Il monossido di carbonio (CO) è un killer subdolo e silenzioso, che causa ogni anno in Italia tra i 500 e i 600 decessi: la maggior parte degli incidenti avviene in ambito domestico a causa di impianti di riscaldamento non correttamente mantenuti o ambienti non adeguatamente ventilati. Complessivamente gli incidenti gravi sono circa 5mila l’anno, di cui, per l’appunto, il 10% risulta fatale.
Le raccomandazioni per la sicurezza riguardano soprattutto la prevenzione degli incidenti (manutenzione degli impianti e installazione di rilevatori di monossido di carbonio). Ma da oggi abbiamo un’arma in più anche dal punto di vista del trattamento. Un’équipe di scienziati della School of Medicine alla University of Maryland ha infatti appena messo a punto una sorta di “spugna” molecolare in grado di “inseguire” le molecole di CO nel flusso sanguigno e aiutare l’organismo a eliminarle in pochi minuti, evitando gli effetti collaterali della terapia attualmente utilizzata, ossia la somministrazione di ossigeno puro. Lo studio è stato pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences.
Il resoconto della ricerca
Cos’è il monossido di carbonio e perché è pericoloso
Come vi abbiamo raccontato, il monossido di carbonio è un gas che si origina dalla combustione incompleta di materiali organici. Ciascuna molecola è composta da un atomo di carbonio (C) legata a un atomo di ossigeno (O), a differenza dell’anidride carbonica (o biossido di carbonio) in cui il carbonio si lega a due atomi di ossigeno (CO2). Il monossido di carbonio ha la stessa densità dell’aria e non ha odore, non ha colore, non ha sapore e non è irritante. Per questo non lo si percepisce e in presenza di fattori di rischio (come stufe, camini, fornelli difettosi in un ambiente chiuso e scarsamente arieggiato) la probabilità di intossicazione aumenta.
Il monossido di carbonio è tossico perché durante l’inspirazione va a sostituirsi all’ossigeno dell’aria nel legare l’emoglobina, cioè la proteina contenuta nei globuli rossi e che trasporta l’ossigeno nel sangue rilasciandolo nei tessuti. Il problema è che lo fa in modo particolarmente efficiente: il CO ha infatti un’affinità molto elevata per l’emoglobina (il legame è 200-300 volte più stabile di quello con l’ossigeno) e la blocca in una forma chiamata carbossiemoglobina. Il risultato è che non arriva più ossigeno ai tessuti (ipossia tissutale) con effetti deleteri per la salute (infiammazione tissutale e danni diretti da CO). Le conseguenze, come già detto, possono essere molto gravi e fatali in una percentuale rilevante di casi.
Una proteina naturale
Veniamo all’”antidoto” appena scoperto. Nel loro studio, i ricercatori si sono concentrati su una proteina naturale nota come RcoM, presente nel batterio Paraburkholderia xenovorans. In questi organismi, la proteina è in grado di “rilevare” il monossido di carbonio nell’ambiente, e per questo gli scienziati hanno ipotizzato di usarla per catturare le molecole di CO legate ai globuli rossi.
Detto, fatto: gli autori del lavoro hanno reingegnerizzato la proteina e messo a punto una terapia chiamata RcoM-Hbd-Ccc, in grado, per l’appunto, di legarsi selettivamente alle molecole di CO velenose, ignorando l’ossigeno e altri composti chimici essenziali (tra cui l’ossido nitrico, indispensabile per regolare la pressione sanguigna).
Funziona (nei topi)
Nei modelli murini, la nuova terapia si è dimostrata efficace nell’eliminazione del CO dal sangue in pochi minuti, che è stato espulso in sicurezza attraverso l’urina. Un risultato molto migliore di quello attualmente raggiungibile con la somministrazione di ossigeno puro in camera iperbarica, che impiega più di un’ora per eliminare il monossido di carbonio, lasciando al veleno troppo tempo di azione: infatti circa la metà dei pazienti che riesce a sopravvivere riporta danni cardiaci o cerebrali a lungo termine.