque l’abilitazione di una reale medicina personalizzata. E da ultimo, ma non per importanza né per dimensioni, non per effetto sulla salute né per giro d’affari, c’è l’universo delle partnership, delle collaborazioni e delle iniziative di open innovation. Una dinamica in cui le grandi aziende farmaceutiche coinvolgono realtà più piccole che hanno avuto intuizioni geniali, così da mettere insieme le idee con i mezzi per fare procedere l’innovazione a un ritmo mai visto.

Riflessioni (o riflessi?) sulla componente umana

La sezione più interessante di The future of health, che peraltro è la traduzione aggiornata e ampliata del fortunato Il futuro della salute pubblicato da Hoepli nel 2018, arriva probabilmente nel blocco finale. Una quindicina di paragrafi tutti dedicati alle “human reflections”, che sia sintatticamente sia concettualmente possono essere considerati o delle acute riflessioni sugli aspetti umani oppure delle analisi di come la tecnologia si rifletta sulla componente più personale ed empatica della salute. O più probabilmente entrambe le cose.

Sono domande, quelle che Ascione si pone e ci pone, che non possono esaurirsi certo in un dicotomico sì o no, e la cui risposta dipenderà anche da come la società tutta si approccerà alle soluzioni di digital health. Uno dei primi quesiti è l’evergreen se i dottori scompariranno per effetto della tecnologia (l’autore risponde che certamente no: la figura del medico non sparirà, anche se ne uscirà trasformata in modo radicale e potenziata), a cui fanno seguito questioni ancora più complesse come la trasformazione del concetto di validazione scientifica per effetto della tecnologia.



[Fonte Wired.it]