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sabato, Mar 11

Meloni, la caccia agli scafisti sul “globo terracqueo” e l’ennesimo, inutile decreto migranti



Da Wired.it :

Una vicenda tragica – iniziata male e gestita con l’esito pratico di un’omissione di soccorso di Stato – non poteva che concludersi in modo oscuro e soprattutto inutile. Oscuro come la trasferta del governo a Cutro fuori tempo massimo, percepita come artificiale perfino dai più accesi sostenitori e per giunta senza alcuna presa di coscienza, senza un’assunzione di responsabilità, ancora col ritornello innescato dalla domanda sbagliata riproposta da Giorgia Meloni: “Pensate che qualcuno possa deliberatamente volere la morte di decine di immigrati?”. In molti, dallo scorso 26 febbraio, hanno già risposto che sì, il risultato della catena di errori e sottovalutazioni è stato quello. E l’esecutivo ha proseguito pervicacemente nella scelta di non chiarire e di non rispondere. La grottesca conferenza stampa, con quella caccia agli scafisti su tutto il “globo terracqueo e i balbettii di Meloni sulle ragioni per cui non ha neanche riservato un pensiero in presenza alle bare dei morti in mare, lo conferma e quasi impietosisce per l’impreparazione generale e l’inadeguatezza umana.

Soprattutto, il finto Consiglio dei ministri al comune calabrese è stato inutile. Perché invece che concludersi con un rafforzamento del coordinamento dei soccorsi – la strage di Cutro racconta che quello è, al momento, uno dei nostri problemi – si è trasformato nell’ennesima prova di forza fra alleati. E in una sostanziale riproposizione dei decreti Salvini degli anni scorsi. Un barlume di trattativa presto abortita proprio su spinta leghista sembrava voler viaggiare in quella direzione, assegnando alla Marina e dunque al ministero della Difesa un ruolo di supervisione su Guardia costiera e Guardia di finanza. Nulla di fatto: a parte una riattivazione parziale dei flussi regolari, minimo richiesto da molti settori industriali e dall’agricoltura e vedremo in quali modalità e numeri, e un ritocco nella durata dei permessi di soggiorno (da due a tre anni), la logica è biecamente punitiva. Ma nei confronti di chi si mette in mare, visto che di strumenti per intervenire prima e meglio in quelle situazioni non ce ne sono.

Di un coinvolgimento delle imbarcazioni delle ong, che il ministero dell’Interno costringe da mesi a umilianti navigazioni a centinaia di miglia dalle rotte migratorie e dai luoghi di soccorso, neanche a parlarne: l’impressione, di nuovo, è che salvare vite, quelle vite, non sia una priorità. Un valore assoluto viene cioè declinato all’interno di una griglia politica ben precisa: quella del blocco navale, delle pelose distinzioni burocratiche, del migrante che non deve partire perché sa cosa rischia. E quindi, alla fine, non è più un valore assoluto ma relativo, declinato alle contingenze del momento. Proprio come accaduto a poche decine di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, vicino Crotone.

Il decreto inutile, si diceva. Punto primo: si restringe la protezione speciale, che nel 2018 aveva sostituito in modo peggiorativo i permessi umanitari, con l’obiettivo di abolirla. Punto secondo: si struttura in chiave sempre più pervasiva il sistema dei Cpr, i Centri di permanenza per i rimpatri. L’unica buona notizia è il commissariamento di quelli gestiti in modo inadeguato ma bisognerà vedere come verrà messa in pratica. Punto terzo: si aumentano le pene per gli scafisti (anzi, si introduce una nuova fattispecie di reato) con un malinteso assoluto fra vittime e carnefici: non si tocca il sistema del traffico internazionale di esseri umani, per esempio rafforzando i rapporti investigativi dei paesi di partenza – basti pensare che dalla Turchia non rispondono neanche alle rogatorie internazionali delle procure di Reggio Calabria e Catanzaro relative alle inchieste su questo tipo di network criminali – ma si colpisce l’ultimissimo anello della catena, spesso vittima fra i carnefici. Giusto? Forse, caso per caso. Utile? Non proprio: è come scambiare l’ultimo spacciatore di piazza, magari tossicodipendente egli stesso, per il capo di un gruppo criminale. Perché, invece, non pensare a un sistema di pentitismo anche per gli scafisti, per utilizzare i loro rapporti e le informazioni di cui dispongono al fine di risalire, per quanto possibile, la catena delle organizzazioni? 

La tragedia di Cutro è la prima e più profonda ferita nell’esecutivo Meloni che non ha mostrato trasparenza, coraggio e dignità nell’affrontarla assumendosene le responsabilità né strategia e intelligenza partorendo un decreto buono solo per l’elettorato più feroce e una lugubre messinscena del disagio politico.



[Fonte Wired.it]