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venerdì, Lug 19

Missione spaziale Apollo 11, ecco quanto è costato davvero mandare l’essere umano sulla Luna


Difficile fare un conto esatto, ma tutte le stime oscillano tra i 25 e i 28 miliardi di dollari. Tenendo conto dell’inflazione, si parla di una cifra che dovrebbe stare tra i 150 e i 250 miliardi di euro attuali, che è grossomodo quanto ci costa ogni anno la corruzione in Italia

Tra i temi di discussione che periodicamente si riaprono a proposito dell’allunaggio, uno dei più ricorrenti è senz’altro quello della spesa sostenuta dagli Stati Uniti per il programma Apollo. L’unica cosa certa è che è impossibile definire una cifra esatta e incontrovertibile, perché ci sono almeno due fattori che determinano una buona dose di incertezza: da un lato decidere quali dei costi collaterali sia ragionevole includere nel computo, e dall’altro come adeguare la spesa di mezzo secolo fa ai livelli di inflazione odierni, tenendo conto magari anche di un cambio di valuta se si volesse esprimere il totale rispetto a qualche moneta diversa dal dollaro.

Nonostante quindi abbia più senso parlare di un range che di un valore esatto, l’ordine di grandezza della spesa e le principali voci di bilancio sono ben note. Proviamo a metterle in ordine.

Il costo del progetto Apollo

Secondo le fonti ufficiali statunitensi, il progetto Apollo ha pesato sulle casse dei contribuenti d’Oltreoceano per 20,2 miliardi di dollari, suddivisi in oltre 8 miliardi per lo sviluppo della navicella spaziale Apollo, 10 miliardi per la famiglia di lanciatori Saturn (di cui poco meno di uno per mettere a punto il motore) e un paio di miliardi per i costi operativi delle missioni.

Se tutto ciò tiene già conto della progettazione e dello sviluppo di tutta la parte tecnica, dai veicoli alle tute spaziali fino agli esperimenti scientifici, gli esperti concordano che sia corretto includere nel totale anche i costi relativi alle strutture di terra, fra cui ad esempio i centri di addestramento per gli astronauti e di controllo missione. A questi si aggiunge poi tutta l’infrastruttura satellitare e terrestre di raccolta e acquisizione dati (tra cui quelli di posizionamento), per un totale di 5,2 miliardi di dollari.

Infine, potrebbe essere ragionevole tenere conto anche di tutte le spese relative ai programmi spaziali propedeutici all’allunaggio, fra cui il programma Ranger per acquisire immagini della superficie lunare, il programma Gemini per lo sviluppo delle tecnologie necessarie per il volo abitato, il programma Lunar Orbiter e il programma Surveyor per l’atterraggio di lander senza equipaggio. Nel complesso, occorrerebbe aggiungere quindi altri 2,6 miliardi, portando il totale a 28 miliardi di dollari.

Il contesto storico

Il modo di gestire i budget per lo spazio negli anni Cinquanta e Sessanta era profondamente diverso da quello odierno. Anzitutto, dato che si trattava di un campo in fase di sviluppo pionieristico, era difficilissimo fare delle stime ragionevoli dei costi, tanto che il costo totale fu inizialmente stimato tra i 7 e i 12 miliardi di dollari, e solo nel 1961 (con i programmi spaziali già in corso) fu alzato a 20 miliardi, sottostimando comunque quasi di un terzo le spese reali.

Nel momento di massimo entusiasmo per la conquista della Luna, lo sforzo fu tale da assorbire la metà del budget complessivo a disposizione della Nasa, con un impegno che si stima coinvolgesse fino a 400mila persone. Dopo il primo allunaggio del 20 luglio 1969, l’attrattività e l’interesse per questo investimento iniziarono inesorabilmente a scemare, e il costo di ogni missione apollo successiva (stimato in poco meno di mezzo miliardo di dollari) parve ben presto sproporzionato rispetto al beneficio che se ne sarebbe tratto. Per questo già nel 1973, appena 4 anni dopo la storica discesa di Neil Armstrong, i finanziamenti al progetto Apollo furono azzerati.

Erano comunque tempi molto diversi rispetto a oggi, anche in termini di gestione delle finanze. I 12 astronauti che effettivamente misero piede sul suolo lunare erano pagati tra i 17mila e i 20mila dollari l’anno, e fa quasi sorridere che Buzz Aldrin abbia inviato alla Nasa una storica richiesta di extra-pagamento da 33 dollari e 31 centesimi, come rimborso per le spese sostenute per raggiungere autonomamente il centro spaziale partendo da casa.

Va tenuto conto, infine, che in quel momento storico (al di là della competizione per la conquista dello Spazio) negli Stati Uniti c’era un’eccedenza di bilancio nelle casse federali, quindi la linea politica generale era di incrementare le spese governative per stimolare l’economia, anche a costo di finire in deficit. Questo spiega anche come mai allora la Nasa avesse un budget annuale che – se ricalcolato con l’inflazione – era circa il doppio rispetto a quello di questo decennio.

L’inflazione e il cambio

Come accennato all’inizio, è su questi calcoli attraverso mezzo secolo di dati economici che si crea la maggior parte dell’incertezza sulla spesa effettiva sostenuta e sul suo valore rapportato a oggi. Usando il deflatore dei prezzi, il valore che si ricava è di 169 miliardi di dollari contemporanei, eventualmente scontati a 153 se si escludono dal computo le missioni preparatorie.

Secondo un calcolo più recente di The Planetary Society, ripreso tra gli altri da Cbs News, questa conversione è però piuttosto sbagliata. Se al posto dell’indice di inflazione generale, che dipende in larga parte dal mercato dei generi di consumo, si considera quello relativo ai soli progetti spaziali (chiamato New Start Index), il valore ottenuto è più alto. Rapportando infatti le spese spaziali al prodotto interno lordo statunitense, l’equivalente odierno del programma Apollo corrisponderebbe a una spesa di 288 miliardi di dollari. Facendo riferimento all’attuale tasso di cambio euro-dollaro, il range in cui si dovrebbe collocare la spesa sta tra 150 e 250 miliardi di euro.

Soldi spesi bene?

La domanda se abbia avuto senso o meno investire quella cifra per portare l’umanità sulla Luna è la stessa che si ripropone ancora oggi per molti progetti spaziali. Al di là delle questioni politiche interne e internazionali, forse ha senso sottolineare che si tratta di una cifra tutto sommato contenuta.

Tanto per fare qualche paragone, la corruzione solo in Italia si stima gravi sulle casse statali per 230 miliardi di euro l’anno. Ci basterebbe per 12 mesi smettere di fare evasione fiscale, di truffare lo Stato e quindi di disincentivare gli investimenti dall’estero per avere un impatto sul prodotto interno lordo sufficiente a permetterci un equivalente odierno e tutto italiano del progetto Apollo.

Per fare qualche altro paragone con investimenti utili per la società, sviluppare un nuovo farmaco costa mediamente tra i 2 e i 3 miliardi di euro, e ciascuna delle cosiddette grandi opere ha un costo medio di un miliardo. Per le grandissime opere, poi, si spende molto di più: la Tav da sola costa più di 20 miliardi. Oppure, 200 miliardi di euro è anche il Pil annuale dell’Ungheria, che corrisponde all’1% di quello degli Stati Uniti e all’1,3% di quello dell’Unione europea.

Se sia tanto o poco è una valutazione che si presta ad argomentazioni soggettive. Ma è invece oggettivo che l’allunaggio non possa essere considerato come una semplice spesa, bensì come un investimento, soprattutto in termini di ricerca tecnologica. Basta pensare che oggetti come le coperte termiche impiegate per le emergenze o durante le escursioni sono derivate dalle tecnologie spaziali, così come i filtri per l’acqua ancora oggi usati negli ambienti domestici o nelle aree del mondo dove c’è carenza di acqua potabile. Senza dimenticare gli utensili alimentati a batteria, tutta la tecnologia necessaria per eseguire le Tac, i cibi liofilizzati e pure tutte le calzature tipo-moon boot. E soprattutto, dall’impresa della conquista della Luna è derivata tutta la componentistica di elettronica e micro-elettronica che poi avrebbe trovato applicazione non solo a bordo dei velivoli per trasporto merci e passeggeri, ma anche nei calcolatori e (a seguire) negli smartphone.

Un valore che dunque va al di là di quello simbolico e politico della conquista e del sogno. Oltre a rappresentare una pietra miliare nella nostra capacità di esplorare l’Universo, la corsa alla Luna è stata un modo per incentivare il progresso scientifico, come peraltro vale per molti degli investimenti internazionali nel settore spaziale arrivati nei decenni a venire, Europa inclusa. Uno sforzo, anche economico, più che ben ripagato.

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