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martedì, Lug 23

Midsommar, un horror sotto il sole di mezzanotte


Il secondo film di Ari Aster conferma ciò che di buono si era visto in Hereditary, anche se non può dirsi pienamente riuscito. Dal 25 luglio al cinema

Ari Aster sa esattamente di cosa ci sia da avere paura negli eventi che racconta. In una scena che fa quasi da ponte con il suo precedente film Hereditary (quello che lo ha rivelato al mondo due anni fa, un esordio memorabile) questo suo secondo film scritto e diretto da sé si apre con l’annuncio di una morte. Servono solo un pugno di minuti per descrivere cosa sia successo e per mostrare la reazione di chi lo viene a sapere (un familiare). Ci sono i colori di Hereditary e quella capacità di condensare in poche immagini la paura. Ari Aster è capace di trovare in una situazione quell’unico dettaglio o quell’immagine che scatenano qualcosa. Il film è appena iniziato e quindi non abbiamo alcun attaccamento per i personaggi ma centrando la dinamica giusta siamo introdotti a una tragedia.

Per l’appunto è solo un’introduzione e il resto del film, appositamente, sarà il contrario. Se quella prima scena è notturna, scura, giocata sulle ombre e il buio il resto di Midsommar – Il villaggio dei dannati sarà solo ed unicamente sole, tantissimo sole e una particolare luce sbiadita, innaturale che dà grande personalità al film. La storia si svolge infatti nel nord remoto della Svezia, in una comunità molto particolare in cui i protagonisti vanno in vacanza studio. Siamo nel periodo del sole di mezzanotte e dell’estate scandinava, fiorita, opulenta, felice, bucolica.

Cinque americani lontani da tutto, in una zona in cui non c’è tecnologia ma solo culti misterici e riti antichi. L’immagine di una comunità quasi hippie di civili svedesi visti con l’occhio di un americano che sa dove trovare la paura in ogni cosa diventa qualcosa a metà tra gli amish e i satanisti. Dei primi hanno l’apparente semplice ingenuità, la genuina ed espansiva naturalezza, dei secondi hanno i misteri e i rapidi scatti d’ira. Gli americani sono lì anche per studiarli ma c’è un’estranea, una donna, la stessa persona che ha subìto il lutto delle prime scene, è lei la vera protagonista, recatasi lì per non rimanere sola, vuole fare qualsiasi cosa per dimenticare cosa è accaduto.

Midsommar cerca di cambiare tutte le carte dell’horror, cerca di fare qualcosa di molto diverso partendo però dalla stessa tensione che di solito nelle storie dell’orrore porta alla paura. Il film alla paura non ci arriverà mai, volutamente, preferisce mettere quella sensazione ad un altro uso che tuttavia non è ugualmente soddisfacente. È molto molto difficile dire che un film realizzato bene come Midsommar sia un fallimento, che un film così perfetto nel mettere in pratica le sue intenzioni, così preciso nel ritrarre i suoi personaggi e così meticoloso nella realizzazione sia una delusione, ma è evidente che alla fine si rimane con l’amaro in bocca per tutto quel che poteva essere e non è stato.

Ari Aster ha la caratura del grande regista, sa bene come manipolare le scene o gli attori per fare in modo che anche minuscole azioni o piccoli eventi che si manifestano in secondo piano catturino l’attenzione dello spettatore e lavorino dentro di lui scatenandogli un dubbio improvviso. Anche questa comunità svedese tra il ridicolo e il puerile di cui è intenzionato a ridere mentre la usa per mettere tensione è anche qualcosa di mai visto. Midsommar è infatti un film che flirta tantissimo con un umorismo fuori luogo e per questo spesso divertente, che cerca il grottesco senza che questo danneggi la tensione, che vuole manipolare molti registri ma in ultima analisi affonda il pugnale troppo tardi e senza davvero riuscire ad andare a fondo. Insomma, vedere Midsommar è un piacere vero fino a che non è chiaro che non si sta andando da nessuna parte.

Quando infatti verso tre quarti del film comincia ad essere chiaro che non ci sarà l’evoluzione di un horror, Aster non riesce a sostituire quell’aspettativa con qualcosa di altrettanto avvincente. La posta in gioco ribassa, le aspettative anche, e sebbene poi il finalissimo cercherà di recuperare tutto in extremis, imitando il grande finale di Hereditary, sarà comunque troppo tardi.

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